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Un viaggio di andata e ritorno che – come sempre quando si calcano nuove strade e si attraversano culture differenti – ha portato alla creazione di altri prodotti che spesso si innestano su tradizioni locali magari consolidate da tempo, dal bicerin torinese al moretto, dal marocchino all’ice cappuccino. Però, se ormai praticamente a ogni angolo del globo si può entrare in un bar specializzato e chiedere un “espresso” ottenendo un prodotto quanto meno simile all’originale, è anche vero che l’espresso classico rimane un prodotto prettamente italiano, come spiega Patrick Hoffer, Presidente del Comitato Italiano Caffè e Presidente di Caffè Corsini. “All’estero l’espresso si è adattato ai diversi gusti: basti pensare che, mentre in Italia il caffè nero rappresenta l’80% dei consumi e i prodotti con latte solo il 20%, sui mercati internazionali i ‘Lattes’ contano per il 95% e il caffè semplice solo per il 5%”.

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Ma esiste un’altra, importante differenza tra il mercato estero e quello italiano, vale a dire il basso prezzo e la relativa marginalità della tazzina nostrana. “In altri Paesi, i Lattes e la piccola quota di espressi sono venduti come specialità a prezzi medio-alti, consentendo buoni margini. In Italia, invece, l’espresso e la quota minoritaria di prodotti a base latte sono il caffè ‘di tutti i giorni’. Un buon cappuccino in Italia costa mediamente intorno a 1,20 euro. Questa minore marginalità condiziona le scelte di investimento in nuovi format”.

Un problema che si può affrontare ottimizzando i costi “dietro il bancone” e utilizzando macchine tecnologicamente avanzate, che consentono di preparare un prodotto sempre perfetto e di qualità costante. Non solo. “I nostri torrefattori stanno facendo un ottimo lavoro nel promuovere il caffè tricolore all’estero, sia proponendo in alcuni casi i propri format, sia nella vendita di caffè torrefatto. Stiamo ottenendo buoni risultati in economie in crescita come l’Est Europa (in particolare Russia, Ucraina e parte asiatica dell’ex URSS), ma anche in mercati maturi come la Germania dove, a fronte di un leggero calo del caffè nel suo complesso, il torrefatto italiano guadagna quote” conclude Hoffer.

C’è poi un nuovo interesse a proporre un espresso di qualità anche da parte di canali che finora l’avevano trattato come un accessorio, un prodotto che si doveva avere perché richiesto dalla clientela ma al quale non si dedicava la giusta attenzione. Stiamo parlando dei ristoranti, ma anche degli alberghi, che iniziano ad usare la proposta del caffè come elemento differenziante per dare valore aggiunto alla propria offerta.

Fonte: news www.host.fieramilano.it/

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