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Il vino è la punta di diamante del nostro agroalimentare, ma questo non mette i produttori al riparo da repentine crisi di prezzo. Il richiamo del mondo della cooperazione: “Lavorare insieme adesso per utilizzare al meglio tutti gli strumenti a nostra disposizione per la gestione della produzione”

 

 

Con i suoi 13 miliardi di giro d’affari e un export record di 6,2 miliardi, il vino è una delle punte di diamante della produzione agroalimentare italiana. Non mancano, tuttavia, anche fattori di debolezza del settore, come i prezzi alla produzione che registrano riduzioni significative, specie per alcune tipologie di vino. A gettare luce su questi elementi di criticità per avanzare una serie di proposte funzionali ad una migliore gestione del mercato del vino è la cooperazione vitivinicola, che con 480 cantine produce il 58% di tutto il vino italiano e fattura oltre confine un terzo (2 dei 6,2 miliardi) del valore dell’export del comparto.

 

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Il quadro delle misure è stato presentato oggi in una conferenza stampa organizzata a Roma, a pochi giorni dall’appuntamento con il Vinitaly, la più importante fiera internazionale che aprirà i battenti il prossimo 7 aprile. “Abbiamo fatto passi da gigante negli ultimi anni – ha dichiarato la Coordinatrice Vino Alleanza Cooperative Agroalimentari Ruenza Santandrea – e oggi in tutto il mondo il vino made in Italy porta con sé un’immagine di assoluta qualità ed eccellenza, ma riteniamo che ormai il comparto abbia raggiunto la maturità necessaria per affrontare con consapevolezza alcune questioni che richiedono di essere affrontate adesso, per evitare ulteriori problemi in futuro. Noi per primi, avendo come cooperazione la mission di tutelare il reddito dei viticoltori, vogliamo lanciare una serie di proposte per evitare che l’universo produttivo si trovi a dover subire passivamente l’andamento del mercato e per aiutare i produttori a mettersi al riparo da repentine crisi di prezzo”.

 

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La prima proposta è quella di lavorare per una riduzione delle rese massime di produzione di uva per ettaro, partendo dal segmento dei vini senza IG con indicazione della varietà. In secondo luogo, va avviata una riflessione anche sulle rese produttive delle singole Denominazioni, per valutarne la coerenza e l’appropriatezza. Rimanendo nel mondo delle DO, l’Alleanza ritiene inoltre opportuno, sempre per evitare squilibri di mercato, che siano sfruttati di più e meglio tutti i meccanismi di governo dell’offerta previsti dalla normativa, dalla riserva vendemmiale, allo stoccaggio del prodotto, ai Piani di produzione dei Consorzi di Tutela. Infine, secondo la cooperazione, occorrerà porre attenzione sull’attuale governo dei superi, dei declassamenti e delle stesse riclassificazioni, per evitare che una DO o IG “sottostante” o, in alcuni casi anche il vino generico, si ritrovi ad un tratto a dover gestire quantità sensibilmente maggiori rispetto alle aspettative iniziali. Riflessione, quest’ultima, che potrebbe essere accompagnata da un ragionamento sugli utilizzi di prodotto alternativi al vino. “Se tutti gli attori coinvolti in questi processi decideranno di fare squadra e lavorare in maniera ordinata e coordinata per una migliore gestione dell’offerta e del mercato – ha concluso Santandrea – siamo certi che l’intero mondo produttivo avrà solo da guadagnarne. Ci preme poi sottolineare l’importanza dell’azione svolta dall’ICQRF, fondamentale per prevenire e contrastare comportamenti poco “trasparenti”.

 

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