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È passato poco più di anno dall’arrivo del talentuoso Paolo Griffa, classe 1991, al Grand Hotel Royal di Courmayeur e, dall’ultima nostra visita, notiamo un’evoluzione d’anima, più acclimatata, e ben accolta dalla cornice valdostana. Ma è doveroso inquadrare il percorso di questo non più giovane chef, per arrivare a comprendere come sia riuscito in breve tempo ad ambientarsi nella piccola Valle d’Aosta.

 

 

Nato a Carmagnola si avvicina in solitaria all’arte della cucina che lo spinge a scegliere di frequentare l’Istituto alberghiero a differenza di suo fratello e delle due sorelle. A quattordici anni legge, studia, compra libri. È curioso e consapevole delle sue abilità ma sopratutto intuisce di essere “avanti” rispetto agli altri. Un vantaggio che gli gioverà (molto!) nel suo percorso. Iniziato come pasticcere, dove tecnica e precisione sono la base per la realizzazione dei dolci. Un’arte bianca limitante, come la definisce Griffa, perché fondata su pochi ingredienti.

Privo di limiti e timori rispetto ai cambiamenti da lui stesso apportati o no, il passaggio alla lavorazione degli ingredienti della cucina tutta è stato breve, brevissimo. Perché le combinazioni sono infinite, rappresentano una condizione ottima per una creatività sempre fertile come quella di Griffa che si sprigiona in Declinazioni. Il nome del suo menu al Petit Royal  “fatto di ingredienti, non da piatti”. Anche in quello estivo, chiaramente concepito per stupire chi decide di lasciarsi guidare dalla lavorazione di materie prime territoriali e stagionali colorate dai sapori ideati da questa stella non più nascente ma agile a trasformare la materia in uno stato di plasma.

 

 

Il suo percorso di crescita più recente è fatto di ragionamento e comprensione dei suoi ingredienti che sceglie personalmente dai fornitori quando non li  raccoglie in prima persona come le erbe all’alba. Un exploit che si sente anche dietro ai fornelli con consistenze più equilibrate, senza punte estreme, tanta fantasia e metodologia. Un nuovo menu estivo che dona il sorriso, crea la magia come un arcobaleno, colori già offerti dalla natura. Originale e sfaccettato non stupisce sopratutto se si guarda qualche risultato appeso in bacheca ottenuto dopo la sua esperienza come sous chef, a soli 22 anni, al Piccolo Lago di Verbania (2 stelle Michelin) che lo hanno visto finalista al Bocuse d’Or e vincitore al S. Pellegrino Young 2015.

 

 

Vittorie conquistate perché in ogni preparazione dei piatti c’è la calibrazione e l’attenzione nella cottura ed interazione tra tutti gli elementi. A cominciare da olio e burro, questo sempre ottimo da spalmare sul pane caldo ai cereali, un vero vanto dello chef. L’attitudine a cercare il nuovo, l’inesplorato è presente nelle persone che non accettano la monotonia e la standardizzazione. Ecco perché non c’è -almeno per il momento, dico io –  l’intenzione da parte di Griffa di creare un piatto icona che lo rappresenti così da diventare motivo di sosta per i gourmet del mondo. Ma è anche una strategia per mantenere attivo e curioso lo staff in sala che presenterà con entusiasmo ogni nuova creazione. Anche se qualche certezza a guardare bene, e se si impara a conoscerlo attraverso i suoi  piatti, c’è: non mancano mai il topinambur e l’anguilla, dei veri must have della sua cucina. E l’idea di un piatto come nasce? Principalmente da  5 fattori come raccontava già in occasione dell’ultimo Congresso di Identita Golose. E sono:

  • la conoscenza personale di un determinato ingrediente o ricetta;
  • un’esperienza, intesa come viaggio e le curiosità o stili scoperti da introdurre o riformulare a casa;
  • l’idea: un desiderio di rappresentare in un piatto la realtà;
  • il modello o l’impostazione di una texture che si vuole ottenere;
  • la creatività: rappresentata testando un ingrediente, sviluppandolo, in molte forme e secondo un proprio gusto.

 

 

In questi mesi poi Griffa, sempre più in sintonia con i fornitori locali, sta lavorando a un proprio orto per  condire a km0 questa sua creatività e continuare ad osare e ricercare ancora più finezza è più definizione nei piatti. Percepiti, su tutti, in uno spaghetto felicetti al nero di seppia con patate e cozze ricoperti da caviale e una stupenda faraona arrostita al fieno con fiori di tarassaco, pop – corn di amaranto, semi di girasole e patate allo zafferano. Piatti materici, sofisticati, unici per delicatezza, intensità armonia nei contrasti con i colori giallo e nero ad essere sole e luna. Giorno e notte. È proprio estate al Grand Royal di Courmayeur.

In sala ad accogliervi ci sarà un dinamico team gestito con velocità da Vadim Vasilevschi da sempre al fianco di Griffa.

Foto: Chef Profile project @Davide Dutto

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