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BIRRA IN CUCINA


Lorenzo Dabove (alias Kuaska) – Direttore Culturale Unionbirrai – Degustatore Professionale di Birre – Life Member of CAMRA – Giudice internazionale alla Word Beer Cup – Scrittore e pubblicista in materia birraria – www.kuaska.it

Fonte: Da Annuario Birre Italia 2006-07 ©Beverfood Srl – Milano

SOMMARIO: Intervista a Marco Rinaldi, titolare del Ristorante “La Ratera” di Milano – Intervista a Salvatore Garofalo, chef del Ristorante “la Ratera” di Milano

Rif. Temporale: 04/2006

Nei paesi di grande tradizione e cultura birraria, Belgio in testa, è normale accompagnare, sia a

casa che al ristorante, i cibi e le pietanze con la birra adeguata. E questo vale sia per le popolarissime, onnipresenti “moules et frites” che per il più raffinato ed elaborato piatto di “haute cuisine”. Il Belgio è un paese piccolo, agevole da esplorare, che può a pieno titolo rappresentare un territorio di caccia ideale non solo per l’irriducibile “beerhunter” ma anche per il più appassionato ed esigente dei gourmet. Partendo dall’estremo ovest, dal “plat pays” cantato da Jacques Brel, passando nelle straordinarie città d’arte fino all’estremo est tra le colline e le foreste delle Ardenne, troviamo celebrati chef che hanno trasformato i loro ristoranti in veri e propri templi della cuisine à la bière.

Nel piccolo villaggio di Watou, nel rinomato ristoirante “’t Hommelhof “ (Il giardino del luppolo) il grande Stefaan Couttenye propone fantastici piatti cucinati con la birra, come il galletto alla bière blanche speziata con coriandolo e scorza d’arancia amara di Curaçao o come il coniglio in salmì alla birra “blonde” d’Abbazia. Nella stupenda Bruges, dagli scorci panoramici “mozzafiato”, brilla l’Hotel Restaurant Erasmus del grande esperto di birra belga Tom Allewaert che ha affidato le redini della cucina al giovane ed emergente chef di colore Patrick Kabongo, di origine congolese. Memorabili i suoi menu di “cuisine à la bière” a tema dedicati a birrerie prestigiose come la celeberrima Orval dei monaci trappisti e la piccola ma agguerrita Dupont che produce, in Vallonia, ancora tradizionali “saison”.

E a Bruxelles? Non potevano certo mancare nella godereccia capitale, ristoranti votati alla bevanda nazionale. Tutti i birrofili sanno che attualmente il “numero uno” (votato dai suoi stessi colleghi) è il simpaticissimo e rubicondo Alain Fayt che nel suo Restobières delizia i fortunati amici-clienti con birre rare e ricercate e soprattutto con piatti geniali come il paté alla mitica trappista di Westvleteren e il sensazionale “choesels au lambic” per il quale Alain utilizza, tra l’altro, polpette di vitello e maiale, una coda di bue, petto di montone, del pancreas, un bicchiere di Madera, pancreas e i “gioielli” del toro! Nel rurale, fatato Pajottenland, nei dintorni di Bruxelles, dipinto da Bruegel il Vecchio, tra gli innumerevoli locali dove si può degustare dell’ottima cucina alla birra si segnalano due autentiche gemme da non mancare. Nell’elegante “De Heeren van Liedekercke” di Denderleeuw i talentuosi fratelli De Four, Jost al banco e Tom ai fornelli, rendono ogni visita indimenticabile. Nello storico caffè letterario “Drie Fonteinen” di Beersel, altri due celebri fratelli, il birraio Armand e il ristoratore Guido Debelder , riscuotono un meritatissimo successo con le loro birre a fermentazione spontanea e con la loro cucina strettamente legata al territorio come la classica “faraona alla kriek”.

E da noi? Può sembrare sacrilego ma anche i grandi chef “pluristellati” hanno scoperto le birre di qualità. Alcuni di loro le hanno aggiunte alle carte dei vini più prestigiosi, le impiegano nella preparazione di piatti innovativi o semplicemente hanno dimostrato interesse e voglia di tentare, specie invogliati dal valore delle nostre birre artigianali, Le Baladin di Teo Musso in testa. Ne sono esempi emblematici i notissimi “Aimo e Nadia” di Milano, “Paolo e Barbara” di Sanremo con chef Paolo Masieri (1 stella Michelin), il celeberrimo “Le Calandre” di Rubano (Pd), chef Massimiliano Alajmo (3 stelle Michelin), il “Real Castello” di Verduno (Cn), chef Alessandra Buglioni di Monale e, dulcis in fundo, il vulcanico Ciccio Sultano del “Duomo” nella splendida Ragusa-Ibla.

Ma il vero tempio italiano della “cuisine à la bière” è senza dubbio “La Ratera” (la topaia in dialetto lombardo) www.laratera.it e si trova a Milano, in via Ratti, nell’estrema periferia, a un passo dal parco di Trenno. Qui officia il talentuoso chef Salvatore Garofalo che, dopo importanti esperienze formative, ha raccolto l’invito-sfida del proprietario Marco Rinaldi, attento estimatore e vero cultore della birra artigianale. Alla Ratera, infatti, si servono solo birre artigianali, non filtrate e non pastorizzate e nel variegato e sempre rinnovato menu si trovano esclusivamente piatti originali e creativi, di altissimo livello qualitativo e, naturalmente, rigorosamente cucinati con la birra.

Intervista a Marco Rinaldi, titolare del Ristorante “La Ratera” di Milano

-cosa hai fatto prima di lanciarti in quest’avventura?

Sono nato nel mondo della ristorazione grazie a mio padre,che ha sempre fatto
questo mestiere,e pur avendo un’istruzione tecnico-scientifica e altre
esperienze lavorative in passato,ho deciso da diversi anni che questa sarebbe
diventata la mia professione.

-da cosa ti è nata l’idea di aprire un locale votato solo alla birra
artigianale?
-e soprattutto l’idea di inaugurare un ristorante di cuisine à la
bière,inedito in Italia ?

L’idea e’ nata nel 1996 dopo l’apertura dei primi microbirrifici come
Lambrate,il Birrificio Italiano,il Baladin ecc…,e pensai subito di poterli
riunire in un unico locale dove finalmente non si era obbligati a bere le
solite birre industriali spesso omologate tra di loro.
Per quanto riguarda la cucina alla birra,dopo aver provato i classici piatti
come:lo stinco,il pollo, il goulash ecc…,ho conosciuto Romano Ginosa,un
grande appassionato di cucina alla birra e un ottimo cuoco(anche se purtroppo
lo fa solo per hobby !) con il quale abbiamo collaborato a diverse
degustazioni,e da li’ è nata l’idea di inaugurare il primo ristorante di
cucina alla birra in Italia.

-hai avuto l’appoggio e l’incoraggiamento di tua moglie Marina?

Si’,e’ sempre stata al mio fianco.

-come sono stati gli inizi? come ha reagito il pubblico?

All’inizio facevamo al massimo 5 coperti e il pubblico reagiva tra
l’incuriosito e lo scettico,ma nel giro di poco tempo ha capito che dietro
questo lavoro c’e’ passione e serieta’,e devo dire ci sta’ ripagando.

-quale filosofia sta alla base della cucina della Ratera?

La filosofia di base e’ quella di dare dei piatti di alto livello con un
servizio semplice ma curato,e un prezzo accessibile anche a chi non e’
abituato o non puo’ permettersi conti da capogiro in ristoranti “stellati”

-so che tra te e il tuo chef c’è una perfetta sintonia, è stato facile
raggiungerla?

Con Salvatore Garofalo l’intesa e’ stata immediata sia per quanto riguarda la
scelta e la cura delle materie prime,sia per quanto riguarda il modo di fare
ristorazione.

-ho mangiato nei templi della cuisine à la bière di tutto il mondo ma da te ho
provato piatti cucinati con una birra contornati da salse cucinate con una

seconda birra e serviti in accompagnamento ad una terza birra e questo non
l’avevo mai incontrato. Quindi ti chiedo “come vi è venuta questa
ispirazione?”

Spesso dietro ad un piatto c’è un lungo lavoro di prove e riprove,che portano
a scelte “strane” di abbinamento.

– spesso in piatti di cucina alla birra quest’ultima non si avverte o quasi,
non è certo il caso vostro, è vero?

All’inizio per non “spaventare” i clienti avevamo solo alcuni piatti dove la
birra era predominante,oggi dopo anni di esperienza abbiamo deciso di fare un
menù dove la birra è la protagonista.

-quali sono i piatti che attualmente ti danno più soddisfazione?

Lo scamone di vitella piemontese in guazzetto di carciofi e zenzero alla
“Bibock”,trancio di baccalà su verdure primaverili e schiuma alla “blanche de
Namur” e la composizione di verdure stagionali affumicate e germogli di
frumento su fonduta di fontina e “Achel brune”

-c’è un piatto si sta materializzando nella tua mente ma non ha ancora visto
la luce?

Sì,ma è troppo presto per anticiparlo perché utilizzeremo una tecnica nuova e
molto particolare

-in tema di abbinamento, che “tecniche” usi per trovare la birra giusta?

Abbiamo provato diversi metodi per costruire un piatto,ma attualmente quello
che ci appassiona di più è il partire dalla degustazione di una birra per
creare il giusto abbinamento.

-credi nel rapporto prezzo/qualità?

È alla base della nostra filosofia.

-so che tu metti sempre una grande passione nel tuo lavoro. Ma, frankly
speaking, cos’è che non ti va proprio giù ?

Sono le persone che criticano questo tipo di cucina senza averla mai provata.

-l’eventuale rimedio?

Andare avanti per la nostra strada

grazie mille e lunga vita alla Ratera

Grazie

Intervista a Salvatore Garofalo, chef del Ristorante “la Ratera” di Milano

-cosa hai fatto prima di lanciarti in quest’avventura?

Gavetta! E negli ultimi due anni ho fatto una cosa importantissima: il papà quasi a tempo pieno. Oggi so che questo mi ha dato un ulteriore carico di energie che cerco di spendere al meglio anche sul lavoro.

– so che tra te e Marco c’è una perfetta sintonia, è stato facile
raggiungerla?

Ci credi alle questioni di pelle?

– da te ho sempre cenato alla grande, c’è stata qualche occasione nella quale
non sei stato soddisfatto del piatto e/o del relativo abbinamento?

Per quanto riguarda gli abbinamenti ho piena fiducia in Marco. Pensando invece alla cucina spero di conservare sempre il giusto spirito critico. Ragion per cui, capita sì di non essere soddisfatti del proprio operato. Ma questo rappresenta proprio la spinta ideale per un miglioramento continuo.

– speso in piatti di cucina alla birra quest’ultima non si avverte o quasi,
non è certo il caso vostro, è vero?

L’obbiettivo principale è proprio quello di riuscire a non mortificare o nascondere le birre nei piatti che serviamo in Ratera. E’ stato il primo punto concordato con Marco. E devo dire che i risultati ci stanno premiando. Per esempio, al momento, abbiamo una carta composta esclusivamente da piatti alle birre e in ogni singolo piatto si percepisce l’elememto birra che non è mai secondario

-c’è un piatto si sta materializzando nella tua mente ma non ha ancora visto
la luce?

Ce ne sono diversi. Ma la fretta non è mai una gran consigliera. Succede poi che le intuizioni arrivino proprio degustando una particolare birra che fa palesare nella mente ricordi, accostamenti, paesaggi. Al momento è proprio l’aspetto che mi esalta di più nel fare cucina alla birra. Le emozioni che riservano alcune birre sono davvero incredibili. Penso ai lambic, per esempio. La sensibilità mia di cuoco ci sta lavorando su.

– so che tu metti sempre una grande passione nel tuo lavoro. Ma, frankly
speaking, cos’è che non ti va proprio giù ?

Quando di fronte a un piatto di cucina creativa e ben eseguito, ancora si parli di novelle cuisine!

– dacci la ricetta del tuo piatto che ritieni più riuscito

Al momento penso che il filetto di maiale all’ “Aventinus” con salsa di mandorle e pepe di Sechuan, accompagnato da un flan di patate al rafano e chips di rafano al miele e finocchietto, sia un buon piatto. Così come la composizione di verdure di stagione con germogli di frumento che ci prepara con amore la nostra Marina e servite su una fonduta alla “Achel brune”. Personalmente ho un amore particolare per i vegetali e questo piatto rende onore a ciò che spesso viene visto solo come un accompagnamento, il cosìddetto contorno. Ragion per cui anche un altro piatto come Gusti in equilibrio è un’esecuzione in cui credo. Si hanno esclusivamente tre elementi a disposizione: la “Westmalle”, la crescenza e i carciofi. Al palato danno un piacevole risultato: un equilbrio, appunto, di gusti, in cui i tre elementi si supportano, non predominano e rimangono ben distinguibili tra loro. Il mio desiderio è riuscire a far arrivare tutto questo al cliente, anche a quello meno “preparato”.
Ma mi avevi chiesto solo di un piatto?!?

– dacci una ricetta creata ora all’istante per Beverfood

Se ora dessi una ricetta creata all’istante andrei in contraddizione con quanto detto sopra. Alle intuizioni segue una fase di prove e di studio che ci permettono di arrivare a proporre piatti di cui siamo davvero convinti. Ed è una fase a cui partecipano attivamente le persone coinvolte nel nostro progetto, a cominciare da Nicola Picciau, mio braccio destro.

– grazie mille e tanti auguri per il futuro

Ricambio gli auguri e invito i lettori a venirci a trovare, non solo per provare la nostra cucina alla birra ma per dar vita a un confronto fatto anche di critiche costruttive.
Avverto un grande fermento intorno al mondo delle birre. Ed è ora che la cucina elevi l’elemento birra a un’importanza pari a quella dovuta al vino. Perchè questo accada, occorre che si continui a portare avanti un’ importante “rivoluzione” culturale, che del resto ti vede già in prima fila da lungo tempo. Ma, voglio aggiungere, il rispetto dovuto alle birre da parte di chi sta ai fornelli, deve essere ricambiato. Riconoscersi reciprocamente è l’unica via per raggiungere insieme i migliori risultati.

Genova, 20/4/2006 Lorenzo Dabove in arte Kuaska

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