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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEGLI ALIMENTI DELL’UNIVERSITÀ DI UDINE

Ora passiamo ad un super-autorevole caro amico, il prof. Stefano Buiatti del Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Udine. Sin dall’anno accademico 1994/95 vi insegna Tecnologia della Birra nel corso di laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari. Inoltre Stefano è anche docente di Detergenza e Sanificazione degli Impianti Industriali e dal 2002 è il responsabile dell’impianto sperimentale per la produzione della birra sito presso l’Azienda Agraria Universitaria del suo ateneo.

Lascio a lui la parola: “La capacità produttiva dell’impianto è di 200 litri. Questa birreria è fondamentale per l’attività didattica e di ricerca consentendoci di offrire la parte pratica agli studenti universitari del corso di laurea. Oltre a questo organizzo ormai da oltre 10 anni, quest’anno siamo giunti alla 16ma edizione, un corso Tecnico gestionale per imprenditori della birra che si tiene sempre a maggio, quest’anno dal 14 al 17. Il corso si propone di offrire un’ampia e approfondita panoramica di diversi argomenti fondamentali per chiunque voglia intraprendere un’attività legata alla produzione e commercializzazione della birra. Gli argomenti, affrontati da esperti del settore, spazieranno dalle materie prime alle tecnologie sino agli aspetti normativi, gestionali ed economico-finanziari. Una intera giornata dedicata alla parte pratica con la produzione di una cotta di birra consentirà inoltre ai partecipanti di toccare con mano e di verificare personalmente gli aspetti teorici affrontati in aula.

In novembre poi, dal 2012, organizziamo un corso di Degustazione per Sommelier della birra la cui durata è di tre giorni. Il corso si propone di offrire una approfondita panoramica degli argomenti fondamentali per chi è interessato alla materia dell’analisi sensoriale e alla degustazione della birra. Gli argomenti affrontati da esperti del settore comprenderanno la descrizione della filiera di produzione della birra e i principi di analisi sensoriale. Verrà approfondito il tema degli stili birrari con degustazioni finalizzate all’apprezzamento delle qualità sensoriali di diverse tipologie di birra. Inoltre verrà spiegato come riconoscere i principali difetti e saranno svolti esercizi con la finalità di affinare le capacità degustative. Nell’ultima giornata verrà affrontato un tema di grande interesse e attualità, ovvero l’abbinamento birra-cibo, con le possibili combinazioni per esaltare le caratteristiche organolettiche sia della birra che del cibo.

Oltre a queste attività il mio gruppo di lavoro, i miei collaboratori sono il Dr Paolo Passaghe e il Dr Stefano Bertoli, svolge ovviamente attività di ricerca nel settore delle materie prime e del prodotto finito. Attualmente ci stiamo occupando del delicato tema delle birre senza glutine, di aspetti legati alla maltazione e alla qualità delle materie prime. Nella mia regione sono in corso sperimentazione che prevedono prove di coltivazione di varietà di luppoli che vengono analizzati presso i nostri laboratori per testarne le caratteristiche qualitative. Ci occupiamo inoltre di qualità del prodotto finito e a tal propositi segnalo che è appena uscito un nostro articolo su European Food Research and Technology che attesta il bassissimo rischio di presenza di metalli pesanti in un prodotto come la birra. Naturalmente tutte queste attività sono poi legate al supporto didattico che viene fornito agli studenti che sono in tesi con me, e in tutta questa attività l’impegno e l’attività svolta dai miei collaboratori sono fondamentali. Ricordo inoltre che svolgiamo analisi conto terzi per il controllo qualità della birra con un “pacchetto” analisi che comprende analisi chimico fisiche e microbiologiche e sempre più produttori si affidano a noi per una costante verifica della qualità dei loro prodotti”.

Provo a metterlo in difficoltà con la sibillina domanda “Ma tutti questi microbirrai dove hanno imparato il mestiere? Ecco la sua risposta: “Domanda difficile, risposta complicata. Nel senso che l’elevatissimo numero di microbirrifici (ad oggi oltre 800) pone un’altra domanda: non dove, ma se l’hanno imparato il mestiere. Nel senso che a fronte di punte di eccellenza e di prodotti che non fanno assolutamente invidia neanche a paesi e produttori tradizionalmente più blasonati di noi, non bisogna nascondere il fatto che ci siano dei produttori che, diciamo, hanno ampi margini di miglioramento di fronte a loro. Tutto sta a rendersene conto, la consapevolezza dei proprio limiti è il primo passo verso la conoscenza. Solo chi ha l’onestà e il coraggio socratico di dire “So di non sapere”, e io sono il primo a farlo, può correggere gli errori e migliorarsi. Attualmente in Italia non esiste una scuola specifica per mastri birrai e quindi molto spesso quello che viene imparato lo è da autodidatti con tutto quello che questo comporta: errori, incomprensioni, imprecisioni. Poi, piano piano, uno comincia ad aggiustare il tiro. Ma non sempre. Il fatto che molti dei miei corsisti del corso Tecnico gestionale per imprenditori della birra abbia poi aperto con successo una microbirreria è per me motivo di grande soddisfazione”.

Infine la solita ma doverosa domanda: “Da dove vengono, come si formano, chi assicura il loro aggiornamento? “La risposta al come si formano l’ho in parte già data, da dove vengono è ormai quasi impossibile da dire. Sono talmente tanti che le estrazioni sono diversissime, quello che mi sorprende è che in molti casi non c’è una grande motivazione che viene dalla passione e dall’amore per la birra ma un mero calcolo economico; secondo me questo è il più sicuro viatico per il fallimento, molti intraprendono quest’attività come potrebbero produrre qualsiasi altra cosa, attirati solo dal miraggio di facili guadagni. Che è, appunto, un miraggio. Sono convinto che solo dove c’è passione e amore troveremo delle buone birre e la qualità dell’eccellenza. La birra è una delle espressioni della creatività dell’uomo e, come nelle forme d’arte più alte e nobili, possiamo trovare dei capolavori. Relativamente al loro aggiornamento, come dicevo, dipende dal singolo birraio essere consapevole della complessità della filiera della birra e accostarsene con umiltà, sapendo che l’aggiornamento è continuo. Anche in questo settore vale il proverbio “Il saggio non sa niente, l’intelligente sa poco, l’ignorante sa tutto”.

Lo incalzo chiedendogli se ritenga sia possibile che ci possa essere solo dell’autoapprendimento o dell’homebrewing, al che risponde deciso: “No, l’autoapprendimento è fondamentale ma non basta. Partecipare a corsi, seminari, scuole, stage ritengo siano mezzi importantissimi per acquisire nuove conoscenze e competenze. E, come in tutte le cose, bisogna studiare, studiare, studiare. Come diceva Leonardo ”Sempre la pratica deve essere edificata sopra la bona teoria”.

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COOPERATIVA SOCIALE DIEFFE

Ho poi interpellato Federico Pendin, direttore della cooperativa sociale Dieffe che dal 1985 si occupa di formazione professionale nel settore dell’enogastronomia con lo scopo legato essenzialmente all’insegnamento di un mestiere. Apprendiamo come Dieffe sia attualmente suddivisa in tre aree: la prima è relativa ai servizi alle imprese, la seconda si occupa della gestione di istituti professionali con rilascio di diploma o qualifica di terzo anno rivolti a giovani in obbligo scolastico e la terza dedicata al rilascio di qualifiche per adulti.

Per quanto riguarda i servizi alle imprese, si tratta di consulenza per lo start up piuttosto che di supporto in ambito sicurezza, HACCP, controllo di gestione e in generale implementazione di sistemi ISO.  In ambito Istituti professionali Dieffe opera su quattro sedi dislocate sulle provincie di Vicenza, Treviso, Padova e Venezia che ospitano ogni anno circa 900 ragazzi che svolgono il triennio della formazione professionale (i primi tre anni delle superiori). In questo ambito si parte dal principio che per i ragazzi con un approccio induttivo il lavoro educa e introduce alla realtà più che lo studio sui libri. Le percentuali di inserimento lavorativo a 6 mesi, sono pari all’88% e le qualifiche rilasciate sono quella di Cuoco, Pasticcere, Panificatore e Addetto ai servizi di sala e Bar. Inoltre Dieffe ha istituito nel 2012 un istituto paritario riconosciuto dal ministero dell’istruzione per l’ottenimento del diploma di maturità nel ambito dei servizi enogastronomici. Questa è prima esperienza in Veneto e la terza in Italia.

In ambito qualifiche per adulti vengono proposti percorsi di un anno con rilascio di qualifica riconosciuta a livello europeo sui seguenti ambiti: Cuoco, Gelatiere, Pizzaiolo, Pasticcere, Bar Manager, Maestro Birraio, Web & Social Media Marketing, Web Graphic, Contabilità. Gli allievi sono persone in cerca di riqualificazione, a volte anche con lauree forti (nel corso maestro birraio non son infrequenti ingegneri e medici). In particolare sul Gelato e sulla Birra Dieffe ha istituito la prime qualifica in Europa secondo gli standard Eqf (european qualification framework) e in questi settori fa da riferimento. L’utenza sui corsi di maestro birraio è 40% veneta, 50% resto delle regioni e 10% circa dall’estero. I corsi vengono svolti il fine settimana per poter permettere il soggiorno a chi viene da lontano. In questo ambito ogni anno qualifica complessivamente circa 1200 persone con percentuali di inserimento lavorativo a sei mesi del 84%. In questo settore in Italia c’è un’altra esperienza in Basilicata (legata esclusivamente al settore cucina) che qualifica circa 40 allievi l’anno, mentre in ambito europa c’è un ente francese che ne qualifica 350 circa. In ogni percorso formativo è previsto uno stage quindi i complessivi 2100 allievi possono scegliere tra circa 3500 aziende accreditate da Dieffe negli anni ad accogliere allievi in stage, e questo permette un feed back prezioso positivo o negativo che sia sulla preparazione degli allievi. Dieffe si avvale di 240 collaborazioni stabili fra insegnanti, tutor personale di segreteria e amministrativi.

Sullo scottante tema di dove tutti questi microbirrai abbiano imparato il mestiere, il Direttore Generale di Dieffe ci dice: “L’Italia è un paese con una grandissima cultura enogastronomica, che, in questi ultimi anni è molto cresciuta. Da questo punto di vista l’italiano ama la bellezza e la bellezza educa. Questo processo, grazie a molti esperti che in questi anni si sono prodigati per primi a reinterpretare il settore, ha cambiato radicalmente gli usi degli italiani per quanto riguarda la Birra: è passata da bevanda da accompagnare ghiacciata con la pizza al posto della coca cola a bevanda da accompagnare con formaggi, piatti di carne entrando a pieno titolo nella grande cucina italiana. Da questo punto di vista, a mio sommesso parere, il fenomeno della crescita dei brew pub e della crescita dei microbirrifici sono due fenomeni diversi: l’uno forse più modaiolo, l’altro destinato a cresce sempre di più in quanto affonda le sue radici in quell’aspetto culturale che fa eccellere la produzione italiana, invidiata sia dai cugini d’oltralpe che dai grandi maestri bavaresi”.

Infine, sul background dei microbirrai dai soli fattori dell’autoapprendimento o dell’homebrewing, Federico Pendin è drastico: “Anzitutto va osservato che non esistono scuole. Non a caso l’attuale sistema vive e respira molto di quella generazione che frequentò la scuola per tecnici birrai istituita da fabbrica birra Pedavena che rimase attiva per pochi anni. In questo senso l’aver istituito in Dieffe un percorso che conduce a una qualifica professionale, nel tempo, lascerà il segno. Detto ciò i nuovi maestri birrai sono essenzialmente autodidatti, o, nella migliore delle ipotesi, formatesi all’estero con percorsi brevi di qualche settimana. Questo è un settore dove ci sono più microbirrifici che maestri birrai e imparare il mestiere non è facile anche un po’ perché gli operatori custodiscono gelosamente, molto più che in latri settori, buone prassi e conoscenze. A ciò si aggiunge il fatto che gli impianti sono complessi ed errori possono comportare danni economici di non poco conto sono poco adatti a essere dati in uso a principianti.

Basti pensare che nei primi corsi la fase più difficile da gestire è stata lo stage: c’erano pochissimi microbirrifici disposti a ospitare allievi in stage, per mancanza di tempo e perché non volevano disperdere il know how. Quelli che hanno accettato sono i microbirrifici che sono cresciuti di più in quanto invece di partire dall’ipotesi che non si può sbagliare hanno cominciato a considerare l’ipotesi che “sbagliando si impara”. Per questo Dieffe e si è attrezzata con un impianto di piccolissime dimensioni (20 litri) propedeutico a quello più importante da 200 litri: quando si fanno le prime cotte, se ci sono difetti si analizzano al microscopio cercando di individuare che cosa è andato storto, questo permette di imparare. Quando la cotta viene bene su quello piccolo si passa a quello grande. Altro fattore fondamentale è che chi impara possa mettere le mani sull’impianto, non è sufficiente guardare come fa il maestro. Guardando uno che lavora non si impara, questo è, a mio avviso, l’errore che fanno molte scuole all’estero che ho potuto visitare.

Altro aspetto su cui alcuni corsi all’estero puntano sono le ricette: in Dieffe ne insegnano 9 corrispondenti a differenti stili di birra, ma insegniamo soprattutto il metodo. Le ricette si imparano lavorando, il metodo si impara a scuola.  Però c’è un ulteriore e più importante aspetto a rendere critica l’impresa di chi dovesse cimentarsi sul “fai da te”: le basi teoriche necessarie sono molto più ampie che in altri settori del comparto enogastronomico: la chimica in primis, come si suol dire il vero maestro birraio è il lievito. Questo ha spinto Dieffe alla realizzazione di un laboratorio di chimica e a nominare presidente del comitato scientifico dell’accademia birrai artigiani un professore ordinario di Chimica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. In questo senso l’improvvisazione può condurre a risultati rocamboleschi da parte di chi vuol “cavalcare l’onda” sfregiando il lavoro fatto da chi, invece, ha fatto della qualità e della competenza le leve di forza di questo rilancio della birra artigianale. In merito poi all’aggiornamento di chi è già maestro birraio, Dieffe ha una collaborazione con la scuola DOEMENS di Monaco circa la didattica e la modalità di sviluppare le lezioni e organizza con Doemens dei seminari qui in Italia.

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