A cura di Mauro Bazzara – CEO Bazzara Srl
Le origini del caffè si confondono tra miti religiosi, affascinanti leggende, avvenimenti storici e scambi commerciali che, con lo scorrere del tempo, hanno accompagnato la fama di questa essenza inebriante. Con molta probabilità, i primi a scoprire il caffè furono i popoli del Continente africano e, più precisamente, le tribù degli altipiani etiopici, dove ancora oggi la pianta del caffè cresce spontanea allo stato selvatico. Fin dai tempi più antichi, nel Corno d’Africa il caffè veniva consumato in diverse forme che si sono raffinate fino a evolversi in una vera e propria cerimonia del caffè. In Etiopia, le dolci e nutrienti drupe rosse del caffè, simili a ciliegie, venivano raccolte nelle foreste e consumate intere. In seguito, i semi venivano estratti, pestati in un mortaio per essere impastati con burro e miele, fino a trarne tante palline da bollire in acqua con sale e spezie. Della pianta di caffè si utilizzavano anche le foglie, assieme alle bucce essiccate dei frutti, per preparare un decotto o per essere semplicemente masticate a lungo, al fine di assaporarne il particolare gusto. Altre versioni di bevande aromatiche venivano prodotte dalla bollitura dei chicchi verdi o dal succo della polpa dei frutti maturi, che talvolta veniva fatto fermentare per ottenere una bevanda alcolica.
CAFFÈ “IL VINO D’ARABIA”
Nessuno conosce il periodo esatto in cui la pianta del caffè giunse nel mondo arabo ma di certo, tra il XII e il XIII secolo, dalle magnifiche foreste d’Abissinia i preziosi frutti attraversarono il Mar Rosso per raggiungere l’Arabia Felix (odierno Yemen) dove si sarebbero diffuse le prime piantagioni a uso commerciale. Nella penisola Arabica, grazie alla scoperta della tostatura, i popoli musulmani iniziarono a utilizzare la polvere ottenuta dai chicchi tostati per preparare una bevanda inebriante e far nascere quindi il “nero elisir”. Diverse fonti concordano nell’identificare le confraternite Sufi come i primi consumatori della bevanda. I mistici dell’Islam lo bevevano probabilmente per rimanere svegli di notte, durante le lunghe pratiche spirituali. L’importanza del caffè per i Sufi è confermata dalla presenza della bevanda nei riti delle comunità dei dervisci rotanti, che ne bevevano in abbondanza prima di iniziare la loro danza, accompagnati dal suono di flauti e tamburi, per entrare nello stato di meditazione.
La grande diffusione del caffè presso tutti i Paesi islamici fu resa possibile, oltre che dal divieto di bere bevande alcoliche, anche dallo speciale aroma che sprigionava e dai suoi effetti benefici.
Intorno al 1555, durante il periodo in cui Solimano il Magnifico guidava il potente Impero Ottomano, si aprirono a Costantinopoli le prime kahwe khaneh, locali variopinti e arredati secondo la moda orientale, dove veniva servito il caffè. Le case del caffè, frequentate da persone colte come diplomatici, poeti, letterati e pensatori, vennero chiamate anche “scuole di saggezza”. In breve tempo si diffusero da Medina al Cairo, da Damasco a Baghdad, sino alla Mecca.
DIFFUSIONE DEL CAFFÈ
I turchi ottomani, grandi consumatori della bevanda, contribuirono mirabilmente alla sua diffusione in tutte le vaste aree sotto la loro influenza. Le virtù del caffè erano conosciute in Europa già nel XVI secolo, grazie alle narrazioni di studiosi, esploratori, navigatori e mercanti che avevano contatti e scambi con i popoli orientali. I primi esotici chicchi arrivarono nel continente occidentale all’inizio del XVII secolo per merito degli intraprendenti veneziani, sotto forma di “straordinario rimedio terapeutico rinvigorente”. Da quel momento l’esotico aroma del “Vino d’Arabia” incontrò un crescente successo. Grosse partite di caffè confluirono soprattutto nei porti di Venezia, Marsiglia, Londra, Amsterdam e Amburgo, per essere degustate dalla nobiltà dell’epoca. Come nel caso della Cina con il tè, per lungo tempo il monopolio del caffè venne mantenuto dal mondo arabo, che custodiva gelosamente i semi e le piantine per scongiurare la riproduzione di piantagioni in paesi stranieri.
La supremazia commerciale del porto yemenita di Mokha come base di approvvigionamento mondiale di caffè iniziò lentamente il suo declino quando, nel 1616, il capitano di una nave della Compagnia Olandese delle Indie Orientali riuscì nell’impresa di trafugare una piantina di caffè e di farla arrivare intatta al giardino botanico di Amsterdam. Tra il XVII e XVIII secolo, vista la grande richiesta europea del “nero elisir”, le ingenti spese e le onerose tasse che gravavano sul cosiddetto “oro verde”, il dominio sul caffè venne conteso dalle grandi compagnie mercantili europee. Tra stratagemmi, sotterfugi, missioni e conquiste, olandesi, francesi, portoghesi, spagnoli e inglesi diffusero la pianta del caffè dall’Asia al Nuovo Mondo.
DAL CAFFÈ TURCO ALL’ESPRESSO ITALIANO
In un’Europa dove l’acqua spesso era insalubre e la nordica birra e il vino mediterraneo si dividevano il primato di bevande più consumate, arrivarono tre delizie delle colonie d’oltremare che stimolarono il cambiamento delle abitudini alimentari del Vecchio Continente: il tè, il cacao e il caffè.
Le botteghe del caffè conobbero nei secoli successivi un grande sviluppo in tutta Europa, dovuto anche al fatto che, fino ad allora, non esistevano locali pubblici di tale fascino. A differenza delle locande e delle taverne, che promuovevano il consumo di bevande alcoliche dall’effetto soporifero, le botteghe del caffè diventarono dei centri d’incontro per artisti, commercianti e intellettuali.
Grazie all’importante capacità del caffè di risvegliare e stimolare le attività mentali, li avventori finirono spesso per giocare un importante ruolo sociale e politico. Questi nuovi ambienti del Settecento, dove si poteva comodamente degustare il caffè, leggere i giornali che riportavano nuovi pensieri e scambiare libere opinioni che accendevano la luce della ragione, si trasformano in propulsori culturali e ideali strumenti per lo sviluppo delle idee nel Secolo dei Lumi.
Nel corso del XVIII e XIX secolo il modo di preparare il caffè alla maniera turca, bollendolo e bevendolo senza filtrarne i fondi, via via venne modificato per venire incontro ai gusti occidentali. Si cominciò a filtrare la scura e densa bevanda, lasciando da parte i fondi tramite l’utilizzo di bricchi e samovar4 di vario tipo che rendevano l’infuso profumato e ancor più gradito. La nobiltà dell’epoca serviva l’esotico infuso in bricchi d’argento massiccio, assaporando il caffè zuccherato in tazzine di porcellana finemente decorate. Nell’Ottocento si iniziarono a fabbricare macchine funzionanti a vapore, macchinette “a capovolgere”, cuccume a pistone e caffettiere in vetro.
Nel Novecento entrarono in scena il sistema del caffè filtro, le prime caffettiere moka, e vennero progettate le moderne macchine da caffè espresso italiane, che avrebbero entusiasmato i palati di tutto il mondo con il cappuccino e l’espresso.
Fonte: Coffitalia 2022 su autorizzazione Bazzara, “CoffeExperts”