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Il Franciacorta non è figlio unico, ma come racconta Cristina Ziliani a Beverfood in rosa, è una grande famiglia con un grande papà, Franco Ziliani fondatore della denominazione di bollicine bresciane.
Classe ‘58, Cristina Ziliani è una figlia d’arte, una delle donne che hanno contribuito a fare diventare la Franciacorta uno degli spumanti più apprezzati in Italia e nel mondo in questi anni, da quell’annata ‘61 da cui tutto prese il via. Studi scientifici e appassionata di lingua inglese, nel 1977 ottiene il Diploma Proficiency Certificate, dopo un anno trascorso nel Regno Unito. Nel 1981 l’ingresso in una delle aziende di famiglia, assunta come impiegata commerciale all’Antica Cantina Fratta, controllata dalla Guido Berlucchi S.p.A., come si usava all’epoca. Dopo due anni passa al settore amministrativo-contabile all’interno della Guido Berlucchi S.p.A. e viene quindi inserita nel Consiglio di Amministrazione della capogruppo. La comunicazione e i temi dell’ospitalità sono sempre stati nelle sue corde, iniziando nel 1990 ad occuparsi di marketing e comunicazione e successivamente del settore hospitality.
Insieme ai fratelli Arturo e Paolo nel 2017 acquisisce il controllo del Gruppo Berlucchi acquistando il pacchetto di maggioranza dal padre Franco in una successione familiare. Ricopre oggi la carica di Responsabile Comunicazione e relazioni esterne della Guido Berlucchi & C. Spa, oltre ad essere Presidente di Antica Cantina Fratta. Impegnata nella promozione del suo territorio, è consigliere di amministrazione nell’Associazione Strada del Franciacorta, nel 2007 le viene conferita l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica.
– Quando si è avvicinata al mondo del vino?
In effetti, per quello che mi riguarda, non è stata una vera scelta, ma una vera e propria strada segnata. Si potrebbe dire che io e il Franciacorta siamo fratelli, essendo il nostro un padre comune: Franco Ziliani. Fu lui infatti che produsse in questo territorio il primo metodo classico nel 1961, appena tre anni dopo la mia nascita. Il vino mi scorre nelle vene, da piccola mi piaceva andare nelle vigne e adoravo stare tra i filari, ma non mi immaginavo impegnata professionalmente nell’ambito del vino. Di certo ho un ricordo stampato nella mente, quasi come un segnale premonitore, quello legato alla prima volta che scesi nelle antiche cantine di Borgonato e sentii l’odore del mosto, me ne innamorai follemente. Ancora adesso è il mio profumo preferito.
– Com’è cambiata la figura della donna nel vino?
Quando ho cominciato a lavorare c’era una concezione diversa della donna e il mondo del vino era qualcosa di profondamente maschile. Mio padre, ad esempio, quando partiva per lo Champagne, portava i miei fratelli, mentre io rimanevo a casa. Non gliene faccio una colpa, al tempo la società era molto diversa. Piano piano ci siamo ritagliate ruoli in amministrazione – io stessa ho iniziato così nell’azienda, ma non era un ruolo che assolutamente sentivo nelle mie corde -, comunicazione, creatività, e infine nei ruoli tecnici e legati agli aspetti produttivi. È ancora un settore maschile, ma sta cambiando. Oggi ci sono moltissime aziende vitivinicole guidate da donne forti e di successo a cui tutti, uomini e donne, guardano con ammirazione e rispetto.
– Il ruolo della donna nel futuro nel vino?
La mia speranza è che nel futuro del vino così come negli altri ambiti non ci sarà un “ruolo della donna”, inteso come diverso e in qualche modo segregato da quello dell’uomo. È importante che le donne mantengano la loro identità femminile, il fatto che le cose vengano percepite, fatte e comunicate con una diversa sensibilità da uomini e donne è ciò che ci permette di comprendere il mercato e fare breccia nel cuore dei nostri clienti. Tuttavia, questa diversità di punti di vista può portare valore aggiunto in tutti i settori e in tutte le fasi della produzione vitivinicola, per questo mi piace immaginare un futuro senza disparità.
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