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“Un bicchiere di Vermentino, per favore.”
“Si, ma di quale regione…” -Penserebbe il cameriere.
“Le posso proporre un Colli di Luni o Vermentino di Gallura.”
“Scelga Lei.”

Non sapremo mai nulla di quel bicchiere servito e, sopratutto, sulla conoscenza dei vini proposti. Poco importa, quello che ci interessa è cercare di approfondire nella fase di scelta di un vino quanto conta il valore di un brand e come calcolare il valore, in termini economici in tutta la filiera. In ogni piano di sviluppo territoriale le strategie scelte diventano decisive per la creazione di un desiderio di viaggio (la creazione della domanda) per i “nuovi” turisti – dove per “nuovi” intendiamo quelli che dopo il Covid-19 sono alla ricerca di sicurezza e piacere con quel tocco di inedito. L’obiettivo è e resta quello di raggiungere un periodo di permanenza che sia il più lungo possibile nel territorio.

 

 

Una premessa che vale un po’ per tutti gli areali vitivinicoli diventati attrazioni enogastronomiche che non possono fingere di non avere una carta in più da giocare.

Come accade nei Colli di Luni dove ci domandiamo se non sia possibile concentrarsi, ancora di più, per visualizzare i problemi dalla prospettiva di altri soggetti: quelli che il vino lo scelgono per il ristorante o enoteca (e non necessariamente solo per un determinato target, sia di tipo “mainstream” o più vicino al mondo dei cosiddetti “vini naturali”). Da un confronto tra qualche player di questa filiera (ristoratori, giornalisti, enotecari e produttori) e tra i competitor della stessa, i produttori, giocando a carte scoperte un atteggiamento vincente per tutti vedrebbe l’approccio a soluzioni più macroeconomiche, non parziali ma totalizzanti, proponendo, ad esempio, nuove norme atte ad agevolare un’allargamento degli orizzonti produttivi senza snaturarne l’identità. E qui ci riferiamo a stili produttivi ed interpretazioni del cosiddetto terroir.

Il “terroir”, già, una parola abusata senz’altro ma che calza in Liguria dopo quanto successo lo scorso giovedì 2 luglio a Lunigiana. Una giornata di lavori organizzata dal giovane Consorzio Volontario di Tutela e Protezione vini DOC e IGT che racchiude in un unico cappello i produttori dei Colli di Luni, delle Cinque Terre, delle Colline di Levanto e della Liguria di Levante che tradotto in numeri rappresenta il 54% della produzione vitivinicola regionale.

In cima al borgo di Nicola, nel salone del Ristorante Da Fiorella, son stati quasi 60 i campioni rappresentativi degli areali produttivi delle annate 2018/2019 (dei quali più del 50% a base Vermentino) proposti da circa quaranta aziende. Un’occasione per sottolineare le criticità e le potenzialità di questa porzione ligure e  soprattutto della crescita di molti giovani artigiani della vigna che danno vita a produzioni più frammentate, bisognose di raggiungere e consolidare il proprio BEP; obiettivi finalizzati ad uno sviluppo territoriale più organico che abbracci non solo i Colli di Luni ma anche quello delle Cinque Terre dove il montante ore, pari alle 600 ore circa per ettaro, non riesce ancora a posizionarsi sul mercato a un prezzo più adeguato rispetto alle risorse spese tra i filari.

La situazione, così come fotografata oggi, ricorda a tratti quello della Valtellina o di Carema (Piemonte). Qui le descrizioni, per quanto passionali o specifiche siano, non si sostituiranno (mai) alle pendenze e alle fatiche dei lavori, necessariamente ed esclusivamente manuali, nelle vigne terrazzate sospese tra le colline di Corniglia, Vernazza, Manarola, Monterosso, Volastra, Riomaggiore e Campiglia.

E parlando di sfide, un’altra chance per far parlare del territorio ci arriva quando all’assaggio dei vini ci lasciamo catturare dalle note di un’altra uva, l’Albarola, un bianco da sempre legato alla Liguria affiancato dal Vermentino Nero, un rosso che in queste colline affacciate al mare si palesa con sorprendente eleganza.

A fine lavori, non reputiamo un azzardo la proposta di un’introduzione, nell’attuale disciplinare di produzione dei Colli di Luni, di altre tipologie di vino quali Riserva, per esaltare la capacità di invecchiamento del Vermentino, e di una DOC “di ricaduta” più generica che richiami la regione ossia DOC Liguria o “Colli Liguri“ in cui far confluire produzioni stilisticamente più vicine tra di loro per lasciare ad ogni azienda esprimersi con vinificazioni “libere” di singoli vigneti e/o con procedure che portano a classificare i vini come “macerati” o “naturali”. Da qui ne nasce un dibattito profondissimo e relative scissioni di pensiero e approccio al “problema”. Perché un problema di fondo resta: il disciplinare di produzione non prende in esame queste lavorazioni e le bottiglie – stilisticamente diverse – escono sotto un unico cappello: Colli di Luni, Liguria di Levante, Cinque Terre e cosi via. Ma sarà il mercato a deciderne il destino, non noi.

 

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Prima di svelarvi i nostri migliori assaggi, condividiamo il lavoro sulla zonazione effettuato dall’enologo Giorgio Baccigalupi. Il consorzio ha evidenziato quattro macrozone che si distanziano tra loro ovviamente per la composizione del terreno dove nella sezione “A” troviamo suoli più sciolti, ricchi di minerali, situati prevalentemente in collina in cui le piante godono di un clima caldo e soleggiato. Per vini dalle spiccate note minerali ed aromatiche. Incisivi e che richiamano la pietra focaia, erbe aromatiche mediterranee come timo, basilico, mentuccia. Rientrano in questa area le vigne piantate in colline tra i 150-300 metri s.l.m. con esposizioni a sud.

Nella “B” troviamo le zone collinari più fresche con terreni di medio impasto e con composizione più argillosa più abili a trattenere acqua nonostante le pendenze. Una caratteristica che puo portare a un lieve allungamento del ciclo vegetativo e quindi vendemmie più tardive Ne derivano vini più acidi e con una buona maturazione Vini più freschi ma con buona maturità.

Nell’area “C” si inseriscono le zone di collina con terreni più ricchi di sabbia e con meno riserve idriche. Una situazione che porta ad un accorciamento del ciclo vegetativo e vendemmie più precoci. Ne derivano vini eleganti e più esili nella loro struttura.

Nell’area “D” rientrano le zone pedecollinari e la pianura contraddistinte da terreni sciolti e franco limosi dove il Vermentino raggiunge un equilibrio tra maturità zuccherina e acidità. Nelle pianure con abbondante presenza di sabbia e/o argilla, e sostanze organiche, le viti si manifestano con un’elevata vigoria, buone maturazioni per vini di buona beva e fine acidità.

Ecco la nostra selezione di Vermentino Colli di Luni:

 

 

Mentoni Luca – Colli di Luni Lunaris 2019:  A 100 metri di altezza, il progetto passionale di Luca si sviluppa nelle colline di Ortonovo e aspira, dopo l’assaggio, a un prolungamento del gusto, a una continua voglia di raccontarsi.  Decide di aprirsi al mondo con note mediterranee ed incisive, aromi freschi catapultati all’incontro col palato con una destrezza che si amplia ed esplode virando con toni più oleos in chiusura.

Cantina Lunae – Colli di Luni Etichetta Nera 2019: a Ortonovo (La Spezia) la cantina rimane vincente, i suoi vini sono sempre tra i più riconoscibili ed apprezzati dal pubblico. Stilisitca insaporita da una densità sfaccetta, normata dagli aromi e da componenti erbacee stilizzate da un gusto memorabile per la morbidezza arrivata.

Biologica Boriassi – Colli di Luni Mezzaluna 2019: tra le altezze della zona di Fosdinovo, da 100 anni l’arte contadina di questa famiglia continua a manifestarsi con grande personalità. Come questo Vermentino che profuma di rugiada, di te bianco, di menta. C’è un bosco orientale nel bicchiere, e non ci si riesce a staccare. La terrazza, la Mezzaluna, esposta a Sud-Ovest confeziona appena 5000 bottiglie annue. Un’esperienza interpretativa, un dialogo con le radici che cantinuano a segnare il proprio percorso.

Zangani – Colli di Luni La Boceda 2019: piccola realtà che nel Borgo di Ponzano Superiore, località del Comune di Santo Stefano Magra, spicca con questo Vermentino nato a 200 metri s.l.m. esposto a sud-est. La macerazione sulle bucce, non solo è ben percepita ma esalta un lato dell’uva che per i palati più vergini della tipologia regala un trasporto subito consumato a fatto di sale e freschezza. E una durezza poi placata da una più viscerale carica aromatica data dalla polpa.

 

I Cerri- Liguria di Levante 2019: nel piccolo borgo di Carro a 450 metri s.l.m. in Alta Val di Vara, l’uva Albarola si illumina e fa dialogare la parti tattili con quelle gustative. Sorso toccante per una sintesi finale squisita dar l’armoniosa mineralità.

La Felce – Liguria di Levante Monte dei Frati 2019: affacciati sul mare, il contesto in cui Andrea Marcesini opera è contaminato da grande biodiversità. Non si produce in regime bio solo il vino ma anche tutti i frutti dell’orto. Circa 6 ettari per regalare al naso un incanto fruttato completato da florealità e una parte ancora più intensa di note mediterranee. Grande bevibilità, potenza esaudita dalla tensione della fibra poi in accelerazione col sale.

Ca’ du Ferra’ – Colline di Levanto Luccicante 2019: è in zona Bonassola dove prende vita nel 2000 il progetto di Antonio e Aida per sfidare le pendenze liguri. Oggi nella cantina nuova si vinifica anche questo Vermentino saporito, cristallino, iodato. Intelaiato nella sua potenza e dalla sua florealità, sempre in sospensione, ci regala un sorso lunghissimo.

 

 

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