E’ “Prosecco” o è “Valdobbiadene”? La disputa sul superamento in etichetta del nome del vino che rivaleggia nel mondo con lo champagne assume i toni di una battaglia commerciale.
Il sasso l’ha gettato la ‘Confraternita di Valdobbiadene’ per la tutela della Docg, favorevole a far sparire Prosecco dalle bottiglie a favore del luogo che esprime il territorio d’origine. L’iniziativa a molti non è piaciuta, soprattutto per il cotè di giudizi ‘fra le righe’ che porta con se’. L’enologo Loris Dall’Acqua, presidente della Confraternita, e tra i fondatori dell’azienda “Col Vetoraz”, già da due anni sul mercato col solo nome ‘Valdobbiadene Dogc’, non più prosecco, ha spiegato la scelta con la confusione cresciuta negli ultimi anni intorno al vino veneto. “Oggi – dice – la nostra immagine e la percezione della nostra denominazione è alienata dalla presenza di cinquecento milioni di bottiglie di prosecco generico privo di storia e di vocazione territoriale. Il grande sistema Prosecco sta fagocitando la denominazione Conegliano Valdobbiadene per banalizzare le colline di quest’area a semplice cartolina d’immagine”. E il fatto di rimuovere dalle ‘Col Vetoraz’ la dicitura Prosecco, sostiene, non avrebbe prodotto ripercussioni nella platea dei clienti storici. La Confraternita ha così promosso una petizione fra i produttori della Docg, per rendere autonoma la denominazione “Conegliano Valdobbiadene Docg” rispetto al “sistema Prosecco”.
Pronta la risposta di Stefano Zanette, presidente del Consorzio di tutela Doc, il gigante del sistema Prosecco: “la Denominazione Conegliano Valdobbiadene Docg – dice – ha tutto il diritto di decidere del proprio nome, ovviamente anche di rinunciare al termine Prosecco, ma trovo inspiegabile che in questo si tenda a denigrare il lavoro degli altri”. La Prosecco Doc, invece, dati alla mano – prosegue Zanette – ha sostenuto indirettamente lo sviluppo della Docg. La produzione della Docg è infatti passata in 10 anni dai 60 milioni di bottiglie del 2009 agli oltre 90 mln attuali. Quindi la crescita della Doc ha favorito anche la Docg, sia in termini di volume che di valore”. Il Consorzio di tutela del Conegliano Valdobbiadene Docg sceglie al momento una linea più neutra. Ricordando intanto che il disciplinare “prevede già adesso la possibilità di riportare in etichetta anche il nome della località di produzione, senza quello del vino”.
Ma una eventuale modifica del disciplinare, avverte, “prevede un iter normato dalla legge, europea e italiana, e richiede un ampio consenso dei produttori, con l’approvazione del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e del Turismo e della Commissione Europea”.
Il Consorzio del presidente Innocente Nardi ha anche commissionato al Cirve un’indagine sulla etichettatura delle bottiglie di Conegliano Valdobbiadene: il risultato dice che il 92% riporta in etichetta il termine Prosecco Superiore, oltre al luogo di origine.
Sul tema interviene anche il governatore Luca Zaia, ‘padre’ (da ministro dell’Agricoltura) del decreto del 2009 che fissò la tutela del Prosecco e del suo territorio e aprì la strada che nel luglio 2019 ha portato l’Unesco a riconoscere le colline di Conegliano- Valdobbiadene patrimonio dell’Umanità. “Togliere la parola ‘Prosecco’ dalle etichette – dice – è una partita che riguarda i produttori. Ovviamente dovrà essere modificato il disciplinare. Personalmente penso che togliere repentinamente il nome dalle etichette farà spostare gli acquirenti, soprattutto all’estero, su quelli che hanno il nome. L’ appello ai Consorzi è che si facciano sentire, perché rappresentano i produttori. E’ inaccettabile sentir dire che con il decreto del 2009 il Prosecco ci ha rimesso”.
Fonte: www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/vino/