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CAFFE’, ANTIOSSIDANTI E BENESSERE: NUOVE PROSPETTIVE


Materiali tratti dalla cartella stampa distribuita in occasione della conferenza stampa del 15-aprile-2008 organizzata da NFI, Nutrition Foundation of Italy – il Centro Studi dell’Alimentazione – con il supporto di caffè Splendid e Hag, sul tema “Caffè, antiossidanti e benessere: nuove prospettive” che si è tenuta a Milano il 15 aprile alla presenza di moltissimi giornalisti.

SOMMARIO: Caffè, antiossidanti e benessere: nuove prospettive – Antiossidanti nel caffè (a cura di Augustin Scalbert) – Ruolo del caffè nella salute umana (a cura di Francesco Visioli) – Il caffè: quanto come e quando lo consumano gli italiani – NFI – Centro Studi dell’Alimentazione, Nutrition Foundation of Italy

Rifer. temporale: 2008

1- CAFFÈ, ANTIOSSIDANTI E BENESSERE: NUOVE PROSPETTIVE

Elevato potere antiossidante grazie al contenuto degli acidi clorogenici, azione protettiva nei confronti dello sviluppo del diabete di tipo 2 e del morbo di Parkinson, rallentamento del naturale declino cerebrale nelle persone anziane, nessun effetto sfavorevole sul rischio cardiovascolare: sono queste le principali novità legate al consumo di caffè che emergono dai più recenti studi scientifici internazionali.

NFI, Nutrition Foundation of Italy – il Centro Studi dell’Alimentazione – ha fatto il punto della situazione insieme ad esperti internazionali: il professor Augustin Scalbert, Direttore del laboratorio di “Micronutrients, Metabolism and Biological Signatures” presso l’INRA Clermont-Ferrand e il professor Francesco Visioli della Nutrition Foundation of Italy e Direttore del laboratorio di “Micronutrienti e malattie cardiovascolari” presso l’Università di Parigi “Pierre et Marie Curie” evidenziano in particolar modo i numerosi benefici derivanti dal consumo di caffè, sottolineati dalla più recente letteratura scientifica, grazie al suo contenuto naturale di antiossidanti.

Il caffè rappresenta una delle bevande più bevute al mondo, con un consumo che, seppur molto variabile da paese a paese in quantità e modalità, oscilla tra i 12 kg pro capite annui della Finlandia ai circa 2 kg del Regno Unito e la Repubblica Ceca. L’Italia registra mediamente un consumo di caffè di 6 kg/annui a persona (fonte: International Coffee Organization). Nonostante questi dati però, c’è ancora oggi scarsa conoscenza sulle proprietà nutrizionali del caffè, e spesso l’attenzione del pubblico resta focalizzata esclusivamente sulla caffeina ed i suoi effetti sull’organismo. Dati di un’indagine condotta a livello europeo, infatti, mostrano che più dell’80% del campione non è a conoscenza degli elementi nutrizionali contenuti nella bevanda (fonte: GKF, gennaio 2007).

Il caffè è in realtà una delle fonti dietetiche più abbondanti in antiossidanti naturali, quelle molecole che rallentano o prevengono i danni da radicali liberi. Gli acidi clorogenici sono i principali composti ad azione antiossidante contenuti nel caffè e senz’altro i più potenti. Analizzati prima della torrefazione del chicco, risultano essere molto numerosi e di struttura diversa; i diversi processi di lavorazione, la temperatura, la macinazione ne riducono la presenza anche fino al 90% ma in ogni caso è possibile affermare che 100 ml contengono circa 250 mg di acidi clorogenici, una quantità rilevante.

Alcuni studi epidemiologici condotti in Olanda e Finlandia hanno evidenziato come il consumo di caffè, probabilmente grazie al contenuto in acidi clorogenici, si associ ad effetti preventivi nei riguardi di patologie oggi molto diffuse, come il diabete di tipo 2 ed il morbo di Parkinson.

Nel 2002 la rivista Lancet ha pubblicato uno studio condotto su un campione molto vasto di 17.000 uomini e donne olandesi dal quale è emerso che la probabilità di sviluppare diabete di tipo 2 fosse inferiore del 50% nei soggetti che consumavano quotidianamente un minimo di sette caffè al giorno rispetto a chi ne consumava solo due. Risultati confermati anche da uno studio clinico successivo, pubblicato due anni più tardi e realizzato in Finlandia su 14.000 soggetti osservati per un periodo di ben 12 anni: tra i consumatori di quantità molto elevate di caffè (10 tazze al dì) è stata riscontrata una riduzione del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 del 55% tra gli uomini, e del 79% tra le donne. Tali risultati sembrano dovuti ad un’azione protettiva che l’acido clorogenico e gli altri antiossidanti polifenolici attivano nei confronti dell’organismo: viene così inibito l’assorbimento del glucosio a livello intestinale ed aumentato il consumo energetico. Questi effetti sembrerebbero addirittura maggiori con il consumo di caffè decaffeinato. Uno studio pubblicato nel 2006 su Archives of Internal Medicine, infatti, che ha testato un campione di 29.000 donne in post-menopausa ha evidenziato che il consumo di 6 tazze di caffè decaffeinato al giorno può ridurre il rischio di diabete di tipo 2 del 33% contro il 21% del caffè normale.

L’azione antiossidante dei polifenoli contenuti nel caffè sembra avere inoltre un effetto positivo anche sull’incidenza di malattie neurogenerative, con particolare riferimento al morbo di Parkinson. Un effetto favorevole in tal senso potrebbe tuttavia essere attribuito anche alla caffeina. Le evidenze più significative a questo proposito emergono da uno studio condotto dal dottor Alberto Ascherio dell’Università di Boston su un campione di 300.000 soggetti: i dati riscontrati a livello molecolare mostrano come la caffeina riesca ad intervenire sulla tossicità dopaminergica, responsabile dei danni subiti dai neuroni della substantia nigra che regola gli impulsi all’attività motoria.

La letteratura scientifica riporta, inoltre, un numero sempre maggiore di studi che evidenziano la capacità del caffè di contribuire al mantenimento della funzionalità cognitiva. Da un recentissimo studio pubblicato nel 2007 sull’European Journal of Clinical Nutrition realizzato su un campione di 676 uomini sani nati tra il 1900 e il 1920 seguiti per un periodo di 10 anni è emerso che il declino cognitivo era circa dimezzato nei soggetti che avevano l’abitudine di consumare regolarmente tre tazze di caffè al giorno. Ad avvalorare la tesi del caffè che “fa bene al cervello” esiste anche uno studio presentato al meeting annuale della Psysiological Society nel 2006 secondo cui la caffeina sarebbe in grado di aumentare la frequenza di alcune onde cerebrali migliorando quindi memoria e apprendimento.

Ma i benefici di questa domanda sembrano avere effetti positivi anche sull’insorgenza di patologie epatiche degenerative. Uno studio apparso nel 2006 su Archives of Internal Medicine ha analizzato 125.000 soggetti e ha evidenziato che ogni tazza di caffè bevuta al giorno era associata ad una diminuzione del 22% del rischio di sviluppare cirrosi epatica. Una meta-analisi successiva ha anche esteso questi risultati ad altre gravi patologie come il carcinoma epatico.

“Consumato in dosi moderate e con costanza quotidiana, il caffè ha dimostrato di essere un aiuto importante nella prevenzione di patologie metaboliche e neurodegenerative. La sua presenza, quindi, all’interno della dieta di ogni giorno non solo influenza positivamente la sfera emotiva della persona ma può contribuire al benessere dell’organismo” ha affermato il dottor Andrea Poli, Direttore Scientifico di NFI. “Grazie soprattutto al contenuto naturale in acidi clorogenici, il caffè, anche decaffeinato, è tra le fonti dietetiche più abbondanti di antiossidanti. Il suo consumo permette di assumerne quantità significative, con favorevoli implicazioni sulla nostra salute” ha concluso Andrea Poli.

2 – ANTIOSSIDANTI NEL CAFFÈ A cura di Augustin SCALBERT
UMR 1019, Unité de Nutrition Humaine, INRA, Centre de Recherche de Clermont-Ferrand / Theix, 63122 Saint-Genes-Champanelle, France

Il caffè è una delle fonti dietetiche più abbondanti in antiossidanti. I principali composti ad azione antiossidante riscontrati nel caffè sono gli acidi clorogenici, formati dall’esterificazione di acidi fenolici (acido ferulico e acido caffeico) ed acido chinico. Il profilo in antiossidanti del caffè è particolarmente complesso: nei chicchi analizzati prima della torrefazione sono stati identificati, ad oggi, 45 acidi clorogenici di strutture diverse.

100 ml di caffè contengono circa 250 mg di acidi clorogenici, il più abbondante dei quali è l’acido 5-caffeoilchinico, spesso chiamato acido clorogenico in rappresentanza di tutta la categoria. Per chi beve regolarmente caffè, questa bevanda rappresenta la fonte principale di acidi clorogenici che, almeno in provetta, sono tra gli antiossidanti più potenti.Il contenuto di acidi clorogenici varia a seconda della varietà di caffè, della torrefazione e della sua preparazione. Ad esempio, gli acidi clorogenici sono di circa il 28% più abbondanti nella varietà Robusta che in quella Arabica.

Anche la torrefazione spinta può ridurne il contenuto del 67 o 90% rispetto a quella più leggera. I metodi di preparazione, la proporzione di caffè rispetto all’acqua, la temperatura, la macinazione, la caffettiera ecc. esercitano un’influenza importante sul risultato finale, in termini di antiossidanti. La caffeina contribuisce in modo scarsamente rilevante all’azione antiossidante del caffè; il processo di decaffeinizzazione può invece diminuire leggermente il contenuto in acidi clorogenici in esso contenuti.

Circa il 10% degli acidi clorogenici viene assorbito a livello intestinale e nello stomaco. Gli studi più importanti in questo campo sono stati condotti in Olanda, dal gruppo di Martijn Katan, che ha dimostrato, in pazienti ileostomizzati, come almeno due terzi degli acidi clorogenici del caffè vengano assorbiti a livello intestinale. Queste molecole si ritrovano poi nell’organismo sia in forma intatta sia in forma metabolizzata (metilata). La frazione che non viene assorbita raggiunge il colon dove viene idrolizzata ad acidi fenolici liberi (acidi caffeico e ferulico) che, a loro volta, sono assorbiti tramite la parete intestinale. Gli acidi clorogenici possono spiegare molte delle proprietà salutari del consumo di caffè, sia per le loro attività sia perché ne contrastano altre potenzialmente negative. Tra gli effetti principali del caffè vi è la possibile prevenzione del diabete di tipo II, che può essere messa in relazione al suo contenuto in antiossidanti.

Gli studi meccanicistici sono molto importanti per capire il meccanismo d’azione degli antiossidanti del caffè. È infatti probabile che la loro mera attività antiossidante non sia responsabile di tutti gli effetti che essi inducono, e che questi composti modulino le vie di segnale cellulare e l’espressione di geni che controllano percorsi metabolici implicati nello sviluppo di patologie croniche.

In effetti, data la elevata concentrazione di antiossidanti, sia enzimatici sia vitaminici, presenti nelle cellule, è molto probabile che gli effetti salutistici di quelli che vengono comunemente definiti antiossidanti siano in realtà dovuti alla stimolazione di meccanismi cellulari di difesa. Un esempio è quello dell’induzione di enzimi antiossidanti da parte dei composti fenolici che, in questo caso, avrebbero azione protettiva indiretta a livello cellulare. Altre attività riguardano il potenziale antinfiammatorio dei composti fenolici, compresi quelli del caffè.

In sintesi, il caffè, anche decaffeinato, rappresenta una fonte quantitativamente importante di composti bioattivi, comunemente chiamati antiossidanti, che esercitano attività molteplici con potenziali ricadute sulla salute umana.

3 – RUOLO DEL CAFFÈ NELLA SALUTE UMANA A cura di Francesco Visioli
UMR7079, Université Pierre et Marie Curie – Paris 6, Paris, France.

Caffè, tè, cacao, ed alcuni soft drinks sono spesso consumati per stimolare il sistema nervoso centrale. Si nota spesso confusione sugli effetti di queste bevande nell’ambito della salute umana. Se da una parte il consumo di queste bevande rientra nella tradizione alimentare italiana ed occidentale, si esprimono spesso preoccupazioni riguardo i loro possibili effetti negativi sulla salute. Il componente che si riscontra in tutti questi alimenti, infatti, è la caffeina, oggetto di decenni di ricerche.Nonostante il grande numero di dati scientifici ottenuti studiando le bevande menzionate in apertura, esiste ancora molta confusione tra il pubblico.

Per quanto riguarda il caffè, va subito sottolineato come il suo consumo vari grandemente tra i vari paesi, passando dai circa 12 Kg/anno pro capite della Finlandia ai poco più di 2 Kg/anno di Regno Unito e Repubblica Ceca. Questa variabilità rende difficile effettuare studi comparativi. Ciò nonostante, esistono dati solidi in letteratura che riguardano gli effetti del caffè sulla salute.

I dati più numerosi si riferiscono al rischio di sviluppare diabete di tipo II. Della decina di studi pubblicati fino ad oggi, circa il 70% dimostra come il consumo di caffè si associ a minor rischio di sviluppare questa patologia. Gli studi più completi sull’associazione inversa tra caffè e diabete di tipo II sono stati condotti in Olanda ed in Finlandia. Il primo studio, pubblicato su Lancet nel 2002 da van Dam e Feskens, ha preso in esame ben 17.000 uomini e donne olandesi ed ha rilevato come la probabilità di sviluppare diabete di tipo II fosse inferiore del 50% nei soggetti che consumavano almeno 7 tazze di caffè al giorno rispetto a chi ne consumava 2 o meno. Si tratta di quantità elevate, che possono essere raggiunte anche grazie al consumo di caffè decaffeinato nell’ambito della giornata.

Il secondo studio interessante è stato condotto in Finlandia, dove, come detto sopra, il consumo di caffè è il più elevato al mondo. In questo lavoro i ricercatori hanno seguito 14.000 soggetti per ben 12 anni ed hanno notato come uomini che bevessero almeno 10 tazze di caffè/die avessero un rischio di sviluppare diabete di tipo II inferiore del 55% a chi ne beveva 2 tazze/die o meno, confermando i dati dello studio olandese. Addirittura, le donne i cui livelli di consumo era dell’ordine delle 10 tazze/die avevano una probabilità di sviluppare il diabete di tipo II ridotta del 79% rispetto al gruppo di riferimento (Tuomilehto e coll, JAMA 2004).

Sono state proposte diverse spiegazioni per questo effetto protettivo, tra cui l’inibizione dell’assorbimento di glucosio a livello intestinale da parte dell’acido clorogenico e degli altri antiossidanti polifenolici presenti nel caffè. Altre ipotesi prevedono l’aumentato consumo energetico ed il controllo del peso corporeo.

Molto forte è anche l’associazione inversa tra il consumo di caffè ed il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative. In particolare, il caffè, tramite meccanismi ancora da studiare, previene significativamente il morbo di Parkinson. In quest’ambito, gli studi più avanzati sono stati condotti da un ricercatore di origine italiana, Alberto Ascherio (che lavora presso la Boston University), che ha seguito un ampia casistica (fino a 300.000 soggetti) ed ha registrato un effetto protettivo del consumo di caffè nei confronti del morbo di Parkinson. Pur con tutte le limitazioni del caso (questi studi, di natura osservazionale, devono essere confermati in altre popolazioni e da altri ricercatori), dati ottenuti a livello molecolare confermano un’attività della caffeina nei confronti dei meccanismi cellulari che portano al Parkinson, ad esempio prevenendo la tossicità dopaminergica, responsabile del danno portato ai neuroni della substantia nigra.

Per quanto riguarda un altro aspetto spesso dibattuto, quello che coinvolge la sfera salutistica femminile, dobbiamo sottolineare come livelli di consumo normali di caffè non si associno ad alcun effetto rilevabile sulla sfera riproduttiva (né sulla fertilità né sulla possibilità di incorrere in aborti spontanei), a livello della salute del seno o nei confronti dell’osteoporosi, anche se la caffeina interferisce in misura modesta con l’assorbimento del calcio.

Qualche precauzione va presa durante l’allattamento, in quanto la caffeina passa nel latte materno e può avere effetti sul ciclo del sonno e sull’appetito del bambino. In sintesi, le uniche precauzioni legate al consumo di caffè riguardano le gestanti e le donne in allattamento. Nel primo caso si deve tenere presente che la caffeina è liposolubile e passa alla placenta. Nonostante non esistano studi dedicati specificatamente a questo aspetto, si deve mantenere livelli di consumo moderato durante la gravidanza. Ovviamente, questi inconvenienti possono essere evitati consumando caffè decaffeinato nel periodo dell’allattamento ed in gravidanza.

In sintesi, le uniche considerazioni rilevanti riguardo gli effetti sulla salute umana del consumo di caffè sono da fare prendendo in esame il suo contenuto di componenti minori (polifenoli) e non altri componenti spesso ritenuti – a torto se ingeriti in quantità moderate – dannosi, quali la caffeina. La possibilità di utilizzare caffè decaffeinato, peraltro, rimuove anche alcuni ostacoli di ordine psicologico od oggettivo (ad esempio il consumo di caffè in ore serali) che spesso sono legati a questa bevanda così complessa.

4- IL CAFFÈ. QUANTO, COME E QUANDO LO CONSUMANO GLI ITALIANI

Il caffè è la terza bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua ed il vino. I Paesi scandinavi sono quelli dove si registra il consumo maggiore (circa 10kg all’anno a persona). L’Italia, con i circa 6kg annui pro capite, è uno dei paesi che registra i volumi più alti di consumo (è presente nel 90% delle famiglie italiane) con modalità diverse da quelle degli altri paesi. Mentre all’estero, infatti, il caffè è utilizzato come bevanda per accompagnare i pasti, nel nostro paese invece il suo consumo è legato a momenti specifici della giornata ed è apprezzato come sostanza che stimola il sistema nervoso.
I consumatori italiani bevono mediamente almeno una tazzina di caffè al giorno e, in generale, è possibile suddividere i consumi nel modo seguente: 84% a colazione, 53% in tarda mattinata, 28% nel primo pomeriggio, il 24% nel tardo pomeriggio, il 21% a cena o subito dopo cena e solo l’11% beve caffè in tarda serata. Più della metà degli italiani (il 57% circa) è solito sorseggiare caffè sia casa che al bar mentre il 29,6% sceglie il consumo esclusivamente tra le mura domestiche. Solo il 2,6% dei consumatori beve il caffè esclusivamente al bar in quanto sostenitore dell’espresso (fonte Plazanet 2006).
Una ricerca realizzata da Ispos-Novaction nel febbraio 2006 ha messo a fuoco quali sono le tipologie di caffè disponibili e le ha messe in relazione con i momenti di consumo e le sensazioni che le persone associano ad essi. Il mercato italiano propone tre diversi tipi di caffè: normale, decaffeinato ed istantaneo. Ognuna di queste categorie ha un consumatore ben definito che difficilmente è disposto a sostituire una tipologia con l’altra.
La categoria più ampia è quella di chi sceglie il caffè normale. Per loro il caffè è legato al momento del risveglio, deve avere un aroma intenso e ben definito e deve essere adatto anche per un consumo dopo pasto. Tra questi consumatori si distinguono anche quelli che prediligono nettamente il caffè del bar e amano gustarne più tazze al giorno e gradiscono anche a casa un caffè espresso, le persone che invece sono affezionate ad un particolare tipo di prodotto (che scelgono per la provenienza, per l’aroma o per la cremosità).

Coloro che invece scelgono il caffè decaffeinato sono persone che desiderano evitare la caffeina, perché ritenga possa influire sul loro stato emotivo, ma non vogliono rinunciare a questa bevanda. Ritengono che il decaffeinato sia infatti adatto a tutti e a qualsiasi momento della giornata, anche dopo cena.
Infine, l’istantaneo, nella versione caffè o cappuccino, viene scelto dai consumatori non per la praticità della preparazione ma perché ricercano una bevanda diversa che possa essere consumata anche in momenti non “canonici”.

5 – NFI –- NUTRITION FOUNDATION OF ITALY – CENTRO STUDI DELL’ALIMENTAZIONE

NFI –- Nutrition Foundation of Italy – Centro Studi dell’Alimentazione è un’associazione no-profit nata nel 1976 allo scopo di contribuire allo sviluppo della ricerca scientifica, allo scambio di informazioni in materia di alimentazione e nutrizione e alla promozione di ricerche interdisciplinari in questo settore attivando collaborazioni con gli organi istituzionali e governativi, le università e l’industria. A livello internazionale fa parte della Federation of National Nutrition Foundation (FNNF), costituita nel 1983 per favorire le sinergie ed il flusso delle informazioni fra tutte le NFI del mondo. L’associazione si propone di:

…Contribuire alla corretta informazione ed educazione alimentare degli operatori attivi nell’ambito nutrizionale e sanitario, degli opinion maker, del consumatore finale;
…Fornire consulenza scientifica all’industria alimentare, delle bevande e farmaceutica, in campo biologico-nutrizionale, tossicologico e tecnologico;
…Creare relazioni istituzionali e interagire con gli organi governativi ed amministrativi dello Stato e dell’Unione Europea, sia a livello nazionale che internazionale, per il settore alimentare e delle bevande.

attraverso le seguenti attività:

…Predisposizione di materiale informativo medico scientifico destinato alla stampa e all’opinione pubblica;
…Creazione e aggiornamento di siti internet dedicati alle tematiche principali più attuali in ambito nutrizionale;
…Organizzazione di convegni e corsi di aggiornamento sia per l’industria che per la comunità scientifica;
…Costituzione di commissioni per congressi, pubblicazione di periodici, convegni.

Per tutte queste attività NFI si avvale della consulenza di un Comitato Scientifico di Esperti di riconosciuta competenza nelle diverse discipline attinenti le aree della nutrizione che hanno legami con il comparto degli alimenti e delle bevande.

Presidente dell’Associazione è il Professor Rodolfo Paoletti, mentre la direzione scientifica è affidata al Dott. Andrea Poli, laureato in Medicina e Chirurgia, con una specializzazione in Farmacologia e con interesse specifico per la nutrizione umana. Con lui collaborano la Dott.ssa Franca Marangoni, laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, specializzata in Farmacologia con una competenza specifica nella ricerca nella nutrizione umana e il Prof. Franco De Marchi, laureato in chimica con grande esperienza in ambito farmaceutico e alimentare.

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa NFI – Nutrition Foundation of Italy Ketchum tel. 02 62411949; emanuela.dellisola@ketchum.it tel. 02-62411928; sara.smedile@ketchum.it tel. 02 62411945; laura.maini@ketchum.it

Per ulteriori approfondimenti sul tema caffè e salute consultare i seguenti siti:
www.nutrition-foundation.it
coffeescience.org
www.cosic.org

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