Documento pubblicato da Braubeviale 2011 www.brau-beviale.de
SOMMARIO: Quasi 40 anni fa il Club of Rome mise in guardia sui ‘Limiti della crescita’. Considerando l’aumento della popolazione mondiale, l’industrializzazione, l’inquinamento ambientale, il consumo di materie prime e la produzione di alimentari, gli autori dello studio avevano previsto che in un prossimo futuro questo sviluppo avrebbe raggiunto i suoi limiti. Indipendentemente da quanto siano valide le critiche alla crescita fatte dal Club of Rome in relazione all’ecologia o le critiche di parere opposto, questo tema ha assunto una nuova attualità in seguito alla crisi economica degli anni 2008/2009, quando la costante crescita economica del decennio precedente era sfumata nel giro di pochi mesi. Secondo le stime della Banca Mondiale, nel 2009 l’economia della zona Euro si è ridotta di un quattro percento abbondante rispetto al 2008 (misurando sulla base della parità del potere d’acquisto). È vero che nell’anno passato si è lievemente ripresa raggiungendo una crescita dello 0,7 percento (Banca Mondiale) la quale nel 2011 potrebbe salire all’1,3 percento. Tuttavia la crisi è stata indubbiamente un colpo duro che ha messo in luce le debolezze fondamentali dell’economia. Come si muove l’industria delle bevande in questo nuovo contesto?
Riferimento temporale: Maggio 2011
MERCATO INTERNO DELL’EUROPA: I LIMITI DELLA CRESCITA DEL CONSUMO DI BEVANDE
Il calo demografico in Europa è inarrestabile. Nella maggior parte dei paesi che si sono industrializzati per primi, p.es. la Germania o la Francia, la popolazione sta invecchiando e calando di numero. Si prevede che entro il 2050, nonostante l’immigrazione da altri paesi, il numero degli europei (comprese la Russia e l’Ucraina) diminuirà complessivamente di 41 milioni scendendo dai 732 milioni di oggi a 691milioni. Il numero degli ultra 64 enni salirà invece nettamente di ben 70 milioni passando da 119 a 189. Allora un europeo su quattro sarà più vecchio di 65 anni. Oggi lo è solo uno su sei
(UN Secretariat World Population Prospects, marzo 2010).
I produttori di birra europei non si stancano di farlo notare, anche se gli investitori e gli analisti non vogliono ascoltare: in Europa l’equazione ‘Crescita del prodotto interno lordo = Crescita dei consumi’ non quadra più da anni. Nella maggior parte degli stati membri dell’Unione il consumo di alcolici è in diminuzione, come ha constatato compiaciuta la WHO nel 2010. L’Organizzazione mondiale della sanità cita motivi demografici ma anche socioculturali e non da ultimo mutamenti delle abitudini di consumo. Le fasce della vodka, della birra e del vino, un tempo così tipiche per l’Europa, oggi non sono più così nette. Nei paesi nordici si apprezza sempre più il vino, nei paesi meridionali invece il consumo di vino è in diminuzione mentre la birra è in lenta avanzata.
Uno sviluppo simile si registra anche nella maggior parte dei paesi dell’Europa Centrale e dell’Est. In Russia molti consumatori sono passati dalla vodka alla birra tanto che nel 2007 il consumo di birra ha quasi raggiunto la vetta degli 80 litri pro capite. Da allora però il consumo di birra è in diminuzione: nel 2010 è sceso sotto a 70 litri (Carlsberg Group, febbraio 2011) e si ritiene che le cause siano la crisi economica e l’aumento della tassa sulla birra.
La Carlsberg e la Baltika Breweries, sua affiliata, prevedono che nel 2011 la produzione di birra crescerà dal due al quattro percento. Tuttavia è incerto che la magica soglia degli 80 litri possa essere mai superata se la Duma, ovvero il parlamento russo, attuerà sul serio la sua politica severa sul consumo di alcol.
Una cosa è sicura: nella maggior parte dei paesi europei il consumo di alcol è in diminuzione. Parallelamente i birrai europei vedono assottigliarsi notevolmente i loro profitti. La società di consulenza economica KPMG ha affermato qualche tempo fa che l’eccesso delle capacità attualmente esistenti in seguito alla recessione delle vendite e il frequente impiego della birra per campagne pubblicitarie straordinarie esercitano una forte pressione sui prezzi di vendita. Da allora le cose non sono cambiate e sta risentendo dell’indebolimento dei profitti persino l’industria delle bevande europea, le cui cifre di vendita hanno avuto spesso un andamento verso l’alto. Per migliorare la situazione si devono adeguare in primo luogo i costi. Questo però è alquanto difficile poiché il gruppo delle spese fisse nelle aziende che producono alimenti è sproporzionalmente elevato a causa dell’intensità di investimento. L’imperativo dell’ora è il ‘downsizing’ che i produttori di bevande e di birra europei hanno ribattezzato ‘rightsizing’ ovvero ‘portare alle dimensioni giuste’. Le idee per rendere più snella la propria azienda non mancano.
MA IL ‘RIGHTSIZING’ SIGNIFICA ANCHE AUMENTARE L’EFFICIENZA.
L’industria tedesca che produce macchine ha riconosciuto ben presto che l’efficienza energetica è uno dei megatrend dei nostri tempi. Questo settore è una delle ‘speranze in vista della fine dell’era del petrolio’ commenta la Deutsche Bank. Secondo quanto dichiara il World Economic Forum nel suo rapporto sui rischi globali 2011, nei prossimi 20 – 30 anni la risorsa più ingente nel settore dell’energia sarà l’efficienza energetica.
LA CRESCITA VERDE
La riduzione del consumo di energia è solo una parte dei cosiddetti obiettivi 20-20-20 dell’Unione Europea: entro il 2020 la UE vorrebbe ridurre le emissioni di CO2 del 20 percento (rispetto al 1995) e aumentare la quota delle energie rinnovabili e l’efficienza energetica del 20 percento. Ma naturalmente adottare queste misure è spesso complicato, gravoso e richiede tempo. L’industria europea della birra si è posta obiettivi ambiziosi in questo senso. Nel dicembre 2010 i birrai inglesi hanno annunciato che entro il 2020 vogliono ridurre le loro emissioni di CO2 del 17,5 percento il che, riferito all’anno 1990, significherebbe una riduzione del 67 percento. Gli inglesi vogliono essere all’avanguardia anche per quanto riguarda il consumo di acqua. Sempre entro il 2020 vogliono ridurlo a quattroettolitri per un ettolitro di birra. Questo corrisponderebbe ad una riduzione del 42 percento rispetto al 1990. I maggiori produttori di birra internazionali non sono da meno. Nel marzo 2011 la Anheuser-Busch InBev che è la più grande produttrice di birra del mondo, ha dichiarato che in tutti i suoi 133 stabilimenti di produzione intende ridurre il consumo di acqua da 4,04 hl/hl birra del 2010 a 3,5 hl/hl birra nel 2012. Altri birrai perseguono obiettivi analogamente ambiziosi.
In futuro però non si tratterà solamente di consumare meno acqua o di emettere meno CO2 quanto piuttosto di riuscire ad ottimizzare ogni fase della produzione. Questo significa fra l’altro aumentare l’impiego di energie rinnovabili, ridurre o evitare la produzione di rifiuti, diminuire il peso di confezioni e usare le materie prime in maniera più efficiente. In tal modo le aziende non solo potrebbero proteggere l’ambiente ma anche aiutare se stesse a gestire processi di produzione razionali ed ottimizzati, hanno scritto i consulenti d’azienda di Roland Berger (Green Growth, Green Profit, 2010). In altre parole: contenendo i costi e aumentando l’efficienza le aziende migliorano la loro situazione di generare profitti assicurandosi in più l’approvazione della società. In breve: guadagnano vantaggio sul lato della sostenibilità. Quando nel 1987 fu pubblicato il rapporto della commissione Brundtland (Our Common Future), la sostenibilità era un neologismo noto solo a gruppi di opinione marginali. Oggi la maggior parte dei gruppi produttori di birra o bevande quotati in borsa pubblica informazioni sulle proprie politiche di responsabilità sociale e sull’impegno per la sostenibilità. Il concetto di sostenibilità è ormai parte della coscienza pubblica. La sostenibilità è un concetto legato inscindibilmente alla globalizzazione, ha affermato nel 2010 l’ex ministro per la ricerca Volker Hauff. Se non si terrà presente la sostenibilità, la crescita delle aziende produttrici di birra e bevande raggiungerà i suoi limiti prima del previsto. Nell’industria oggi la sostenibilità è un compito di cui ci si occupa a livello di quadri dirigenti e della cui necessità si deve essere chiaramente convinti. Non si tratta di fare doni a circoli sportivi o di salvare qualche ettaro di foresta amazzonica. Si tratta di competenze e responsabilità chiave delle aziende per i loro prodotti, processi e servizi. È in relazione a questo che si misura la sostenibilità. La rinuncia dell’economia mondiale agli sprechi di risorse che danneggiano l’ambiente e l’obiettivo di una produzione sostenibile e rispettosa dell’ambiente sono i megatrend della nostra epoca (Roland Berger). E questa è una strada senza ritorno.
LA BRAU BEVIALE 2011
La Brau Beviale 2011 sarà quest’anno a livello internazionale il più importante salone dedicato ai beni d’investimento per l’industria delle bevande. Dal 9 all’11 novembre, al Centro Esposizioni di Norimberga oltre 1.300 espositori (2010: 41 % internazionali) presentano una vastissima offerta di materie prime di alta qualità per bevande, tecnologie innovative, logistica efficiente e idee di marketing dinamiche. I 32.000 visitatori attesi (30 % internazionali) fanno parte del management tecnico e commerciale dell’industria delle bevande europea. Nel 2010 oltre tre quarti degli espositori hanno potuto gradire la visita di rappresentanti di fabbriche di birra, il 42 % (sondaggio con possibilità di risposte multiple) ha suscitato l’interesse di produttori di bevande rinfrescanti, seguiti da confezionatori di acqua minerale (37 %) e produttori di succhi di frutta (34 %). L’apprezzatissimo mix di presentazioni professionali e di incontri personali che caratterizza questa manifestazione convince fra l’altro con investimenti di partecipazione moderati, alta efficienza delle tre giornate fieristiche dal denso contenuto specialistico e concentrate nel tempo, offerta completa, un intenso dialogo personale con i decision maker, date ideali …
+INFO: press@brau-beviale.de Petra Trommer – Franziska Weißbrodt – Tel +49 (0) 9 11.860683 2 – Fax +49 (0) 9 11.860682 56