A cura della direzione editoriale di Brau Beviale – Norimberga
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Pubblicato da Brau Beviale su www.brau-beviale.de e reso disponibile per i media
SOMMARIO: “European way of life” – L’europeità” di un’azienda europea – Gruppo birrario europeo o piuttosto global brewer? – La valutazione aziendale “international” versus “european”
Rif. Temporale 07/2007
Entro i confini del continente vengono continuamente espressi dubbi sul senso dell’Unione Europea. Il resto del mondo la vede diversamente: l’Europa, infatti, non è mai stata così attraente come nel 50.mo anniversario della sottoscrizione dei Trattati di Roma. Basta chiederlo a tutte le nazioni desiderose di aderirvi: dalla Turchia alla Georgia, dall’’Ucraina ai paesi balcanici.
“European way of life”
Ciò che rende l’Europa così interessante per chi non ne fa parte è il cosiddetto “european way of life”. A tal proposito spesso non è chiaro cosa si intenda per modello di vita europeo tranne, forse, che si differenzia fondamentalmente dallo “american way of life”, basato sul principio della libertà e sulla ricerca della felicità. Volendo descrivere l’european way of life è necessario prenderla un po’ alla larga come ha fatto, ad esempio, l’ex Segretario di Stato austriaco Hans Winkler: “L’Europa è caratterizzata da una grande molteplicità e diversità, da stabilità e sicurezza, da un ambiente intatto, un’agricoltura sana, un’economia solida ed equità sociale. Possiamo essere veramente orgogliosi di questo modello di vita, tuttavia non dobbiamo concentrare i nostri sforzi soltanto sul mantenimento dell’alta qualità di vita raggiunta in Europa, bensì dobbiamo continuare a svilupparla”. Il Cancelliere tedesco, Dr. Angela Merkel, risponde alla domanda sull’european way of life in modo più conciso: “Posso riassumere il concetto in un’unica parola: tolleranza. Il nostro modello in Europa mira all’equilibrio e alla mutualità”. Nonostante la sua definizione sia più breve, l’obiettivo cui ambisce ha una portata altrettanto vasta: tolleranza come costante ricerca di equilibrio tra interessi contrastanti.
L’europeità” di un’azienda europea
In cosa consiste di fatto la “europeità” di un’azienda europea? Forse nell’equa distribuzione dei siti produttivi e dei mercati di vendita? Nella redazione del bilancio in euro, nella scelta della sede centrale, nell’essere quotata in una piazza borsistica europea o, addirittura, nella decisione a favore della forma giuridica di Società Europea (nel linguaggio comune meglio conosciuta come Europa S.p.A.)? La Società Europea consente, dal 2004, la costituzione di società secondo principi giuridici largamente unitari ed è quindi, sotto l’aspetto economico e legale, espressione dell’european way of life. In particolare per le piccole e medie aziende si apre così la possibilità di rafforzare il proprio impegno all’estero senza troppa burocrazia.
Le prime imprese stanno attualmente raccogliendo esperienze pratiche nella trasformazione di una società quotata in borsa in una Europa S.p.A. Il loro bilancio: un’azienda europea è molto più di una Società Europea. Essa è infatti il risultato di un complesso sviluppo storico e culturale. Se è vero che il connotato di “europeo” assume la funzione di elemento di collegamento, tuttavia esso manca ancora della levatura e della ricchezza di contenuti necessarie per essere valutato positivamente dai mercati finanziari internazionali. Questa conclusione alquanto disillusa si può dedurre anche dalle dichiarazioni di alcuni gruppi birrari che, formalmente, andrebbero definiti come gruppi europei in quanto redigono sia il bilancio in euro, sia hanno sede e sono quotati in borsa in Europa.
Gruppo birrario europeo o piuttosto global brewer?
Alla domanda se la InBev, la cui sede centrale è sita in Belgio, sia un’azienda europea è stato risposto di no. La InBev si considera un’azienda globale nonostante soddisfi tutti i criteri che contraddistinguono un’azienda europea. La Heineken non ha voluto assolutamente pronunciarsi sul tema. La Carlsberg, a sua volta, ha definito se stessa come “gobal brewer” e non desidera quindi essere menzionata in nessun caso in questo prospetto generale. Soltanto la Scottish & Newcastle, con sede a Edimburgo e bilancio in sterline, ha ritenuto confacente la descrizione di “birrificio europeo” considerato un organico di 30.000 dipendenti in Europa (di cui 15.000 diretti e 15.000 indiretti operanti in joint venture nell’Europa dell’est) nonché 7.000 in Asia.
Il sondaggio tra i gruppi birrai conferma ancora una volta quanto sia difficile per le aziende vendere una “european story” fino a quando la globalizzazione e l’ideale della globalità domineranno i mercati finanziari. Dal punto di vista degli analisti, infatti, ogni qualsivoglia focalizzazione sull’europeità implica comunque una forma di restrizione: perché limitarsi all’Europa quando è il mondo intero ad attendere a porte spalancate? Per i mercati finanziari il fatto che l’Europa sia riuscita a compiere una tale opera in soli cinquant’anni, abbia superato i confini esistenti e si sia unificata in modo pacifico appartiene da tempo al passato.
La valutazione aziendale “international” versus “european”
Chiunque cerchi in internet sotto la voce “aziende internazionali” trova un numero di risultati cinque volte maggiore rispetto a quello ottenuto con la ricerca per “aziende europee”. Anche se l’autovalutazione “internazionale” è molto più popolare dell’attributo “europea”, alcune aziende optano consapevolmente per l’aggettivo “europeo” e intendono così dare anche un palese impulso politico. Ciò avviene perfettamente in accordo con un european way of life conscio della propria eredità filosofica e politica che si dichiara a favore della libertà, della dignità umana, della solidarietà, della responsabilità e delle pari opportunità per tutti.
Mentre in Europa proseguono le vivaci discussioni sui contenuti dell’european way of life e sui criteri regionali propri a un’azienda europea, al resto del mondo è da tempo chiaro che nulla esprime alla perfezione l’european way of life e una tradizione squisitamente europea quanto i saloni specializzati. Se, oltre a ciò, una fiera professionale come la BRAU Beviale pone al centro degli interessi un’arte artigianale tipicamente europea nessuno oserà mai contestarle questa prerogativa: l’incontro di settore dell’industria europea delle bevande, per partecipare al quale da anni vengono con piacere a Norimberga innumerevoli specialisti del comparto bevande analcoliche e lattiero-caseario, produttori di alcolici e viticoltori, contribuisce così a suo modo al successo del progetto europeo.