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Tesi di laurea di GIANLUCA ROMANO (lucvince@libero.it, cell. 3283292958)

facoltà e corso: ECONOMIA E COMMERCIO, Corso Di Merceologia Delle Risorse Naturali

Relatore: Prof.ssa Michela Specchiarello

SOMMARIO: Indice – Introduzione – Abstract – Bibliografia

Rif. temporale: anno accademico: 2003/2004

Indice

INTRODUZIONE.

CAPITOLO PRIMO

L’ACQUA. 1.1 Una risorsa naturale rinnovabile
1.1.1 Caratteristiche chimico–fisiche
1.1.2 Il ciclo naturale dell’acqua
1.2 Classificazione legislativa dei vari tipi di acqua
1.3 Acque destinate al consumo umano
1.3.1 Parametri di controllo del D.Lgs 31/2001 (acque destinate
al consumo umano)
1.4 Acque minerali
1.4.1 Nuovo Decreto Legge 29 Dicembre 2003 in attuazione
della Direttiva 2003/40/CE (Revisione dei Parametri
sulle acque minerali e regolamentazione del
trattamento con aria arricchita di ozono)
1.5 Acque di sorgente
1.6 Aspetti ambientali
1.6.1 Controlli e prelievi

CAPITOLO SECONDO

ANALISI DEL MERCATO “LA DOMANDA DI ACQUA IN BOTTIGLIA”. 2.1 Evoluzione dei consumi mondiali ed europei
2.1.1 Caso italiano
2.2 Il ciclo di vita del prodotto
2.3 Concorrenza dei prodotti sostitutivi
2.4 I criteri di acquisto del consumatore
2.5 Il packaging

CAPITOLO TERZO

ANALISI DEL MERCATO “L’OFFERTA DI ACQUA IN BOTTIGLIA”.
3.1 Il mercato delle acque in bottiglia
3.1.1 L’evoluzione del mercato
3.1.2 Le quote di mercato
3.1.3 Le barriere all’entrata
3.1.4 Le strategie delle imprese
3.1.5 Classificazione merceologiche delle acque in bottiglie
3.1.5.1 Classificazione in base alla gasatura
3.1.5.2 Classificazione in base al tipo di contenitore
3.1.6 La logistica
3.1.7 Il marketing mix
3.2 Lo stabilimento di imbottigliamento
3.2.1 Aspetti tecnici impiantistici dell’imbottigliamento
3.2.2 I sistemi di ispezione e controllo in linea
3.3 Un nuovo tipo di offerta: acqua in boccioni
3.3.1 Mercato Europeo
3.3.2 Mercato Italiano

CAPITOLO QUARTO

IL SISTEMA DISTRIBUTIVO E RAPPORTI INDUSTRIA-DISTRIBUZIONE
4.1 I canali distributivi
4.2 Il canale lungo: Il grossista – concessionario
4.2.1 HO.RE.CA
4.2.2 Alimentaristi tradizionali
4.2.3 Il porta a porta
4.2.4 Le associazioni tra grossisti
4.3 Il canale breve : la distribuzione moderna
4.3.1 La grande distribuzione (GDO)
4.3.2 La distribuzione organizzata (DO)
4.4 La pubblicità

CAPITOLO QUINTO

CASO DI STUDIO : PRESENZA DI FLUORO NELLE ACQUE
MINERALI NATURALI ITALIANE
5.1 Caratteristiche del fluoro
5.2 Il ruolo nutrizionale del fluoro
5.3 Il rischio di esposizione al fluoro
5.4 Il fluoro nelle norme legislative
5.5 Classificazione delle acque minerali naturali in base al fluoro

File in formato .xls dati estrapolati dalle singole Marche relativi al contenuto di fluoro e sodio, Classificati su base Nazionale,Regionale e Andamento Storico delle singole Etichette.

APPENDICE

CONCLUSIONE

BIBLIOGRAFIA

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Introduzione

L’acqua è una risorsa naturale vitale, pur non essendo un minerale strategico né un prodotto agricolo di alto valore commerciale . L’acqua è importantissima per ogni forma di vita e ha ispirato o contemplazione e speranza, o frustrazione e guerra. Le leggi e la scienza hanno dimostrato come questa sia la materia prima della vita dell’uomo. Il mondo è soprattutto acqua, ma di questa il 97% è salata . Senza tenere conto di ghiacciai, calotte polari e falde acquifere non sotterranee, il genere umano ha a sua disposizione uno scarso 1% di acqua dolce formato da laghi, fiumi, sorgenti e atmosfera.

Tale quantità sarebbe comunque sufficiente per coprire la domanda di tutta l’umanità se fosse distribuita in modo omogeneo nei cinque continenti e non invece in modo molto diseguale tra paesi e regioni confinanti. Non bisogna dimenticare che l’acqua non solo è necessaria per la sopravvivenza dell’uomo ma per tutte le attività produttive sia agricole che industriali. Si comprende allora come alcune dispute tra Stati per il controllo delle acque possono rappresentare dei “casus belli” ; è stata ribattezzata “ il petrolio del XXI° secolo” e, come per il petrolio, per essa nascono tensioni e si combattono guerre. “Conflitti sull’acqua, guerre sia internazionali che civili rischiano di diventare un elemento chiave del problema del XXI° sec ” sostiene a riguardo Hans van Ginkel, rettore dell’università delle Nazioni Unite e responsabile del Rapporto Unep.

Che i mercati mondiali seguano meccaniche di difficile comprensione per i non addetti ai lavori è un fatto noto. Ma lascia comunque un po’ perplessi scoprire a quali paradossali risvolti pratici si può arrivare. E se non fosse un fatto preoccupante nella sua gravità verrebbe quasi da sorridere nello scoprire che negli Stati Uniti d’America un litro di acqua in bottiglia costa più di un litro di benzina: un bene primario, l’acqua, (diritto fondamentale in quanto basilare per la vita) ha un prezzo economico più alto di quello di un bene “secondario”, il petrolio (che per quanto importante non è imprescindibile per vivere). Eppure i costi di produzione delle acque in bottiglia sono estremamente bassi: produrre un litro di acqua costa solo pochi centesimi di euro mentre lo stesso prodotto è venduto nei supermercati a più di un euro.

La cosa forse più preoccupante, che sta alla base dell’immenso business delle acque in bottiglia, è il canone irrisorio che le ditte delle acque confezionate (sempre più spesso multinazionali) devono pagare agli enti pubblici per lo sfruttamento delle sorgenti (per le acque di sorgente e minerali). Sempre agli enti pubblici, e quindi alla collettività, sono poi scaricati gli oneri connessi all’imbottigliamento (primo tra tutti, in termini di costo economico, quello dello smaltimento delle bottiglie di plastica).

Che l’acqua sia una risorsa importante è argomento scontato. Che si sia disposti a pagare per averne in quantità è prassi comune. Ma forse dovrebbe destare qualche riflessione fino a che punto l’acqua abbia smesso di essere “elemento” ed abbia cominciato ad essere “bene di consumo”. Sulle nostre tavole, o meglio, sulle tavole dei paesi ricchi, le acque in bottiglia sono ospiti fissi. Non solo: dalle scrivanie degli uffici alle borse da palestra, le bottiglie o bottigliette di acqua sono nostri compagni inseparabili. I consumi di acque imbottigliate hanno raggiunto oggi livelli che un tempo sarebbero risultati inimmaginabili: anche perché la reale necessità di acqua potabile sarebbe colmata, nella maggioranza dei casi, dalle forniture acquedottistiche.

Il presente lavoro si sviluppa considerando le caratteristiche delle acque in bottiglia, che sono fondamentali per la definizione della tipologia del prodotto e per la classificazione delle acque, per passare poi ad analizzare gli aspetti legislativi. Successivamente si proseguirà considerando varie finalità economiche, dall’analisi della domanda e dell’offerta ai canali distributivi sino a capire cosa spinge il consumatore medio a fare uso di acqua in bottiglia.

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Abstract

Nel presente lavoro si sono studiate le caratteristiche chimico-fisiche delle acque in bottiglia, che sono fondamentali per la definizione della tipologia del prodotto e per la classificazione delle acque, per passare poi ad analizzare gli aspetti legislativi con particolare attenzione rivoltasi al nuovo D.Lgs 31/2001(acque destinate al consumo umano) e al Decreto Legge 29 Dicembre 2003 in attuazione della Direttiva 2003/40/CE (Acque Minerali).

Sono stati valutati anche gli Aspetti Ambientali derivanti dallo sfruttamento delle risorse idriche indicando i vari rischi ad esso legati. Successivamente si è proseguito considerando varie finalità economiche, dall’analisi della domanda e dell’offerta ai canali distributivi sino a capire cosa spinge il consumatore medio a fare uso di acqua in bottiglia.

Si è concluso con un caso di studio, dove si è analizzato la presenza del fluoro nelle acque minerali naturali italiane. Questa raccolta di informazioni può contribuire a capire l’esposizione di alcune popolazioni ad apporti di fluoruro legati alla geologia del territorio e al fatto che in Italia non è disponibile una mappa dei fluoruri.

Conclusione
In Italia, fra le acque che per semplicità si sono definite acque “ad uso umano”, vengono utilizzate principalmente quelle di acquedotto e quelle minerali; le acque di sorgente hanno iniziato da poco ad affacciarsi sul mercato.

In seguito all’entrata in vigore di numerose normative, i consumatori si sono trovati progressivamente di fronte a offerte di differenti acque: da quelle potabili, che certamente stanno seguendo un trend di miglioramento nelle loro caratteristiche di qualità, a quelle minerali. Abbiamo visto, che per quanto riguarda le acque potabili il decreto legislativo 31/2001 in materia introduce nella normativa italiana un notevole numero di innovazioni, sia di principio, sia operative, destinate a incidere sulla gestione degli impianti di trattamento. Oltre al fatto non meno importante di permettere il confezionamento in bottiglie o contenitori con capacità superiore ai due litri.

Per quanto riguarda le acque minerali in tutta Europa si è assistito, dagli anni ’80, a una crescente diffusione, perché il consumatore, per una serie di motivi che vanno dalle modeste caratteristiche organolettiche di certe acque distribuite nella rete idrica cittadina, al timore degli inquinamenti, alla convinzione che le acque minerali siano dotate di particolari qualità terapeutiche, spesso preferisce queste acque a quella di rubinetto di casa.

L’imbottigliamento e la distribuzione delle acque minerali è diventata quindi una attività economica di grande rilievo. Si assiste quindi a diffuse operazioni pubblicitarie con l’intento di mantenere quote di mercato e fidelizzare il consumatore , orientandolo unicamente verso quelle marche che hanno maggiori capacità di investire in pubblicità. L’impiego di etichette poste su ogni contenitore, se da un lato costituisce un elemento irrinunciabile e di interesse, dall’altro richiede conoscenze di base per interpretare i relativi dati e trasformarli in informazioni utilizzabili, operazione al momento impossibile alla quasi totalità degli acquirenti.

Vale la pena fare cenno, nelle conclusioni, che la diffusione sempre più massiccia di acque imbottigliate comporta da anni uno smaltimento in modo scorretto nell’ambiente di migliaia di tonnellate di materiale plastico. Rifiuti di bottiglie prevalentemente in plastica sono ormai parte integrante del paesaggio naturale (boschi, spiagge, rive fluviali, ecc.) e non si intravede al momento un’inversione di rotta. Questi danni non sono imputabili alle aziende produttrici, bensì alla scarsa sensibilità ambientale da parte del consumatore. Il grande consumo di acque imbottigliate nelle città, specialmente in quelle con valenza di tipo turistico, determina talvolta l’accumulo di ingenti quantità di vuoti a perdere, prevalentemente in materiale plastico, con non indifferenti costi aggiuntivi di smaltimento.

Analizzando il fenomeno “Acqua in bottiglia” da un punto di vista strettamente economico, molti si chiedono il motivo di un così vivo interessamento (da parte di molti investitori) per un prodotto a basso valore aggiunto, considerato dai più, semplice, naturale o addirittura povero. In realtà, una corretta applicazione del concetto di “prodotto” individua nell’affermazione precedente un equivoco di fondo. E’ vero che l’acqua confezionata è un elemento semplice, naturale, secondo alcuni “povero”. Ma l’oggetto di questa analisi è il prodotto “acqua imbottigliata” e consta di almeno un secondo elemento fondamentale: il contenitore. Come per molti beni alimentari, quest’ultimo non costituisce soltanto un servizio supplementare con cui il produttore arricchisce la propria offerta. E’ invece, strumento irrinunciabile per soddisfare il bisogno del consumatore.

La fibrillazione in cui ha vissuto il comparto e gli interessi di cui si parlava è legata proprio ai ripetuti interventi innovativi sulle caratteristiche del packaging. Per prima cosa l’introduzione del contenitore monouso ha modificato notevolmente quell’ibrido, un po’ prodotto e un po’ servizio, creato dal connubio tra acqua minerale e contenitore in vetro a rendere. Gli imbottigliatori, a ben vedere, cedevano soltanto l’acqua, mentre chiedevano la restituzione della bottiglia.

Si può aggiungere che l’acqua viene captata dal suolo pubblico e imbottigliata per concessione delle autorità regionali e statali. Si tratta di un bene pubblico, che per giunta non può subire trasformazioni merceologiche significative. Aspetto rilevante, rimaneva dunque la “trasformazione spaziale” determinata dal servizio di trasporto dalla fonte al luogo di consumo. Gli aspetti più interessanti riguardano, nello specifico, i nuovi materiali di costruzione delle bottiglie.

La “lavorazione” del contenitore attraverso la manipolazione di polimeri ha portato conseguenze rilevanti sull’intera filiera di produzione, sotto vari punti di vista:
a) nei suoi aspetti tecnologici, dato che le fasi di produzione necessarie non hanno nessun denominatore comune con quelle del vetro;
b) nei suoi aspetti strategici, visto il necessario rapporto con le società chimiche che trasformano i materiali plastici; questi nuovi interlocutori hanno ridisegnato l’equilibrio tra gli operatori (già presenti o di nuova entrata) coinvolti ai vari livelli del processo di produzione dell’acqua imbottigliata.

Chi ha scelto di ridisegnare in questa direzione la fisionomia aziendale si è trovato davanti a due alternative tecnologicamente possibili la prima è l’acquisto delle pre-forme da “soffiare” nel proprio stabilimento;la seconda è l’acquisto diretto delle materie plastiche da trasformare con un impianto integrato di produzione di pre-forme e bottiglie.

Le caratteristiche del contenitore, elemento fondamentale del prodotto, possono essere adattate, per esempio, alle scelte di posizionamento sul mercato. Derivano, da questi stimoli, molte innovazioni incrementali che si sono susseguite negli anni. Così, chi ha puntato su elevati volumi di vendita e sulla “price competition” ha studiato per ridurre il peso della bottiglia, anteponendo le economie di costo al servizio al cliente (che spesso prende in mano bottiglie tutt’altro che maneggevoli).

Chi, invece ambisce a una differenziazione più o meno spinta della propria offerta propone un contenitore con caratteristiche più ricercate. A cominciare dal colore, che deve evocare, a seconda dei casi, purezza, limpidezza, freschezza, qualità esclusività. La forma, poi, assume talvolta connotati di unicità, ed è il risultato di approfonditi studi sul design. Si è già sul versante della “non price competition” e su costi di produzione mediamente più elevati.

Le caratteristiche vincenti dell’autoproduzione del contenitore hanno reso quasi indispensabile l’adeguamento di buona parte delle imprese. La difficoltà che queste ultime hanno dovuto affrontare riguarda i considerevoli volumi d’investimento necessari a realizzare i progetti di integrazione. Gli sforzi maggiori sono richiesti a chi opta per processi altamente integrati. Per ammortizzare ed economizzare l’investimento è necessario sfruttare a pieno regime il potenziale produttivo a disposizione. Ma alle economie di scala che si generano deve corrispondere uno “spazio commerciale” molto ampio, individuabile senza dubbio nel mercato nazionale. Non sono più sufficienti contesti regionali o interregionali.

Per sostenere l’offerta diventa irrinunciabile dedicare congrue risorse alle attività di comunicazione e pubblicità. I budget milionari da investire complessivamente non sono evidentemente alla portata di imprenditori di media o piccola portata, ma richiedono l’intervento di un soggetto con capacità finanziarie rilevanti e solide. Non è difficile riconoscere le caratteristiche di questi concorrenti nei gruppi societari che controllano una sostanziosa fetta del mercato italiano delle acque confezionate.

E’ il caso di aggiungere che questi aspetti hanno richiamato l’interesse di alcuni tra i maggiori gruppi industriali impegnati nel settore alimentare. Essi hanno acquisito in breve tempo buona parte dei capitali investiti nel comparto idrominerale. Ne è nata una concentrazione finanziaria che ha imposto al settore una struttura bipolare formata in prevalenza da :
1. gruppi di società di dimensione elevata : gestiscono il portafoglio prodotti di ciascuna compagine con politiche multimarchio, e si spartiscono buona parte del fatturato globale, commercializzano soprattutto i marchi molto noti a diffusione nazionale ed alcuni di rilevanza interregionale.
2. Imprenditori indipendenti di medie e piccole dimensioni: sono i circa 150 si spartiscono appena il 30% dei fatturati, pur avendo apportato i livelli minimi di innovazione per garantirsi la sopravvivenza, non hanno la forza di allargare il proprio target e di contrastare l’ascesa dei competitors più noti.

Concludo, mettendo in risalto il caso di studio, dove si è analizzato la presenza del fluoro nelle acque minerali naturali italiane. Questa raccolta di informazioni può contribuire a capire l’esposizione di alcune popolazioni ad apporti di fluoruro legati alla geologia del territorio e al fatto che in Italia non è disponibile una mappa dei fluoruri.

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BIBLIOGRAFIA

Testi e Pubblicazioni

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• Largo Consumo, “Issima, l’acqua minerale pensata per i bambini”, n.2/2003.
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• Panorama, “Sciopero delle bollicine?”, del 14 Agosto 2003
• Panorama, Dossier, “Gli italiani e la minerale, Buone acque, Cattive acque”, 1 Aprile 2004 Anno XLII n.14 p.176-183.
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• D. Lgs 2/02/2001 n.31, “Attuazione della direttiva 98/83/CEE”
• D. Lgs 2/02/2002 n.27, “Modifica del D. Lgs 2/02/2001 n.31”
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• Legge 5/03/1990 n.46, “Norme per la sicurezza degli impianti
• Direttiva 80/777/CEE, “Caratteristiche acque minerali”
• Direttiva 96/70/CEE, “Modifica direttiva 80/777/CEE”
• RD (Regio Decreto) settembre 1919 n.1924, “Regolamento acque minerali”
• D.Lgs. 25/01/1992 n.105, “Attuazione direttiva 80/777/CEE”
• DMS (Decreto del Ministero della Sanità) 12/11/1992 n.542, “Criteri di valutazione delle caratteristiche”
• DMS 13/011993, “Metodi di analisi per la valutazione delle caratteristiche Microbiologiche e di Composizione delle acque”
• D.Lgs. 4/08/1999 n.339, “Modifica del D.Lgs. 25/01/1992”
• DMS 27/06/2001 n.147, “Attuazione della direttiva 96/70/CEE valori ammissibili per i parametri chimici”
• Direttiva 2003/40/CEE, “Sulle acque minerali e di sorgente ”
• Decreto Legge 29/12/2003, “Attuazione della direttiva 2003/40/CEE”
• Direttiva n.96-70 CEE 1996, “Introduce le acque di sorgente”
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www.ateneonline-aol.it
www.carta.org/campagne/diritti/danone/mangimi.htm

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