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BIRRE ARTIGIANALI: formazione e crescita professionale dei Microbirrai in Italia


Nonostante lugubri profezie, il fenomeno dei birrifici artigianali sta continuando a crescere a ritmo folle: possiamo dire, con una certa attendibilità, che entro fine 2015 potrebbe essere superato la soglia di un migliaio di unità. Davvero impressionante dato che all’inizio del fenomeno, nel 1996, i pionieri erano meno di una decina. Detto questo, come direbbe Marzullo “una domanda sorge spontanea”, ma dove e come hanno appreso il mestiere tutti questi microbirrai?

(In alto Lorenzo Dabove, detto Kuaksa, autore della presente indagine pubblicata sulla Guidaonline Microbirrifici Beverfood.com)

Kuaska sul podio a festeggiare i vincitori di Birra dell’Anno 2016 a Beer Attraction

Come uno dei padri del movimento posso tranquillamente affermare come a questa fatidica domanda la stragrande maggioranza risponda “da anni di homebrewing”. Sembra quasi che “andare a scuola” sia quasi inutile o poco praticato ma poi, analizzando più approfonditamente, si scopre come molti dei più affermati birrai abbiamo seguito corsi, fatto ricorso a stages in Italia o all’estero o fatto ricorso a consulenti ed esperti. Nel nostro paese le alternative per chi volesse imparare il mestiere di “mastro-birraio”, seppur di natura diversa e non certo numerose, esistono eccome. Per saperne di più ho contattato direttamente le principali scuole dopo aver doverosamente citato la Scuola italiana per antonomasia che, dal 1951 al 1975, sfornò ben 271 birrai che trovarono lavoro presso birrerie italiane ed estere. Alludo naturalmente alla Scuola Birrai-Maltatori di Feltre pensato e gestito dalla Fabbrica Birra Pedavena.

CENTRO DI ECCELLENZA PER LA RICERCA SULLA BIRRA

Partiamo dal CERB, Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra, di Perugia, il primo Centro di Ricerca sulla Birra nato in Italia. Il CERB svolge attività di Analisi, Ricerca, Consulenza, e Formazione. Ho chiesto al direttore, Prof. Paolo Fantozzi, illustrare le peculiarità del Centro e dei suoi corsi. Fiore all’occhiello, il Laboratorio analitico – certificato UNI EN ISO 9001 ed accreditato da ACCREDIA, l’Ente Italiano per l’Accreditamento – svolge analisi chimico-fisiche e microbiologiche su materie prime (orzo, malto, mais, acqua e luppolo), semitrasformati (mosto e trebbie) e prodotto finito (birra). I ricercatori sono impegnati in diverse tematiche di rilievo nel mondo scientifico birrario, che spaziano dalle tecniche di produzione di birra senza glutine e analcolica, alla rifermentazione in bottiglia, la filtrabilità del mosto, la maltazione di cereali alternativi, il profilo sensoriale, la selezione di nuovi ceppi di lievito e la caratterizzazione e riutilizzo delle trebbie.

L’attività di consulenza, invece, si concentra soprattutto sullo sviluppo di nuovi prototipi di birra e di malto, progettazione di impianti, analisi e risoluzione di punti critici riscontrati dai nostri clienti in produzione. L’attività di formazione universitaria del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari ed Ambientali vede il CERB totalmente coinvolto nel il Master Universitario di I livello in: Tecnologie Birrarie “Brewing Technologies” – giunto quest’anno alla quarta edizione – e a partire dall’anno accademico 2015-2016 nel corso di laurea triennale in Tecnologie Birrarie, unico in Italia.

Inoltre, l’attività di formazione fornita direttamente del CERB, in continuo aggiornamento, offre diversi corsi che abbracciano a 360 gradi gli aspetti più importanti della filiera produttiva del malto e della birra. Il corso di formazione tecnica “Come Diventare Birraio” – giunto alla sua 15a edizione – prevede lezioni teoriche in aula e pratiche su un impianto pilota per la produzione del malto e della birra, offrendo così un’ampia e approfondita panoramica sulle tematiche fondamentali legate alla produzione della birra. Il corso in “Tecnica di Gestione del Lievito e Fermentazione”, prevede, invece, lezioni teoriche e pratiche incentrate sulla gestione del lievito (es. recupero, propagazione), il controllo del processo di bassa e alta fermentazione, la rifermentazione in bottiglia. Infine, con il corso in Degustazione Tecnica della Birra, vengono offerte lezioni teorico-pratiche inerenti gli ingredienti della birra e la loro influenza sul profilo sensoriale del prodotto finito, i difetti della birra (origine, riconoscimento e prevenzione), i principi dell’analisi sensoriale e le tecniche di degustazione.

Dopo queste sue esaustive informazioni, ho chiesto la loro opinione sul fenomeno del settore delle microbirrerie e dei brewpubs in continua vertiginosa crescita e di rispondere alla domanda “ Ma tutti questi microbirrai dove hanno imparato il mestiere?” Ecco le sue testuali parole: “Molti microbirrai partono direttamente facendo il “grande salto” dall’homebrewing, altri invece, facendo tirocini presso birrifici già esistenti. Altri ancora si affidano a consulenti nella fase di avvio e nei primi mesi di produzione. Tuttavia, la consapevolezza che produrre birra di qualità non sia una cosa semplice sta aumentando, e con essa cresce di pari passo anche il numero di persone che sceglie la formazione come passo propedeutico all’avvio dell’attività produttiva”.

Alla domanda conclusiva “da dove vengono, come si formano, chi assicura il loro aggiornamento?” la risposta si riferisce specificatamente ai parteciparti ai corsi erogati dal Centro affermando come essi vadano dal semplice appassionato al birraio esperto, al distributore di bevande, al produttore di impianti, al publican. A tal proposito, oltre 400 corsisti hanno partecipato ai corsi di formazione del CERB. A dimostrazione della crescita del movimento in Italia, sono sempre di più le persone che si iscrivono. In forte aumento è l’interesse per i corsi specializzanti che rispondono alle esigenze nuove e crescenti dei produttori. Il CERB sta rispondendo a tale richiesta di aggiornamento con l’erogazione di corsi ad hoc come ad esempio la gestione del lievito, la gestione della fermentazione e rifermentazione, la degustazione tecnica. Insieme al numero dei microbirrifici sta crescendo e maturando tutto il movimento in Italia e con esso la necessità di formazione e aggiornamento. Aggiunta finale del prof. Fantozzi: il birrificio, piccolo o grande, costituisce un’attività imprenditoriale che richiede una formazione specifica e un approccio strutturato.


DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEGLI ALIMENTI DELL’UNIVERSITÀ DI UDINE

Ora passiamo ad un super-autorevole caro amico, il prof. Stefano Buiatti del Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Udine. Sin dall’anno accademico 1994/95 vi insegna Tecnologia della Birra nel corso di laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari. Inoltre Stefano è anche docente di Detergenza e Sanificazione degli Impianti Industriali e dal 2002 è il responsabile dell’impianto sperimentale per la produzione della birra sito presso l’Azienda Agraria Universitaria del suo ateneo.

Lascio a lui la parola: “La capacità produttiva dell’impianto è di 200 litri. Questa birreria è fondamentale per l’attività didattica e di ricerca consentendoci di offrire la parte pratica agli studenti universitari del corso di laurea. Oltre a questo organizzo ormai da oltre 10 anni, quest’anno siamo giunti alla 16ma edizione, un corso Tecnico gestionale per imprenditori della birra che si tiene sempre a maggio, quest’anno dal 14 al 17. Il corso si propone di offrire un’ampia e approfondita panoramica di diversi argomenti fondamentali per chiunque voglia intraprendere un’attività legata alla produzione e commercializzazione della birra. Gli argomenti, affrontati da esperti del settore, spazieranno dalle materie prime alle tecnologie sino agli aspetti normativi, gestionali ed economico-finanziari. Una intera giornata dedicata alla parte pratica con la produzione di una cotta di birra consentirà inoltre ai partecipanti di toccare con mano e di verificare personalmente gli aspetti teorici affrontati in aula.

In novembre poi, dal 2012, organizziamo un corso di Degustazione per Sommelier della birra la cui durata è di tre giorni. Il corso si propone di offrire una approfondita panoramica degli argomenti fondamentali per chi è interessato alla materia dell’analisi sensoriale e alla degustazione della birra. Gli argomenti affrontati da esperti del settore comprenderanno la descrizione della filiera di produzione della birra e i principi di analisi sensoriale. Verrà approfondito il tema degli stili birrari con degustazioni finalizzate all’apprezzamento delle qualità sensoriali di diverse tipologie di birra. Inoltre verrà spiegato come riconoscere i principali difetti e saranno svolti esercizi con la finalità di affinare le capacità degustative. Nell’ultima giornata verrà affrontato un tema di grande interesse e attualità, ovvero l’abbinamento birra-cibo, con le possibili combinazioni per esaltare le caratteristiche organolettiche sia della birra che del cibo.

Oltre a queste attività il mio gruppo di lavoro, i miei collaboratori sono il Dr Paolo Passaghe e il Dr Stefano Bertoli, svolge ovviamente attività di ricerca nel settore delle materie prime e del prodotto finito. Attualmente ci stiamo occupando del delicato tema delle birre senza glutine, di aspetti legati alla maltazione e alla qualità delle materie prime. Nella mia regione sono in corso sperimentazione che prevedono prove di coltivazione di varietà di luppoli che vengono analizzati presso i nostri laboratori per testarne le caratteristiche qualitative. Ci occupiamo inoltre di qualità del prodotto finito e a tal propositi segnalo che è appena uscito un nostro articolo su European Food Research and Technology che attesta il bassissimo rischio di presenza di metalli pesanti in un prodotto come la birra. Naturalmente tutte queste attività sono poi legate al supporto didattico che viene fornito agli studenti che sono in tesi con me, e in tutta questa attività l’impegno e l’attività svolta dai miei collaboratori sono fondamentali. Ricordo inoltre che svolgiamo analisi conto terzi per il controllo qualità della birra con un “pacchetto” analisi che comprende analisi chimico fisiche e microbiologiche e sempre più produttori si affidano a noi per una costante verifica della qualità dei loro prodotti”.

Provo a metterlo in difficoltà con la sibillina domanda “Ma tutti questi microbirrai dove hanno imparato il mestiere? Ecco la sua risposta: “Domanda difficile, risposta complicata. Nel senso che l’elevatissimo numero di microbirrifici (ad oggi oltre 800) pone un’altra domanda: non dove, ma se l’hanno imparato il mestiere. Nel senso che a fronte di punte di eccellenza e di prodotti che non fanno assolutamente invidia neanche a paesi e produttori tradizionalmente più blasonati di noi, non bisogna nascondere il fatto che ci siano dei produttori che, diciamo, hanno ampi margini di miglioramento di fronte a loro. Tutto sta a rendersene conto, la consapevolezza dei proprio limiti è il primo passo verso la conoscenza. Solo chi ha l’onestà e il coraggio socratico di dire “So di non sapere”, e io sono il primo a farlo, può correggere gli errori e migliorarsi. Attualmente in Italia non esiste una scuola specifica per mastri birrai e quindi molto spesso quello che viene imparato lo è da autodidatti con tutto quello che questo comporta: errori, incomprensioni, imprecisioni. Poi, piano piano, uno comincia ad aggiustare il tiro. Ma non sempre. Il fatto che molti dei miei corsisti del corso Tecnico gestionale per imprenditori della birra abbia poi aperto con successo una microbirreria è per me motivo di grande soddisfazione”.

Infine la solita ma doverosa domanda: “Da dove vengono, come si formano, chi assicura il loro aggiornamento? “La risposta al come si formano l’ho in parte già data, da dove vengono è ormai quasi impossibile da dire. Sono talmente tanti che le estrazioni sono diversissime, quello che mi sorprende è che in molti casi non c’è una grande motivazione che viene dalla passione e dall’amore per la birra ma un mero calcolo economico; secondo me questo è il più sicuro viatico per il fallimento, molti intraprendono quest’attività come potrebbero produrre qualsiasi altra cosa, attirati solo dal miraggio di facili guadagni. Che è, appunto, un miraggio. Sono convinto che solo dove c’è passione e amore troveremo delle buone birre e la qualità dell’eccellenza. La birra è una delle espressioni della creatività dell’uomo e, come nelle forme d’arte più alte e nobili, possiamo trovare dei capolavori. Relativamente al loro aggiornamento, come dicevo, dipende dal singolo birraio essere consapevole della complessità della filiera della birra e accostarsene con umiltà, sapendo che l’aggiornamento è continuo. Anche in questo settore vale il proverbio “Il saggio non sa niente, l’intelligente sa poco, l’ignorante sa tutto”.

Lo incalzo chiedendogli se ritenga sia possibile che ci possa essere solo dell’autoapprendimento o dell’homebrewing, al che risponde deciso: “No, l’autoapprendimento è fondamentale ma non basta. Partecipare a corsi, seminari, scuole, stage ritengo siano mezzi importantissimi per acquisire nuove conoscenze e competenze. E, come in tutte le cose, bisogna studiare, studiare, studiare. Come diceva Leonardo ”Sempre la pratica deve essere edificata sopra la bona teoria”.

COOPERATIVA SOCIALE DIEFFE

Ho poi interpellato Federico Pendin, direttore della cooperativa sociale Dieffe che dal 1985 si occupa di formazione professionale nel settore dell’enogastronomia con lo scopo legato essenzialmente all’insegnamento di un mestiere. Apprendiamo come Dieffe sia attualmente suddivisa in tre aree: la prima è relativa ai servizi alle imprese, la seconda si occupa della gestione di istituti professionali con rilascio di diploma o qualifica di terzo anno rivolti a giovani in obbligo scolastico e la terza dedicata al rilascio di qualifiche per adulti.

Per quanto riguarda i servizi alle imprese, si tratta di consulenza per lo start up piuttosto che di supporto in ambito sicurezza, HACCP, controllo di gestione e in generale implementazione di sistemi ISO.  In ambito Istituti professionali Dieffe opera su quattro sedi dislocate sulle provincie di Vicenza, Treviso, Padova e Venezia che ospitano ogni anno circa 900 ragazzi che svolgono il triennio della formazione professionale (i primi tre anni delle superiori). In questo ambito si parte dal principio che per i ragazzi con un approccio induttivo il lavoro educa e introduce alla realtà più che lo studio sui libri. Le percentuali di inserimento lavorativo a 6 mesi, sono pari all’88% e le qualifiche rilasciate sono quella di Cuoco, Pasticcere, Panificatore e Addetto ai servizi di sala e Bar. Inoltre Dieffe ha istituito nel 2012 un istituto paritario riconosciuto dal ministero dell’istruzione per l’ottenimento del diploma di maturità nel ambito dei servizi enogastronomici. Questa è prima esperienza in Veneto e la terza in Italia.

In ambito qualifiche per adulti vengono proposti percorsi di un anno con rilascio di qualifica riconosciuta a livello europeo sui seguenti ambiti: Cuoco, Gelatiere, Pizzaiolo, Pasticcere, Bar Manager, Maestro Birraio, Web & Social Media Marketing, Web Graphic, Contabilità. Gli allievi sono persone in cerca di riqualificazione, a volte anche con lauree forti (nel corso maestro birraio non son infrequenti ingegneri e medici). In particolare sul Gelato e sulla Birra Dieffe ha istituito la prime qualifica in Europa secondo gli standard Eqf (european qualification framework) e in questi settori fa da riferimento. L’utenza sui corsi di maestro birraio è 40% veneta, 50% resto delle regioni e 10% circa dall’estero. I corsi vengono svolti il fine settimana per poter permettere il soggiorno a chi viene da lontano. In questo ambito ogni anno qualifica complessivamente circa 1200 persone con percentuali di inserimento lavorativo a sei mesi del 84%. In questo settore in Italia c’è un’altra esperienza in Basilicata (legata esclusivamente al settore cucina) che qualifica circa 40 allievi l’anno, mentre in ambito europa c’è un ente francese che ne qualifica 350 circa. In ogni percorso formativo è previsto uno stage quindi i complessivi 2100 allievi possono scegliere tra circa 3500 aziende accreditate da Dieffe negli anni ad accogliere allievi in stage, e questo permette un feed back prezioso positivo o negativo che sia sulla preparazione degli allievi. Dieffe si avvale di 240 collaborazioni stabili fra insegnanti, tutor personale di segreteria e amministrativi.

Sullo scottante tema di dove tutti questi microbirrai abbiano imparato il mestiere, il Direttore Generale di Dieffe ci dice: “L’Italia è un paese con una grandissima cultura enogastronomica, che, in questi ultimi anni è molto cresciuta. Da questo punto di vista l’italiano ama la bellezza e la bellezza educa. Questo processo, grazie a molti esperti che in questi anni si sono prodigati per primi a reinterpretare il settore, ha cambiato radicalmente gli usi degli italiani per quanto riguarda la Birra: è passata da bevanda da accompagnare ghiacciata con la pizza al posto della coca cola a bevanda da accompagnare con formaggi, piatti di carne entrando a pieno titolo nella grande cucina italiana. Da questo punto di vista, a mio sommesso parere, il fenomeno della crescita dei brew pub e della crescita dei microbirrifici sono due fenomeni diversi: l’uno forse più modaiolo, l’altro destinato a cresce sempre di più in quanto affonda le sue radici in quell’aspetto culturale che fa eccellere la produzione italiana, invidiata sia dai cugini d’oltralpe che dai grandi maestri bavaresi”.

Infine, sul background dei microbirrai dai soli fattori dell’autoapprendimento o dell’homebrewing, Federico Pendin è drastico: “Anzitutto va osservato che non esistono scuole. Non a caso l’attuale sistema vive e respira molto di quella generazione che frequentò la scuola per tecnici birrai istituita da fabbrica birra Pedavena che rimase attiva per pochi anni. In questo senso l’aver istituito in Dieffe un percorso che conduce a una qualifica professionale, nel tempo, lascerà il segno. Detto ciò i nuovi maestri birrai sono essenzialmente autodidatti, o, nella migliore delle ipotesi, formatesi all’estero con percorsi brevi di qualche settimana. Questo è un settore dove ci sono più microbirrifici che maestri birrai e imparare il mestiere non è facile anche un po’ perché gli operatori custodiscono gelosamente, molto più che in latri settori, buone prassi e conoscenze. A ciò si aggiunge il fatto che gli impianti sono complessi ed errori possono comportare danni economici di non poco conto sono poco adatti a essere dati in uso a principianti.

Basti pensare che nei primi corsi la fase più difficile da gestire è stata lo stage: c’erano pochissimi microbirrifici disposti a ospitare allievi in stage, per mancanza di tempo e perché non volevano disperdere il know how. Quelli che hanno accettato sono i microbirrifici che sono cresciuti di più in quanto invece di partire dall’ipotesi che non si può sbagliare hanno cominciato a considerare l’ipotesi che “sbagliando si impara”. Per questo Dieffe e si è attrezzata con un impianto di piccolissime dimensioni (20 litri) propedeutico a quello più importante da 200 litri: quando si fanno le prime cotte, se ci sono difetti si analizzano al microscopio cercando di individuare che cosa è andato storto, questo permette di imparare. Quando la cotta viene bene su quello piccolo si passa a quello grande. Altro fattore fondamentale è che chi impara possa mettere le mani sull’impianto, non è sufficiente guardare come fa il maestro. Guardando uno che lavora non si impara, questo è, a mio avviso, l’errore che fanno molte scuole all’estero che ho potuto visitare.

Altro aspetto su cui alcuni corsi all’estero puntano sono le ricette: in Dieffe ne insegnano 9 corrispondenti a differenti stili di birra, ma insegniamo soprattutto il metodo. Le ricette si imparano lavorando, il metodo si impara a scuola.  Però c’è un ulteriore e più importante aspetto a rendere critica l’impresa di chi dovesse cimentarsi sul “fai da te”: le basi teoriche necessarie sono molto più ampie che in altri settori del comparto enogastronomico: la chimica in primis, come si suol dire il vero maestro birraio è il lievito. Questo ha spinto Dieffe alla realizzazione di un laboratorio di chimica e a nominare presidente del comitato scientifico dell’accademia birrai artigiani un professore ordinario di Chimica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. In questo senso l’improvvisazione può condurre a risultati rocamboleschi da parte di chi vuol “cavalcare l’onda” sfregiando il lavoro fatto da chi, invece, ha fatto della qualità e della competenza le leve di forza di questo rilancio della birra artigianale. In merito poi all’aggiornamento di chi è già maestro birraio, Dieffe ha una collaborazione con la scuola DOEMENS di Monaco circa la didattica e la modalità di sviluppare le lezioni e organizza con Doemens dei seminari qui in Italia.

LA PAROLA AI BIRRAI

A questo punto, penso sia essenziale dare la parola ai nostri birrai, vero? Comincio dal ligure Fabrizio Leo di Birra Leo, diplomato come Mastrobirraio presso la Technische Universität e la VLB (Versuchs-und Lehranstalt für Brauerei) di Berlino.

Kuaska a Leo: Parlaci della tua esperienza da aspirante birraio e poi da birraio.

Leo: La mia formazione inizia nel 2002 quando ho cominciato i miei viaggi in Germania dove come “garzone a bottega” andavo a lavorare in cambio di vitto e alloggio e dove ho respirato per la prima volta quello che significa produrre birra, nella sua semplicità e genuinità. Durante uno di questi viaggi sono venuto a conoscenza del corso per mastrobirrai tenuto presso la VLB Institut di Berlino e la decisione di partecipare è stata fulminea. Oggi dopo più di 10 anni posso dire che è stata, professionalmente parlando, la più forte e difficile esperienza che abbia fatto, ma assolutamente molto formativa, oltre alla pratica che svolgevo presso la Lindenbrau in Postdamer Platz, sempre a Berlino. Durante gli studi vengo contatto da più birrifici in Italia e appena diplomato vado giù in Puglia per seguirne uno nella sua start-up e contemporaneamente comincio a collaborare con un’azienda austriaca costruttrice di impianti. Da lì è stata un’escalation di consulenze, affiancamenti, start-up che hanno regalato a me soddisfazioni personali e ai birrifici che ho seguito soddisfazioni commerciali.

Kuaska: Fabrizio, Il settore delle microbirrerie e dei brewpubs continua a crescere vertiginosamente. Ma tutti questi microbirrai dove hanno imparato il mestiere?

Leo: Non esiste il mestiere del Birraio vero e proprio in Italia, perché non esiste una formazione coordinata e permanente. Esistono diverse situazioni, più o meno complicate, più o meno surreali, in cui c’è qualcuno che pensa di cavalcare un trend commerciale come quello di produrre birra, senza sapere assolutamente niente della produzione o peggio neanche della degustazione delle birre e quindi del prodotto in sé. E chi si affaccia a questo mondo in modo così sconsiderato sono sia grandi imprenditori che persone semplici, per lo più homebrewers, che seguendo un sogno pensano di cambiare vita oppure fiutando l’opportunità di fare business, ma l’errore è sempre lo stesso: sottovalutare il lavoro e di conseguenza la formazione, la scelta dell’impianto più idoneo e il suo dimensionamento, ma soprattutto, anche se il campo non mi compete, la sua commercializzazione.

Il risultato è sempre lo stesso, sia per chi investe milioni oppure poche decine di migliaia di euro: mediocre. C’è sempre un’aura di supponenza di chi si accosta al mondo della birra. E’ come se stesse pensando: “se lo fa lui, figurati io”, “Ma sì, basta solo una bella bottiglia”, e così via. Cambiate registro oppure chiuderete in poco tempo. Esistono homebrewer diventati poi birrai riconosciuti e internazionali, ma quelle sono eccezioni, altrimenti avremmo quasi 800 professionisti solo in Italia. Insomma anche Teo Musso, Agostino Arioli e Leonardo di Vincenzo, hanno affinato le loro tecniche studiando e facendo esperienze, perché per gli altri ci dovrebbe essere una scorciatoia? Da dove vengono, come si formano, chi assicura il loro aggiornamento? Homebrewer, imbianchini, idraulici, webdesigner, ingegneri e via dicendo. Come si formano non ne ho idea… o meglio come non si formano. La risposta è sempre la stessa: non c’è formazione. Alcuni venditori di impianti promettono corsi da “mastrobirraio” in 2 giorni oppure in una settimana. Diffidate!! Io in 2 giorni di corso, che svolgo nel mio birrificio, riesco a malapena a spiegare la teoria della produzione del mosto e a mostrare come funziona un impianto, figurarsi formare un birraio o un “mastrobirraio”. Infatti lo indico come “Corso di Produzione Base”.

Kuaska: Ultima domanda: possibile che ci sia solo dell’autoapprendimento o dell’homebrewing?

Leo: So che adesso le Università si stanno organizzando con corsi una settimana o con corsi universitari in cui si affronta la teoria della produzione. Non è abbastanza: questo è anche un lavoro molto pratico, dove “ci si sporca le mani” e a volte la pratica vale più della grammatica. Personalmente a chi mi chiede una consulenza non mi impegno per meno di 3 mesi, per un affiancamento e una formazione appena sufficiente che possa dare un minimo di indipendenza.

Ed ora alcuni grandi protagonisti della “italian craft beer revolution” a cominciare da Teo Musso fondatore di Baladin

KUASKA A TEO MUSSO : Che formazione hai avuto e/o dove hai “imparato il mestiere”?

Teo: mi sono formato a livello di conoscenza del tema birrario inizialmente come somministratore e appassionato curioso. A Le Baladin venivano servite un numero impressionante di birre in bottiglia che spaziavano in un’ampia scelta di stili e marchi. Tanti appassionati hanno esplorato il mondo delle birre artigianali attraverso la mia proposta (credo che Luca Giaccone stesso lo dica a volte riferendosi ad un’esperienza personale…). La formazione come mastro birraio ha, come sai, una duplice origine. La scuola di ispirazione è quella belga ed è proprio in Belgio che feci le mie prime esperienze come birraio. Il mastro birraio che per primo mi aprì le porte del suo birrificio per trasmettere l’arte brassicola fu Jean-Louis Dits della Brasserie à Vapeur. Jean-Louis ha un rapporto speciale con i suoi prodotti, quasi poetico e io appresi oltre alle basi pratiche che la birra è l’estensione della persona che la produce, una parte della sua anima. L’altra esperienza di carattere più tecnico la devo alla conoscenza di Christian Vanhaverbeke, responsabile di produzione della Brasserie d’Achouffe. Da lui imparai come la birra sia fatta anche di numeri proprio grazie a questa esperienza di lavoro. Fu molto importante per il percorso di crescita del mio birrificio.

Kuaska: Come provvedi al tuo aggiornamento?

Teo: l’aggiornamento lo faccio attraverso il confronto con il gruppo di lavoro del birrificio che ha competenze sempre più ampie e specifiche. Lo faccio affidando progetti di ricerca a strutture esterne che con me non condividono solo risultati del loro lavoro. Lo faccio confrontandomi con colleghi italiani ed esteri con cui condivido i risultati di tecniche applicate, di scelte di ingredienti, di tecnologie acquisite. Lo faccio analizzando il passato e le tecniche di produzione utilizzate nel corso della storia ma ovviamente riviste in chiave moderna. Ci tengo a dire come in effetti sia importante creare degli addetti al lavoro professionalmente preparati attraverso un percorso di studio mirato. Nei progetti legati al nuovo sito produttivo, è prevista la realizzazione di un micro impianto di produzione collegato con un’aula didattica. L’idea è di creare i presupposti per una formazione teorico/pratica concreta. L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha firmato una lettera di intenti per utilizzare questo spazio didattico come sede esterna del Master in Alto Apprendistato per mastri birrai. La mia ambizione è quella di creare un luogo di cultura che anche altre realtà potranno sfruttare e che possa essere un’aula di docenza in cui mastri birrai di provata esperienza e provenienza, possano concretamente portare la loro testimonianza ai futuri mastri birrai.

Passo al friulano Gino Perissutti del Birrificio Foglie d’Erba che dalla sua Carnia sta riscuotendo apprezzamenti e simpatia.

Kuaska: Dove hai imparato il mestiere?

Gino: “imparato il mestiere” è asserzione pesante…diciamo che ci sto studiando sopra. Più precisamente, posso aggiungere che, vivendo in un luogo così appartato e penalizzato del punto di vista dei movimenti, non ho potuto, inizialmente, frequentare molto  colleghi e birrifici per profiqui scambi di idee ed applicazione pratica sul campo. L’infarinatura è arrivata grazie ad una quindicina d’anni di lavoro al mio locale, vendendo birre di ogni stile e da tutto il mondo, esperienza che mi ha permesso di conoscere bene i dogmi della maggioranza tra gli stili. Alcuni viaggi in giro per l’Europa brassicola a rompere discretamente le scatole qua e là hanno di certo aiutato. Successivamente, parlo dei primi anni duemila, ho notato i primi kit per l’homebrewing, saltandoli a piè pari e buttandomi a capofitto nella birrificazione casalinga con la tecnica del cosiddetto “all grain”, armato di tanta passione, oramai il tarlo si era insediato in maniera definitiva ed indelebile, buona volontà e consapevolezza che di notte non riuscivo più a dormire (ora ancor meno…). La cucina dell’albergo di famiglia era di notte tutta mia ed avanti con l’alchimia…sorvolo sui primi risultati per rispetto tuo e dei lettori…poi, in un gentile aprile ormai remoto, dopo l’esplosione di una “boccia” di lievito che ha maculato l’allora bar del ristorante in maniera definitiva (ogni tanto, quando ho il sospetto che una birra mi stia venendo bene, vado ad osservare le macchie sul soffitto per tornare coi piedi per terra…) una Bohemian Pilsner (!!!) è venuta buonissima, l’ho finita in due giorni (10/15 litri…siamo in Friuli) per pigliare coraggio e mi son detto: “figliolo – non avevo ancora i capelli brizzolati – , da domani sarai un birraio”.

Da li è iniziato il solito e triste iter burocratico/finanziario (prosegue tuttora e temo mai finirà in questo Benedetto Assurdo Belpaese) e dopo alcuni anni (2.008, l’altro ieri) ho acquistato il primo impianto da 180 (hai letto bene…) litri. Il resto è la mia piccola storia, tanti anni con decine e decine di cotte sulla bestia fumante e scottante, bellissime amicizie nate con colleghi, appassionati, degustatori e publican che mi hanno insegnato e continuano ad insegnarmi moltissimo, studio costante, soprattutto sulle pubblicazioni dell’Association of Brewers americana, viaggi in festival e birrifici per scambi e collaborazioni e l’attuale impianto da 2.200 litri nel nuovo stabilimento;

Kuaska:  come ti tieni costantemente aggiornato?

Gino: Riguardo all’aggiornamento, penso di aver in parte risposto sopra. Io amo molto sperimentare, cercando di non stravolgere le ricette che ho man mano affinato e personalizzato nel corso degli anni. Lavoro soprattutto sulla tecnica della luppolatura a freddo, cercando di domare rischi e potenziale aromatico che i grandi luppoli di impatto possono conferire. Diciamo che, oltre al non smettere mai di variare alcuni passaggi tecnici volti a migligirare dettagli nella fase di birrificiazione a 360 gradi, parlo molto coi colleghi, cercando di captare qua e la dettagli, trucchi e segreti. Tra noi c’è molta condivisione e consapevolezza che la birra non l’abbiamo cero inventata noi e che solo condividendo il poco che ognuno di noi ha appreso potremo continuare a gettare solide basi al nostro bel movimento italiano. Il resto è tanto studio su pubblicazioni, libri e web.

Giovanni Campari, come tutti sanno, è il birraio e l’anima del parmense Birrificio del Ducato, uno dei birrifici più premiati d’Europa.

Kuaska: Giovanni, parlaci della tua esperienza

Giovanni: Nel 2005 mi sono laureato all’Università degli Studi di Parma in Scienze e Tecnologie Alimentari con una tesi di microbiologia. Durante gli ultimi anni di università mi sono dedicato assiduamente ai miei esperimenti di homebrewing che, dopo un paio di kit, mi sono cimentato direttamente col metodo all grain; ricordo che i miei weekend erano divisi tra stadio e cotte casalinghe. Quando conobbi per caso Manuel ed Emanuele (miei futuri soci al Birrificio del Ducato, Manuel tuttora presente) fu proprio allo stand di Unionbirrai nel novembre 2005 al November Pork di Sissa (PR) dove, in qualità di homebrewer, spiegavo alla gente come si faceva la birra e sfatavo i luoghi comuni (quella lunga opera di alfabetizzazione birraria che ancora oggi siamo chiamati a fare). In seguito alla fondazione della società, trascorsi un periodo di formazione di 5 mesi al Birrificio Italiano di Lurago Marinone (CO) dove feci moltissime cotte su un impiantino da homebrewer e iniziai ad apprendere un metodo di lavoro da Agostino e Maurizio (i birrai). Successivamente, a partire dall’estate 2006, diressi i lavori per la costruzione del birrificio a Roncole Verdi (PR) e a novembre iniziai a fare le prime cotte di prova anche se l’autorizzazione a produrre la ottenemmo soltanto il 27 marzo 2007. Da lì in avanti ho fatto moltissima esperienza “sulla mia pelle”, tanti viaggi (alcuni insieme a te), mi sono confrontato con moltissimi birrai e continuo ancora a farlo perché in questo mestiere c’è ancora tanto che non si conosce e soprattutto ritengo che ci sia sempre da imparare dal confronto con altri birrai, persino con gli homebrewers.

Kuaska: Ti tieni aggiornato? E come?

Giovanni: Naturalmente mi tengo aggiornato, partecipo a convegni birrai (ultimamente più come relatore che come spettatore) e studio tutti i libri di tecnologia birraria che trattano di argomenti che ritengo interessanti. Un altro aspetto importante della mia formazione professionale è stata la formazione da degustatore, ritengo che l’analisi sensoriale sia di primaria importanza per un birraio, soprattutto per chi fa birre artigianali perché è sulla espressività olfattiva e gustativa che le nostre birre si distinguono da quelle mainstream.

Volevo farvi partecipi della storia di uno dei Birrifici che sta affermandosi a pieno merito, il Birrificio Rurale di Desio in Brianza. A tal fine ho intervistato Lorenzo Guarino, uno dei più bravi allievi del caposcuola Agostino Arioli che ha “allevato” birrai che poi hanno fatto carriera.

Kuaska: La tua storia, please

Lorenzo: La mia storia ricalca quella di molti altri colleghi.Il tutto nasce per la grande passione per le birre di qualità, che poi si è trasformata in passione per le birre artigianali italiane per poi abbracciare l’home brewing all’inizio degli anni 2000. La mia formazione scientifica (ingegneria) mi ha permesso di approfondire significativamente tutti gli aspetti produttivi non facendomi quindi fermare al mero aspetto pratico dell’homebrewing. Al momento del grande passo abbiamo deciso come società di investire in formazione presso il Birrificio Italiano

Kuaska: Come fai a tenerti aggiornato?

Lorenzo: Questo è un aspetto sul quale c’è grande margine di miglioramento, nel senso che la proposta formativa non è ampia per come vorrei. Partecipo ai corsi organizzato per i birrai da Unionbirrai qualora
l’argomento è di mio interesse, ma la mia formazione rimane ancora molto legata alle mie iniziative personali, soprattutto attraverso la lettura di testi in lingua, per lo più statunitensi. Non nego che guardando al medio termine c’è l’ambizione a partecipare ad un programma di formazione tipo quelli proposti da enti americani piuttosto che tedeschi.

Ora due interviste-lampo con l’abruzzese di madre svedese Jurij Ferri, birraio di successo del Birrificio Almond 22 e con il pioniere piemontese Sergio Ormea, fondatore e birraio del Birrificio Grado Plato.

Kuaska a Jurij Ferri: Che formazione hai avuto e/o dove hai “imparato il mestiere”?

Jurij: Ho studiato chimica e poi mentre praticavo l’homebrewing, studiavo testi di birrificazione industriale e di homebrewing .

Kuaska: Come provvedi al tuo aggiornamento?

Jurij: Compro testi su internet, mi confronto con colleghi tecnicamente preparati e tengo registri di tutte le produzioni (in modo da confrontare i risultati ottenuti da diversi lotti di produzione). Imparo dai miei errori, ne faccio tesoro e studio molto.

Passo la parola all’esperto SERGIO ORMEA.

Kuaska: Racconta ai nostri lettori la tua esperienza.

Sergio: Ho cominciato a fare birra in casa quando Internet e la monumentale attuale pubblicistica sull’argomento non esistevano. Con le scarne e scarse informazioni su materiale cartaceo che ero riuscito a leggere, in Italia nessuno sembrava fosse interessato all’argomento, ho cominciato a maltare l’orzo e a birrificarlo. Nel tempo ho continuato, con alterni risultati, a fare birra con fantasmagorici marchingegni autocostruiti. Nel frattempo nascevano i primi microbirrifici e con loro, parallelamente, una maggiore disponibilità di informazioni sul processo produttivo. Ho frequentato in seguito il primo corso del prof. Stefano Buiatti all’università di Udine ed un corso Unionbirrai a Cremona.

Kuaska: come ti tieni aggiornato?

Sergio: Mi aggiorno guardandomi attorno, leggendo su carta e su monitor, sperimentando, parlando con i colleghi e, qualche volta, viaggiando.Per dare una visione più completa ho intervistato anche la carissima e bravissima amica-allieva Mirella Amato, canadese di Toronto di chiare origini napoletane, degustatrice, giudice, autrice di libri e ora consulente ad alto livello.

Kuaska: Il settore delle microbirrerie e dei brewpubs continua a crescere vertiginosamente sia in Italia che in Canada ma i vostri dove hanno imparato il mestiere?

Mirella: In Canada, c’è una nuova scuola per birrai che ha aperto in 2011 a Niagara-on-the-lake (Niagara College Brewmaster and Brewery Operations Management). E un programma di due anni. C’è anche chi va a Heriot-Watt (Brewing and Distilling Bsc.)

Kuaska: Da dove vengono, come si formano, chi assicura il loro aggiornamento?

Mirella: Ho notato tre vie che i birrai in Canada seguono per imparare il loro mestiere. La prima via è lo studio, completando uno di questi due corsi. La seconda via è quella di imparare il mestiere come apprendista, lavorando nel birrificio prima nelle pulizie, poi come assistente al birraio etc… C’è anche chi comincia come homebrewer, imparando a fare birre da solo/a e poi decide di aprire un birrificio. Ognuno di questi percorsi ha i suoi vantaggi e risulta in diversi punti forti. Siccome c’è molto dialogo nel mondo dei microbirrifici, ognuno può poi imparare dai suoi colleghi che hanno seguito un percorso diverso ed hanno, perciò, conoscenze diverse.

Kuaska: Possibile che ci sia solo dell’autoapprendimento o dell’homebrewing?

Mirella: Si!

Chiudo con la nazione che ora sta dettando legge nel mondo delle birre, gli Stati Uniti dove le Craft Breweries sono diventate un esaltante fenomeno di costume e di cultura. E chi meglio di Bart Watson, Ph.D., Chief Economist della Brewers Association poteva essere più competente ed esaustivo?

Kuaska: Hi Bart, come si formano i birrai artigianali americani?

Bart: Alcuni sono homebrewers autodidatti, alcuni frequentano corsi formativi e altri imparano direttamente in una birreria prima di aprire la propria. Un sondaggio non rappresentativo completato presso la Auburn University ha rivelato come un terzo degli intervistati abbia conseguito un grado di addestramento nella produzione della birra, mentre due terzi non lo hanno fatto, hanno imparato il mestiere da autodidatti o l’hanno appreso sul posto di lavoro.

Kuaska: Per i futuri birrai che vogliono passare da corsi di apprendimento, esistono molte scuole?

Bart: Abbiamo un buon numero di scuole, trovate un elenco seppur parziale nel nostro sito:
www.brewersassociation.org/education/schools-organizations

Sono tante e sparse per tutto il paese grande protagonista di un’autentica rivoluzione culturale:

Per citare, infine i seguitissimi corsi del Beer Judge Certification Program e del Cicerone® Certification Program, Chicago, IL, nonché quelli del CraftBeer.com Beer 101 Course e del MBAA Beer Steward Certificate Program, St. Paul, MN.

Inoltre, da questo interessantissimo sito scopriamo scuole per birrai nel Nord America, al di fuori degli Stati Uniti come, in Canada l’Olds College Brewery: Brewmaster & Brewery Operations Management, Alberta e il Niagara College: Brewmaster & Brewery Operations, Ontario, Canada e in Europa soprattutto nel Regno Unito: il Brewlab, University of Sunderland, Sunderland, UK il Campden BRI, Surrey, UK, l’International Center for Brewing and Distilling, Heriot-Watt University, Scotland, UK e l’Institute of Brewing & Distilling, London, UK. Notissima in Germania, con corsi pure in italiano, la Doemens Academy di Monaco di Baviera così come VLB Berlin e, forse la più famosa di tutte, Weihenstephan di Freising mentre in Scandinavia troviamo The Scandinavian School of Brewing, Copenhagen, Denmark.

 

Articolo a cura di Lorenzo Dabove (in arte Kuaska) Degustatore birre, Giudice Internazionale e Responsabile Culturale MO:BI – Servizio tratto da Guidaonline Microbirrifici 2016 pubblicata da Beverfood.com Edizioni

per il download della guida completa:
www.beverfood.com/downloads/guidaonline-birre-artigianali-microbirrifici-brewpub-beerfirm-italia/

Tutti gli articoli di Kuaska:

2014 – IL CRESCENTE FENOMENO DELLE “BEER FIRM”, BIRRIFICI SENZA BIRRIFICIO

2013 – DEFINIZIONE E PERCEZIONE DELLA BIRRA ARTIGIANALE IN ITALIA

2012 – FOCUS SULLA BIRRA ARTIGIANALE NEI PAESI SCANDINAVI

2012 – BIRRE ARTIGIANALI MADE IN ITALY: LO STRETTO LEGAME COL TERRITORIO

2011 – IL BOOM DELLE BIRRE BARRICATE SULL’ASSE AMERICA/ITALIA

2009 – BIRRE PER SPIRITI LIBERI – BIRRE STRANE? NO! BIRRE GENIALI, CREATIVE ED ORIGINALI, “TIPICHE” DEL NUOVO MADE IN ITALY!

2008 – THE THRILLING ADVENTURE OF THE AMERICAN “RENAISSANCE”

2008 – L’ESALTANTE AVVENTURA DELLA RENAISSANCE AMERICANA

2006 – BIRRA IN CUCINA

2006 – BIRRA ARTIGIANALE: DIECI ANNI DOPO LA NASCITA DEL “MADE IN ITALY”

2005 – IL BOOM DELL’ HOMEBREWING IN ITALIA

2004 – LAMBIC: L’ANELLO MANCANTE TRA LA BIRRA E IL VINO

2004 – INTERVISTA CON IAIN LOE, CAMRA (CAMPAIGN FOR REAL ALE)

2002 – L’INCREDIBILE SUCCESSO DELLA BIRRA ARTIGIANALE IN ITALIA

2001 – LA DEGUSTAZIONE DELLE BIRRE

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