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Tra le opere più celebri di Plutarco spiccano quella serie di doppie biografie note come “vite parallele”, in cui per ventidue volte personaggi storici antecedenti alla sua epoca vengono appaiati, e le loro vite paragonate, cercando i corsi ed i ricorsi nei pregi e nei difetti dei grandi della storia.
Ebbene sì, nonostante nulla sia più incerto del futuro e nulla più immutabile del passato, il sogno di ogni letterato e soprattutto di ogni storico è quello di trovare una regola, una ricorrenza negli accadimenti, che renda possibile sapere e capire quello che in realtà è mistero. Senza scomodare la psicostoriografia di Asimov, possiamo per il momento essere certi che il caso guida il tutto, ed il resto è puro espediente letterario. Ma è proprio in tal senso, quello narrativo, che l’apertura di Cinquanta – Spirito Italiano appare come il più grande colpo di teatro che il fato potesse mettere in pista nel 2021.
Quando Natale Palmieri e Alfonso Califano decisero infatti di aprire il proprio bar a Pagani, nell’Agro Nocerino sarnese, e di dargli un’attitudine esperienziale complessa come quella ispirata all’inizio della seconda metà del 900, non potevano immaginarsi che il parallelo sarebbe stato così netto anche negli aspetti negativi: se infatti gli anni ’50 sono per noi italiani il simbolo della rinascita, della ricchezza, il boom economico e demografico, spesso scordiamo che tutto quel benessere era figlio di un decennio di tragedia, ovvero quello della seconda guerra mondiale. Con le dovute proporzioni e l’incertezza sul futuro che contraddistingue ogni rincorsa, anche oggi ci troviamo a vivere un momento del genere: dopo due anni stremanti per le attività economiche e tragici a livello di vite umane perse, siamo forse sull’orlo di una ripartenza così forte e così imbevuta d’ottimismo che il nostro paese non ha mai visto, anzi, che ha visto una volta sola: negli anni cinquanta appunto.
Ed è anche per questo che questo bar di periferia dalle ambizioni nazionali è forse l’apertura più interessante di quest’anno, per ciò che simboleggia; intanto è il simbolo del rientro dei talenti, che invece di spostarsi a Milano o a Londra decidono di investire e fare impresa sul proprio territorio, anche se al di fuori delle grandi città, in secondo luogo è immagine di un nuovo concetto di Cocktail Bar, che non è più solo elitista e per pochi, ma anzi si apre alle persone normali, accogliendole fin dalla mattina con colazioni e pranzi per poi accompagnarle nell’arco della giornata fino allo zenit dell’aperitivo e del dopo cena. Già, perché nonostante il bar sia multifunzionale, il suo cuore è nella miscelazione e non teme di nasconderlo.
La proposta drink infatti è studiata nei minimi dettagli, dalle varie tematiche proposte (come ad esempio il Martini ispirato alla giovane regina Elisabetta, oppure quei drink figli delle idee nate in quegli anni e poi sviluppate fino ai tempi nostri, come la telefonia mobile o i viaggi spaziali) e mantiene perfettamente in forma liquida il mood che si respira in tutto il locale: l’esperenzialità di Cinquanta infatti non si limita all’architettura esterna in stile Drive In oppure agli arredi interni; la si respira nell’entusiasmo del personale che guidato da Marianna di Leo riesce a fare del numero (e dei numeri) un punto a proprio favore.
Ma il motivo per il quale Cinquanta è una piccola rivoluzione, è che all’interno della rinascita della miscelazione di questi anni ’20 (che continuando con il gioco dei parallleli, si specchia in quella di un secolo prima) questo locale in pochi mesi si è saputo imporre come un “destination place”, una deviazione necessaria per chi si trova in zona, e questo a modo suo è il sintomo di un mondo della miscelazione italiana in forte crescita sia a livello mediatico sia di appassionati. E se il futuro non è certo, vogliamo essere ottimisti nello scommettere su questo nuovo locale, con la stessa audacia con cui si lancia in aria una moneta: d’altronde quante volte si può dire che un risultato a cinquanta e cinquanta è in ogni caso una vittoria?
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