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La parola ad un imprenditore italiano in Cina, titolare del ristorante Bucciano di Chengdu, ora riaperto dopo lo stop per il Coronavirus. Simone Crespi: “La situazione migliorerà. Siate mediateci, è questo il momento. Cercate di capire come differenziarvi; usate la comunicazione”

Fra appelli che richiedono di stare chiusi in casa e moniti che pretendono rispetto delle regole, nel pieno disorientamento per l’avvento della pandemia Covid-19, è giusto dare voce anche a professionisti che sono stati costretti a sospendere le loro attività. Ristoratori, produttori, proprietari di locali si trovano nell’anno zero: incerti su ciò che gli riserverà il loro futuro lavorativo, vulnerabili e insicuri in quella veste di imprenditori che prima li rendeva disinvolti. Ma in questo labirinto in cui sembra non intravvedersi l’uscita, c’è anche chi può indicare la via.

Simone Crespi titolare del ristorante Chengdu

Simone Crespi, classe 1972, milanese di nascita e cinese di adozione è uno dei tre proprietari del ristorante Bucciano di Chengdu, nella provincia del Sichuan. Prima di trasferirsi lavorava nel mondo dello sport con la Juventus, poi le sue attitudini manageriali l’hanno spinto nel 2002 ad intraprendere una nuova vita in Asia. Gli manca l’Italia, ma nell’Estremo Oriente sente che l’aspetto professionale è più in linea con il suo modo di essere. Tutt’ora consulente di quattro squadre di calcio nella provincia del Guizhou, ha saputo unire l’aspetto atletico con quello enogastronomico: in un binomio che appare distante, ma che si rivela di fatto vicino- proprio come la Cina ha fatto con l’Italia.

Bucciano nasce 4 anni fa per portare il meglio del Made in Italy nella capitale del Paese Celeste, così chiamato per la numerosa presenza di panda. Ma altrettanto rinomata è la squisita carbonara che si serve nel ristorante di Simone, uno spazio raffinato con l’eco e i sapori delle tanto amate trattorie. Da luglio 2019 l’attività si trova nell’Hugh Tech Zone a Sud di Chendgu, una zona in forte espansione residenziale e un punto di riferimento per il business. La proprietà vanta, inoltre, un’altra realtà nel nostro Paese: una location per eventi in Toscana in stile country.

A causa del Coronavirus, Bucciano in Cina è rimasto chiuso dalla Festa di Primavera fino alla fine di febbraio. Adesso è costretta allo stop anche l’altra attività italiana di Crespi e i suoi soci, confermando la connessione tra due mondi lontani che fino a poco fa ci sembravano disgiunti, ora destinati ad affrontare in ugual modo gli effetti di un’emergenza sanitaria.

Grazie al tramite di Ristobusiness, società di consulenza nel settore della ristorazione fondata da Emiliano Citi, Simone Crespi ha dato voce- in diretta dalla Cina– alla sua esperienza e ha espresso le sue previsioni sul settore. Aprendoci le porte del suo locale, ci ha parlato così in un’intervista:

Da titolare con attività sia nel Sichuan, sia in Toscana fai un paragone della situazione. In stato di crisi e piena pandemia da Covid-19 il “sentiment” è stato comune o differente? C’è stata una maggior tempestività da parte delle autorità cinesi nel prendere decisioni? Hanno dato input più chiari ai ristoratori? Una maggior assistenza per la chiusura delle attività?

Purtroppo non torno in Italia da più di un anno. In Cina mi trovo molto meglio a livello lavorativo anche se, per alcuni aspetti, riscontro talvolta difficoltà di lingua e abitudini culturali. Qui, dopo alcuni problemi iniziali dati dall’allerta emanata dall’autorità di Wuhan, la risposta e direttiva del Governo è stata molto celere e decisa, con indicazioni chiare e obbligatorie per la popolazione e gli enti pubblici, per i commercianti e le istituzioni. I cinesi sono un popolo che reagisce subito agli input. Tutti- dico tutti- hanno immediatamente rispettato e preso molto seriamente la situazione virale e, di conseguenza, hanno agito chiudendo le attività e rimanendo a casa sottoposti a controlli frequenti e costanti. Inoltre, gruppi di volontari (sia locali che non) si sono organizzati per informare e supportare gli stranieri in città.

Qual è stato il momento più difficile?

Non ho avuto momenti particolarmente difficili da menzionare, se non la noia e il forzato stato di “reclusione” delle prime settimane, dopo il Capodanno cinese quando era tutto letteralmente chiuso.

Come hai organizzato il tuo tempo durante lo stop? A che cosa ti sei dedicato? Come hai gestito le eccedenze di materie prime del tuo locale, la mancanza di entrate? Come hai rassicurato i tuoi dipendenti?

Leggendo, guardando la TV, svolgendo un po’ di attività fisica (sempre a casa) e dedicandomi a qualche lavoro domestico. In merito a Bucciano: programmando future attività di promozione prima di poter attivare almeno il servizio di Delivery, pulendo e sterilizzando totalmente il locale (dalla cucina alla sala), riorganizzando il magazzino e i frigoriferi per gestire e sopperire alla perdita dei prodotti in scadenza. Durante la quarantena mi sono impegnato per mantenere ottimi rapporti con il mio team e i miei fornitori, dimostrandogli molta tolleranza e infondendogli supporto morale oltre che reciproca comprensione a livello economico. Certo, lo spirito nazionalistico e la volontà di reagire trasmessa dal popolo cinese ci ha unito e aiutato.

 

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Come ha reagito il popolo cinese nel tornare ad una vita regolare? I clienti come si comportano- ora- al ristorante? Che abitudini di consumo hanno assunto? Che affluenza si registra?

Siamo stati fortunati, i cinesi amano l’Italia e in particolare nel Sichuan: in questa provincia la solidarietà tra le due nazioni risale al 1988 quando i nostri connazionali hanno mandato medici e soccorritori per i terremoti. C’è stato un boom iniziale nelle uscite dovuto a periodo passato in casa, ma ora la curva si è stabilizzata. I clienti quando arrivano nel locale, una volta rispettate le norme igenico-sanitarie e le regole comportamentali imposte dalle autorità, sono comunque rilassati e si divertono nell’uscire a cena. Lavoriamo con un’affluenza ridotta alla metà rispetto a prima; il delivery va per la maggiore, anche per gli acquisti di ingredienti nella nostra “bottega-shop” per ricette home-cooking.

Che norme igenico- sanitarie ha imposto lo stato alla riapertura delle attività di ristorazione?

Il Governo ci ha imposto di: lavorare solo su prenotazioni anticipate e di non creare code fuori dai locali. Tutti i clienti, appena arrivano nel locale, devono sottoporsi alla procedura di controllo della temperatura, indossare le mascherine, lavarsi le mani con il detergente fornito dalla struttura e lasciare le loro informazioni di contatto. All’interno sono vietate situazioni di affollamento: si può lavorare solo al 50% della capacità normale e i posti a sedere vanno ridotti al massimo (i tavoli grandi vanno distanziati di 3 m tra loro e le sedute vanno alternate con posizioni vacanti).

I prezzi del menù sono stati rivisti?

Personalmente non abbiamo sposato questa scelta: sono contrario ad abbassare la qualità del cibo per rapportarla ad un prezzo di vendita inferiore. Preferisco, piuttosto, attivare delle promozioni o gratificare il cliente offrendogli un dolce: questo mi porta alla fidelizzazione che, ora come ora, lavorando con un’affluenza ridotta è ciò che conta.

I format di ristoranti con formule a buffet, come hanno rimodulato la loro offerta?

I buffet non sono più stati fatti, così come gli aperitivi con stile “alla milanese”. Tutto si svolge su ordinazione. Per il beverage, i drink si portano al tavolo. Di conseguenza anche il servizio caffetteria, eliminando la possibilità di poter consumare croissant e bevande calde al bancone.

Quando ripartirà in Italia la ristorazione dopo il Coronavirus, cosa cambierà? Sarà l’era del Delivery?

Credo che la somministrazione con delivery stia già aumentando in Italia, soprattutto nelle grandi città già avvezze a questo tipo di servizio. Le persone forse opteranno per ordini a favore di un’International Cuisine, almeno per cambiare da quanto siamo già soliti cucinare. Noi di Bucciano abbiamo messo a disposizione dei kit per creare piatti a casa, che ci ha dato un buon riscontro in termini di guadagno e hanno, inoltre, dato vita ad una sorta di “sfida” tra quanto realizzato nella propria dimora e la curiosità di confrontarlo con quanto offerto, qui, al ristorante.

Sulla base della tua esperienza, che tempistiche stimi per un ritorno alla “normalità” dei pubblici esercizi?

In Cina e, in particolare, a Chengdu dove risiedo e ho una percezione diretta, credo entro 2/3 settimane massimo. A breve riapriranno anche le scuole: questo è un segnale effettivo per il ripristino della quotidianità.

Cosa ti senti di dire ai ristoratori italiani per dargli forza e positività?

La situazione migliorerà. Ho vissuto il periodo della SARS in Cina (anche se ora nessuno la menziona più) e anche quella ha generato difficoltà, che sono state superate. Sfruttate queste pause per migliorare, rinnovare, organizzare meglio le vostre strutture e trovare nuove strategie di cooperazione e sinergie. Cercate di capire come potervi differenziare, rompete gli schemi, usate nuovi metodi di comunicazione. Insomma, siate mediateci: è questo il momento. Per concludere e rassicurarvi: non tutto il male vien per nuocere…

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