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Cinquecento anni e record: lo Yerba Mate mai così venduto


Quando i conquistatori spagnoli iniziarono la colonizzazione del Sud America, circa cinquecento anni fa, si imbatterono in novità sconosciute che si sarebbero rivelate fondamentali per le loro usanze. Erano abituati al tè, pressoché introvabile nelle regioni dove erano appena sbarcati; ricorsero allora agli insegnamenti degli indios guaranì, i nativi, che trasmisero loro la cultura dello Yerba Mate, una pianta indigena con cui realizzavano un infuso. È passato mezzo millennio, e la bevanda sudamericana per eccellenza sta vivendo un’ennesima giovinezza: il 2018 è stato l’anno del record. 

 

 

PEZZO DI STORIA – Mate per i madrelingua spagnoli, chimarrao in portoghese. Il mate prende il nome dall’apposito boccale, in principio ottenuto da una zucca cava e al giorno d’oggi realizzato in ottone, legno o acciaio; i conquistadores introdussero l’uso della bombilla, una cannuccia con cui evitavano l’intralcio delle foglie in infusione (Ilex Paraguariensis). A mani basse è la bevanda tradizionale più consumata in Argentina, Uruguay (i calciatori della nazionale la sorseggiano nell’intervallo delle loro partite) e nel sud del Brasile, l’attuale regione di Paranà. Tanto da essere protetto da un’associazione dedicata, il National Institute of Yerba Matè (INYM), che ha da poco diramato i dati sulle vendite del 2018. E sono cifre da panico: 262 milioni di chili in consumi domestici, due milioni più del 2017, e 43 milioni di chili in export, addirittura +39%. Il tutto a dispetto di una situazione economica complessa, soprattutto per l’Argentina.

MILIONI DI CHILI – Numeri ancora più sorprendenti se si considera che la nazione più attiva nell’acquisto dello yerba mate al di fuori del Sud America, che ci si creda o meno, è la Siria. “Dopo anni di turbolenze socio-politiche, il mercato siriano si sta riprendendo ed espandendo”, commenta Carlos Coppoli, direttore marketing del INYM. L’advertising è un’altra delle chiavi dell’esplosione: produttori ed esportatori stanno adottando politiche di pubblicità e visibilità ben più aggressive rispetto al passato, e i risultati sono decisamente visibili. Ultimo, ma non certo per importanza, il fattore meteorologico: dopo un 2017 scarsissimo, lo scorso anno i coltivatori hanno raccolto oltre 809 milioni di chili, carburante necessario e naturale per l’intero mercato del mate, uno dei pochissimo in positivo nella regione.

 

SIRIA CONNECTION – I più attivi nell’importazione in Sud America sono invece i cugini cileni: nel sud della nazione il consumo di mate è già noto da secoli, mentre nella capitale Santiago è praticamente cosa nuova, o quasi, e Coppoli è certo che la conquista di questa fascia del paese sia non solo fattibile, ormai prossima. “L’export verso il Cile è aumentato dai 2.3 milioni di chili del 2017 ai 4.8 dello scorso anno, e speriamo che sia solo l’inizio. I cileni amano il mate per le sue proprietà benefiche, le origini naturali e la sua storia”. E a proposito di storia, c’è una tradizione fortissima che giustifica le oltre 22.500 tonnellate di mate esportato in Siria nel 2018, e le circa 800 esportate in Libano. “A metà del 1800 ci fu una importante ondata di siriani che visitarono o si insediarono in Argentina, e finirono con l’innamorarsi del mate. Al loro rientro portarono in patria la cultura e i racconti della pianta”. Un legame tanto radicato da far confondere i meno esperti: il mate importato viene riposto in siti di stoccaggio e nominato con termini siriani, così da dare l’impressione di essere nato là.

FUTURO – Tradizione, certo, ma non immune all’innovazione. L’azienda argentina Verdeflor ha da poco lanciato sul mercato una linea di mate aromatizzato all’arancia, alla menta piperita e alla verbena; e il colosso Coca-Cola, nella divisione brasiliana e sotto il brand Leão, ha introdotto il mate in capsule compatibili con Nespresso, per i consumatori che richiedevano una soluzione più pratica e maneggevole. “Speriamo che queste nuove idee possano aiutarci a sviluppare applicazioni sempre più soddisfacenti per la pianta, non solo in campo enogastronomico, ma anche farmaceutico e terapeutico”. Storia e futuro quindi, traducibili in una sola immagine: l’emoji del mate, introdotta quest’anno su Whatsapp.

fonte: beveragedaily.com

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