Nato nel 1924 il Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella è una realtà associativa comprendente viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori della zona di produzione dei vini della Valpolicella, un territorio che include 19 comuni della provincia di Verona.
IL CONSORZIO
Grazie alla rappresentanza di oltre l’80% dei produttori che utilizzano la denominazione «Valpolicella», il Consorzio realizza iniziative che valorizzano l’intero territorio: il vino e la sua terra d’origine, intendendo con questa anche la storia, le tradizioni e le peculiarità che la rendono unica al mondo. Il Consorzio annovera importanti ruoli istituzionali: si occupa della promozione, valorizzazione, informazione dei vini e del territorio della Valpolicella, della tutela del marchio e della viticoltura nella zona di produzione dei vini Valpolicella, della vigilanza, salvaguardia e difesa della denominazione.
L’ampia zona di produzione dei vini Valpolicella DOC e DOCG include la fascia pedemontana della provincia di Verona ed è suddivisa, secondo il disciplinare di produzione, in tre zone distinte:
…La zona Classica, formata da cinque aree geografiche, racchiude l’areale di Sant’Ambrogio di Valpolicella, l’areale di San Pietro in Cariano e le valli di Fumane, Marano e Negrar.
…La zona Valpantena, comprendente l’omonima valle.
…La zona DOC Valpolicella, con i comprensori del comune di Verona e le valli di Illasi, Tramigna e Mezzane.
In tutta l’area trovano ampio spazio varietà come la Corvina, il Corvinone, la Rondinella e, in misura minore, la Molinara.
I vini della denominazione sono il Valpolicella, il Valpolicella Ripasso, l’Amarone della Valpolicella e il Recioto della Valpolicella.
VALPOLICELLA: IL TERRITORIO
La Valpolicella si trova a nord di Verona. Il suo territorio confina ad ovest con il Lago di Garda mentre a est e a nord è protetta dai Monti Lessini. Si estende nella fascia collinare ai piedi delle Prealpi veronesi, facenti parte a loro volta del gruppo delle Alpi Orientali.La struttura paesistica della Valpolicella risulta estremamente ricca grazie alla presenza di un territorio morfologicamente vario. Costituita da valli che si sviluppano in direzione nord-sud, la Valpolicella si presenta idealmente come un ventaglio di vallate che si dipartono da Verona.
Il paesaggio della Valpolicella è prevalentemente collinare, con morbidi declivi e spartiacque a quote basse, ed è dominato pressoché ovunque dai vigneti, intervallati da olivi e ciliegi. Le caratteristiche geologiche e climatiche del territorio, unico e variegato, sono alla base della grande originalità e tipicità dei suoi vini. La coltivazione dei vigneti, tradizionalmente a pergola veronese, è guidata dall’esperienza dei viticoltori, i quali si affidano a tecniche tradizionali con sguardo volto all’innovazione e il Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella promuove da anni l’utilizzo di tecniche compatibili con l’ambiente e il territorio.
LA “ZONAZIONE” DELLA VALPOLICELLA
Con il termine Zonazione Viticola si intende lo studio di un comprensorio viticolo al fine di determinare l’attitudine di differenti zone, omogenee dal punto di vista ambientale, alla coltivazione di determinati vitigni. Il territorio indagato viene infatti ripartito in aree omogenee (Unità Di Paesaggio) in funzione delle loro potenzialità produttive rispetto a differenti obbiettivi enologici. Si tratta di uno studio organico e approfondito della DOC, della durata di tre anni. Saranno coinvolti tutti gli attori della filiera vitivinicola, i produttori e le cantine. Il ruolo del Consorzio sarà l’assidua presenza sul territorio con i propri tecnici, i quali seguiranno i vigneti sperimentali, le vendemmie e le microvinificazioni fino alle degustazioni dei vini ottenuti.
Tutto questo al fine di rilevare la vocazionalità: lo studio del territorio viticolo e della stretta correlazione tra vitigni autoctoni, corvina, rondinella e corvinone, con l’ambiente di coltivazione, inteso sia nella componente pedologica, le caratteristiche chimico fisiche del terreno, che nella componente climatica, temperatura, umidità, radiazione solare. La Zonazione è uno strumento al servizio del viticoltore e del vinificatore, utile quanto indispensabile per compiere le scelte operative migliori, per ottenere il massimo risultato in termini di qualità, iniziando dall’impianto di un nuovo vigneto e terminando con l’apertura della bottiglia.
In questo primo anno di attività sono state individuate le Unità di Paesaggio, e all’interno di ogni Unità sono stati individuati i Vigneti Guida, studiati mediante il rilievo delle fasi fenologiche, tramite l’andamento della maturazione sia tecnologica che fenolica delle uve, tramite la vendemmia finalizzata alla microvinificazione e tramite la potatura invernale, rilevando in questo caso il peso del legno di potatura. Le uve raccolte sono state microvinificate e i vini ottenuti verranno sottoposti ad analisi sensoriale per valutare l’impronta del territorio sull’espressione delle uve, quindi sul vino. Tutti i dati dei tre anni di sperimentazione porteranno alla redazione del Manuale d’uso del Territorio, contenente i risultati delle indagini viticola e pedologica, le schede tecniche e le carte tematiche a servizio del viticoltore nelle pratiche agronomiche di gestione del vigneto (scelta dei portinnesti, gestione del suolo, concimazioni, forme di allevamento, gestione in verde, etc.), poiché nella viticoltura moderna è fondamentale effettuare le scelte giuste per ottenere risultati sicuri.
Il Consorzio di Tutela si è fatto carico dell’impegno per portare a compimento la Zonazione, affiancato da Regione Veneto e Veneto Agricoltura, per valorizzare e qualificare sempre più il vino Valpolicella nel mondo, un prodotto tipico con tutte le carte in regola per reggere il confronto con il mercato globale.
I VINI DELLA VALPOLICELLA
1_Amarone della Valpolicella
L’Amarone della Valpolicella è un vino dal colore rosso carico tendente eventualmente al granato con I’invecchiamento. Il profumo ricorda la frutta passita, il tabacco e le spezie, anche grazie alle muffe nobili createsi nel corso dell’appassimento. Il sapore di grande intensità con evidenti note di frutta passita, asciutto ma di molta morbidezza, con corpo pieno, caldo-corroborante e vigoroso; ha personalità forte e può superare i vent’anni di conservazione.
L’Amarone della Valpolicella, oggi unanimemente considerato come il più pregiato dei vini veronesi e come uno dei più importanti rossi italiani, apprezzato dai più esigenti consumatori di tutto il mondo, nasce dall’evoluzione del Recioto, vino tra i più antichi della nostra storia vitivinicola. Nel quarto secolo dopo Cristo, Cassiodoro, ministro di Teodorico, re dei Visigoti, descrive in una lettera un vino ottenuto con una speciale tecnica d’appassimento delle uve, chiamato allora Acinatico, prodotto in quel territorio denominato Valpolicella (nome che secondo alcuni deriverebbe dal latino “Vallis-polis-cellae” e potrebbe significare “Valli dalle molte cantine”).
Dal Recioto all’Amarone
L’Acinatico è senza dubbio l’antenato del Recioto e dell’Amarone. Un tempo in Valpolicella era prodotto solo il Recioto, un vino vellutato e dolce (il cui nome deriva dal termine dialettale “recia”, in altre parole orecchia, perché in origine era utilizzata solo la parte più alta e meglio esposta del grappolo), ma con il passare del tempo ed il mutare delle stagioni, le uve, sebbene lavorate nella stessa maniera, diedero progressivamente vita, a seguito della fermentazione, ad un vino notevolmente più secco rispetto all’originario. Se all’inizio questa trasformazione poteva rappresentare un problema, questo Recioto completamente secco, e quindi amaro, piuttosto che dolce, s’impose facilmente e venne sempre più apprezzato e richiesto. Nacque così, prendendo il nome dalla sua caratteristica vena amarognola, l’Amarone, i cui primi esemplari presero ad essere imbottigliati solo nei primi anni del Novecento per un uso familiare o destinati agli amici. La commercializzazione vera e propria ebbe però inizio solo nel dopoguerra e nel 1968 arrivò il riconoscimento della Denominazione d’origine controllata (DOC). Nell’ambito del panorama vitivinicolo della Valpolicella l’Amarone rappresenta solo una piccola percentuale e sebbene dalla seconda metà degli anni Novanta la produzione è sensibilmente aumentata, trattandosi di un prodotto che richiede un’altissima qualità delle uve ed una cura minuziosa e pressoché artigianale, la quantità di vino rimarrà sempre limitata rispetto ai Valpolicella, classico e classico superiore, veri e propri vini simbolo e punti di forza della zona. Per la produzione dell’Amarone e del Recioto della Valpolicella è prevista la messa a riposo di un quantitativo d’uve non superiore alle 7,8 tonnellate per ettaro.
Tecniche di produzione dell’Amarone
Dai tempi di Cassiodoro il metodo di produzione è rimasto pressoché invariato: generalmente le uve (a meno di un andamento stagionale del tutto particolare e imprevedibile) sono raccolte tra la terza decade di settembre e la prima settimana d’ottobre, ponendo ogni attenzione a che le uve siano perfettamente sane e giunte a piena maturità, di modo che possano affrontare con successo la delicata fase dell’appassimento. Il disciplinare di produzione vigente prevede che l’uvaggio sia composto da uve Corvina (dal 45 al 95%), è tuttavia ammesso in tale ambito la presenza del Corvinone nella misura massima del 50%, in sostituzione di una pari percentuale di Corvina, Rondinella dal 5 al 30%. Possono concorrere i “vitigni a bacca rossa non aromatici, autorizzati e raccomandati per la provincia di Verona”, previsti, sino ad un massimo del 15%, dalla Doc.
Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino ad un massimo del 25% del totale le uve provenienti dai vitigni:
- a bacca rossa non aromatici, ammessi alla coltivazione per la provincia di Verona, nella misura massima del 15% con un limite massimo del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato;
- classificati autoctoni italiani ai sensi della legge n. 82/06 art.2, a bacca rossa, ammessi alla coltivazione per la Provincia di Verona, per il rimanente quantitativo del 10% totale.
Ancor più che in passato oggi le uve sono attentamente selezionate in vigna e una volta raccolte disposte con ogni cura in un unico strato, per fare meglio circolare l’aria e impedire che le uve si schiaccino, in cassette di legno (ma sempre più spesso anche di plastica) o su graticci di canne di bambù e collocate in ampi fruttai ricavati sopra le cantine perfettamente aerati e in grado di assicurare un’ideale conservazione dei grappoli.
Talvolta, durante il cruciale periodo dell’appassimento, in situazioni dove l’umidità del clima potrebbe creare dei danni alle uve, pregiudicandone la sanità, si rende necessario ricorrere all’ausilio di impianti di condizionamento ambientale, purché operanti a temperature analoghe a quelle riscontrabili nel corso dei processi tradizionali”, con l’esclusione tassativa del ricorso a sistemi d’appassimento delle uve che prevedano una deumidificazione svolta con il solo ausilio del calore. Le uve sostano nei fruttai per tre – quattro mesi, costantemente visionate, girando i grappoli, per eliminare tempestivamente eventuali grappoli intaccati da marciume e muffe dannose, sino a che non perdono almeno la metà del loro peso e con l’evaporazione dell’acqua si raggiunge la concentrazione degli zuccheri desiderata. nella misura del 25-30%.
In questa particolare – e delicata – fase nelle uve avvengono una serie di complesse trasformazioni, dalla diminuzione dell’acidità alla modifica del rapporto tra glucosio e fruttosio, che favoriscono la concentrazione dei polifenoli e l’aumento considerevole della glicerina e d’altre sostanze che rendono il vino ottenuto dall’appassimento completamente diverso da qualsiasi altro ottenuto dalla normale vinificazione d’uve fresche. In questa fase, proprio nelle uve soggette ad appassimento destinate all’Amarone, si verifica anche il particolare sviluppo di un’altra speciale sostanza, denominata resveratrolo, che le più accreditate ricerche in campo medico scientifico svolte a livello internazionale hanno accertato svolgere una straordinaria azione benefica, nel quadro di un moderato e regolare consumo di vino, contribuendo a mantenere pulite le arterie e riducendo il rischio d’arteriosclerosi e d’infarto.
Ultimato l’appassimento, dopo un ulteriore, attento controllo, le uve sono sottoposte a pigiatura. Attualmente in Valpolicella sono utilizzati due diversi metodi di vinificazione, il primo, di stampo tradizionale, svolto a temperature naturali, e quindi molto basse, visto il momento (i mesi di gennaio e febbraio) in cui si svolge, e un lungo periodo di contatto con le bucce che può protrarsi per alcuni mesi. Questo sistema consente di ottenere un vino che richiede successivamente tempi d’affinamento, in botte ed in bottiglia, decisamente più lunghi, ma che spesso regala grandi emozioni e inimitabili caratteristiche dei vini, un gusto originale espressione diretta di un territorio unico, anche con un invecchiamento di parecchi anni.
Il secondo metodo, più moderno, prevede l’ausilio di particolari “vinificatori” e quindi la possibilità di controllare e gestire le temperature di fermentazione, di rompere e muovere la vinaccia, e offre l’opportunità di ottenere, già in gioventù, vini più morbidi e dall’accentuato carattere fruttato, che possono essere apprezzati dal consumatore in tempi più brevi e con un minor tempo di permanenza dei vini in cantina. Completamento naturale di entrambi i metodi è l’affinamento dei vini in contenitori di legno, che variano dalle grandi botti di rovere di Slavonia alle piccole botti di rovere francese da 225-300 litri, che favoriscono una più rapida maturazione dei vini e fissano il colore. Subito dopo la permanenza in botte, dopo l’imbottigliamento, un ulteriore periodo d’affinamento in vetro, nelle cantine di produzione, prima della commercializzazione.
Amarone, un vino unico ed inimitabile
Prodotto con ogni crisma e lasciato pazientemente maturare l’Amarone diventa un vino assolutamente unico nel panorama mondiale e inimitabile, dal colore intenso e luminoso, dai profumi intensi di ciliegia, ribes, cioccolato e spezie, ricco di sostanza, molto strutturato, pieno. eppure morbido, elegante, perfettamente equilibrato, dotato di una piacevolezza, di una morbidezza al gusto, di una dolcezza d’espressione, di una lunghezza che conquistano sin dal primo assaggio. A differenza degli altri grandi rossi da invecchiamento italiani, i suoi tannini rotondi. il suo frutto succoso consentono di apprezzarlo, sebbene sia un magnifico vino da invecchiamento, anche in gioventù. Un vino, di cui i più raffinati appassionati di tutto il mondo hanno imparato ad apprezzare l’accento unico, il carattere spiccato di vino antico ma moderno e attuale, in grado di testimoniare la grandezza, il fascino, l’autentica magia della Valpolicella.
2_Valpolicella
I vini della Valpolicella sono caratterizzati dall’uso di varietà autoctone dal territorio. La base ampelografia è data prevalentemente dalla Corvina e dal Corvinone e dalla Rondinella e da altre varietà autoctone. La Corvina è la varietà più importante fra gli uvaggi del vino Valpolicella, grazie alle sue caratteristiche tecnologiche nella fase di vinificazione e proprietà fenoliche, dando quindi struttura e corpo al vino Valpolicella. Le uve alla vendemmia presentano un livello zuccherino nella media e un’acidità variabile in ragione dell’andamento climatico della stagione vendemmiale. I vini prodotti, a seconda della zona di produzione, possono risultare da mediamente alcolici a poco alcolici, ben strutturati e con un quadro polifenolico interessante. Se la Rondinella risulta particolarmente importante per le tonalità di colore che riesce ad assicurare al vino, la Corvina e il Corvinone, ricchi di polifenoli e tannini, esprimono il meglio sotto il profilo della struttura.
I vini della denominazione di origine controllata “Valpolicella” devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
Corvina Veronese (Cruina o Corvina) dal 45% al 95%; è tuttavia ammesso in tale ambito, la presenza del Corvinone nella misura massima del 50%, in sostituzione di una pari percentuale di Corvina; Rondinella dal 5% al 30%; possono concorrere alla produzione le uve provenienti dai vitigni a bacca rossa non aromatici, raccomandati e autorizzati per la provincia di Verona, fino ad un massimo del 15% totale, nel limite del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato.
La resa massima di uva ammessa per la produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Valpolicella” non deve essere superiore a 120 quintali ad ettaro di vigneto in coltura specializzata.
Dalla vinificazione di queste uve si ottiene il vino Valpolicella. Le sue caratteristiche essenziali sono: alcolicità moderata, acidità totale medio-alta con frequente presenza di acido malico, sciolto di struttura, scorrevole alla beva, tannicità modesta, di colore vivace con riflessi granati, organoletticamente fragrante con profumi floreali e di amarena con caratteristiche di fragranza e freschezza.
Valpolicella classico: l’uso della specificazione “classico” in aggiunta alla denominazione di origine controllata “valpolicella” è riservato al prodotto della zona originaria più antica e vinificato nella zona stessa che comprende i 5 comuni di Sant’Ambrogio di Valpolicella, Fumane, San Pietro in Cariano, Marano e Negrar.
II Valpolicella Superiore
Il Valpolicella Superiore si diversifica rispetto al Valpolicella per una alcolicità più elevata, l’acidità più bassa, una maggior rotondità, un più elevato valore in estratti e in sostanze fenoliche; esso, secondo il disciplinare, deve subire un invecchiamento di almeno un anno.
Proveniente da uve scelte, di idonee posizioni, la tipologia “Superiore” deve avere un affinamento minimo di un anno e può così presentarsi con il caratteristico colore rubino con alcune note granate; il profumo, lievemente etereo e di vaniglia; il sapore affinato, armonico, secco e vellutato.
Aspetto organolettico
Il Valpolicella dell’annata, giovane, è perciò un vino fine dal colore rosso – rubino, dal profumo vinoso, mandorlato, sottile, con toni di ciliegia e rosa, dal sapore fresco, secco o alquanto morbido, piacevolmente tannico amarognolo e vivace. Il tipo Superiore, proveniente da uve scelte, di idonee posizioni deve avere un affinamento minimo di un anno e può così presentarsi con il caratteristico colore rubino con alcune note granate; il profumo, lievemente etereo e di vaniglia; il sapore affinato, armonico, secco e vellutato.
3_ Valpolicella Ripasso
Il Valpolicella Ripasso doc è ottenuto dal contatto del Valpolicella base sulle vinacce residue dell’Amarone per circa 15/20 giorni. Esso risulta caratterizzato da una maggior struttura e longevità rispetto al Valpolicella base, da una maggiore alcolicità, da un’acidità più bassa e una maggior rotondità, da un più elevato valore in estratti e in sostanze fenoliche.
Di colore rubino con riflessi granati, offre un profumo, lievemente etereo e di frutta rosa con note di vaniglia; un sapore affinato, armonico, secco e vellutato.
Per le sue caratteristiche di piacevolezza, può accompagnare primi piatti invernali, secondi piatti, salumi e formaggi di media stagionatura.
Un vino di successo
Considerato forse a torto il “fratello minore” dell’Amarone il “Valpolicella Ripasso” ha visto, in questi ultimi anni, un incremento esponenziale nel gradimento presso i consumatori. Ciò sicuramente per il suo elevato rapporto qualità/prezzo e in parte per un fenomeno di “moda”che si è generato attorno ad un nome (che oggi è a tutti gli effetti un marchio registrato) e al fascino di un vino che piace ai giovani. Anche all’estero la richiesta di “Valpolicella Ripasso” ha visto un notevole successo ed ha reso possibile un nuovo slancio per l’enologia veronese.
La tecnica del Ripasso
Da sempre produttori e tecnici della Valpolicella hanno individuato con il termine “Ripasso” una precisa tecnica enologica di elaborazione del vino “Valpolicella” che vanta una lunga e consolidata tradizione, mentre non trova, per quanto è dato a sapersi, nessuna pratica equivalente in altre regioni.
L’unico termine che in qualche maniera può ricordare il “Ripasso” è la tecnica denominata “governo”: tecnica praticata, soprattutto in passato, principalmente in Toscana che consiste nel far riferimentare del vino con uve appassite e non quindi con vinacce fermentate come nel caso del ripasso.
Divenuto una denominazione di origine controllata nell’aprile 2010, il Valpolicella ripasso prevede dunque una macerazione del vino Valpolicella con vinacce fermentate di uve appassite precedentemente utilizzate per la produzione del Recioto o dell’Amarone.
In pratica, alla svinatura del mosto-vino, dopo aver sgrondato staticamente in maniera più o meno intensa le vinacce nel tino di fermentazione, si pone del vino Valpolicella ottenuto da uve fresche nel medesimo recipiente a contatto con le vinacce ancora in parziale fermentazione.
Da un punto di vista qualitativo, i risultati dipendono dalla tipologia del vino utilizzato per il Valpolicella Ripasso, dal rapporto della sua qualità rispetto a quella delle vinacce, dalla quantità di liquido ancora presente nelle vinacce fermentate e dal tempo di contatto.
In linea di massima si cercano di evitare tempi di macerazione prolungati, in quanto le vinacce in questa fase risultano depauperate dalla precedente macerazione dei composti colorati e fenolici di pregio, ciò che residua sono tannini ad elevato peso molecolare, amari e presenti principalmente nei vinaccioli; tannini che vengono facilmente estratti a contatto con un mezzo alcolico conferendo al vino la sensazione di “secchezza” con note evolutive sovente troppo pronunciate.
È per questo motivo quindi che si cerca di ridurre il contatto al fine di ottenere una semplice lisciviazione del liquido imbevuto nelle vinacce.
4_Recioto della Valpolicella
Ottenuto dall’appassimento delle uve conservate in fruttai per 100/120 giorni e da un arresto della fermentazione per conservare la percentuale di zucchero necessaria a garantire la struttura tipica di questo vino.
Descrizione
Il Recioto è il fulcro della storia e della tradizione della Valpolicella. Come l’Amarone è un vino di grande struttura e buona alcolicità, con residui zuccherini tali da renderlo dolce o amabile.
L’appassimento delle uve che generalmente è condotto in locali (fruttai) ubicati in collina per le migliori condizioni metereologiche, si protrae dopo la vendemmia per un periodo variabile dai 100 ai 120 giorni: l’effetto più appariscente si manifesta con l’essiccamento dell’uva e il conseguente aumento del contenuto zuccherino e degli estratti.
Tale concentrazione è solamente uno dei tanti fenomeni che coinvolgono la composizione dell’acino; in realtà durante l’appassimento si verifica un intenso metabolismo a carico dei principali costituenti dell’uva.
In particolare vengono metabolizzati parte degli zuccheri, in prevalenza il glucosio, con modificazione del rapporto Glucosio/Fruttosio, l’acido malico viene fortemente respirato con riequilibrio quindi dell’acidità del futuro vino, parte delle proteine vengono demolite con formazione di aminoacidi. Questi metabolismi sono assai simili per le diverse cultivar (Corvina, Rondinella). Di particolare interesse sono inoltre le modificazioni che intervengono nel corso della surmaturazione a carico delle sostanze fenoliche.
Alcune ricerche hanno dimostrato che le frazioni fenoliche delle cultivar Corvina si modificano nel corso della surmaturazione in maniera qualitativamente e quantitativamente diversa rispetto alla Rondinella.
Infatti, nel corso dell’appassimento il valore delle frazioni fenoliche monomere e quelle a più basso peso molecolare, antociani compresi, resta praticamente immutato nella Corvina, mentre può decrementare fino al 30% nella Rondinella; l’uva Corvina pertanto, dopo l’appassimento, presenta una composizione fenolica più consona all’elaborazione di grandi vini rossi da invecchiamento.
Certamente la surmaturazione mediante appassimento in fruttaio porta ad una sostanziale modificazione anche alle note organolettiche, che congiuntamente alle peculiarità delle uve della Valpolicella (Corvina in particolare), conferisce al futuro vino caratteristiche uniche e irripetibili.
Le uve appassite vengono inoltre utilizzate per la tecnica del “ripasso”; questa pratica tradizionale può essere effettuata con due modalità ben distinte: mediante macerazione delle vinacce fermentate di uve appassite da cui è stato ottenuto il Recioto con un’aliquota di vino valpolicella oppure il rigoverno del vino Valpolicella con uve appassite.
Le tecniche del “ripasso” sono generalmente utilizzate per l’elaborazione del Valpolicella Superiore; anche questo vino quindi si avvale, seppur limitatamente e con modalità diverse rispetto al Recioto e all’Amarone, del processo di appassimento in fruttaio delle uve.
Nel corso dell’appassimento può verificarsi lo sviluppo di Botrytis cinerea in grado di danneggiare seriamente lo stato qualitativo delle uve; la presenza di questo parassita in forma larvata (muffa nobile) non sembra, alla luce dei risultati di alcune recenti esperienze, svolgere un ruolo positivo di rilievo sull’apprezzamento sensoriale dei Recioti e degli Amaroni.
Certamente lo sviluppo di Botrytis cinerea è spesso incontrollabile, soprattutto in condizioni di elevata umidità relativa dell’ambiente, ed è la causa dell’insuccesso dell’appassimento. Per questo motivo vengono destinate all’appassimento solo le uve aventi uno stato sanitario ineccepibile e raccolte selezionate con particolare cura ad opera di personale specializzato.
È sempre utile, in ogni modo, che, anche quelle del Recioto, vengano riesaminate all’atto della pigiatura, dopo l’appassimento, per eliminare i grappoli che si sono ammuffiti durante la loro conservazione.
È bene segnalare che le uve destinate alla preparazione del Recioto provengono dalle varietà Corvina, Rondinella e Corvinone. Di queste cultivar si scelgono i grappoli spargoli e maturi (recie). Il nome di «Recioto» deriva infatti da quello dialettale di «recie» che ha un riferimento latino alquanto significativo (recis = grappolo). Un tempo, molto più che ai nostri giorni, si utilizzavano le ali dei grappoli (anche queste chiamate «recie», orecchie, per la loro posizione laterale) o le punte dei grappoli stessi.
Attualmente le uve vengono ancora appassite, almeno in parte, su graticci di canna palustre sostenuti da particolari impalcature. Si è però molto diffuso il sistema, più comodo ed economico anche se meno razionale, di conservarle in piccole cassette sovrapponibili costruite con listelli di legno o di plastica (plateaux). In disuso, o molto meno adottato è l’antico sistema di appendere i grappoli singolarmente, mediante uncini, a travi o a corde disposte oriz-zontalmente o verticalmente.
Un tempo i grappoli si sospendevano «rivoltati» cioè appesi con la punta anziché con il peduncolo. In questo modo gli acini che si distanziavano sensi-bilmente usufruivano di maggiore arieggiamento e potevano così appassire nelle migliori condizioni. Tale usanza è ricordata da Cassiodoro (VI secolo) il quale nella sua famosa lettera ai Possessori Veronesi scriveva: «Scelta l’uva nell’autunno dalle domestiche pergole, sospendesi rivoltata…».
I fruttai devono trovar posto in luoghi ben arieggiati ed asciutti. Si preferiscono località collinari, lontani dalle nebbie di fondovalle, e ambienti so-praelevati (granai e soffitte) con adatti serramenti.
Le temperature miti (sui 15-20°C) e le umidità relative piuttosto basse (65-70%) favoriscono l’appassimento e gio¬cano un ruolo di primaria importanza soprattutto nelle prime fasi di questo processo. In molti casi 50-60 giorni, in condizioni ottimali e con uve ben mature, sono sufficienti per avere un buon appassimento. In altri casi invece il soggiorno delle uve in fruttaio può arrivare a 100-120 giorni e più.
Il calo ponderale dell’uva alla fine dell’appassimento si aggira dal 30 al 35%. Recentemente sono state anche proposte delle particolari attrezzature per ottenere, negli stessi fruttai o in adatte celle mobili, un idoneo condiziona-mento della temperatura e dell’umidità.
PERCORSI DELLA VALPOLICELLA
La Valpolicella, terra di antiche origini, è ricca di bellezze naturali e testimonianze artistiche. Già in epoca romana il territorio attraeva ed affascinava per il paesaggio armonico e la sua tranquillità. Monumenti storici di grande richiamo sono i palazzi e le ville signorili della Valpolicella. Soprattutto durante il periodo di dominazione della Serenissima Repubblica di Venezia si formarono grandi possedimenti terrieri: le case padronali si trasformarono in sfarzose ville, decorate dai migliori artisti, teatro di salotti aristocratici ed intellettuali.
Numerose anche le testimonianze artistiche religiose in Valpolicella: gioielli architettonici sono le pievi di San Giorgio e San Floriano, l’ipogeo di Santa Maria in Stelle in Valpantena. Chiese campestri e pievi costellano il territorio, accanto al vasto repertorio artistico costituito dall’architettura popolare e rurale: patrimonio costituito da contrade, corti, torri colombare, volti, capitelli e fontane, muretti a secco creati con abilità tecnica tale da tradurre in arte anche il lavoro nei campi.
LE AZIENDE ADERENTI AL CONSORZIO VINI VALPOLICELLA
Per l’elenco completo delle aziende aderenti cfr: www.consorziovalpolicella.it/it/aziende
IL MERCATO DELL’AMARONE (*)
L’Amarone della Valpolicella, vino tra i più importanti d’Italia, continua ad essere motore della crescita economica del suo territorio: nel 2016 è cresciuto del 5% sul 2015 il giro d’affari del “sistema Amarone” (286 imprese che mediamente nel periodo 2010/2016, hanno annualmente imbottigliato in media poco meno di 110.000 ettolitri del grande rosso veronese) per un controvalore stimato attorno ai 330 milioni di euro. Anche grazie alle esportazioni, che valgono il 65% del mercato, cresciute del 3%, ma bene anche l’Italia, dove si registra una crescita in valore del 10%.
“La fisionomia produttiva delle denominazioni vini Valpolicella – commenta Christian Marchesini, presidente del Consorzio dei Vini della Valpolicella – è cambiata: dal 2005 al 2016, le aziende agricole produttrici di uva sono diminuite a favore di quelle che chiudono la filiera dall’uva alla bottiglia. All’interno di questo processo si collocano anche gli accorpamenti per acquisti o subentro generazionale. La superfice, dal 2006 in poi, è aumentata di 2.000 ettari e con essa la produzione di uva, in seguito all’acquisizione di diritti di impianto precedentemente al blocco dei vigneti Valpolicella del 2010. Ogni anno, inoltre, il Consorzio richiede alla Regione in accordo con le associazioni di categoria la selezione qualitativa dell’uva da Amarone fissando la percentuale di cernita in vigneto che non potrà comunque mai essere superiore ai 78 quintali ad ettaro previsti dal disciplinare”.
L’estero, evidentemente, rappresenta una componente fondamentale del mercato dell’Amarone, essendo la propensione all’export pari al 65% del prodotto imbottigliato, con Germania (18%), Usa (11%), Svizzera (11%) che si configurano come i principali Paesi di destinazione. Congiuntamente, questi tre mercati assorbono circa il 40% delle bottiglie esportate. A ruota seguono Uk (10%), Canada (7%) e Svezia (7%), con aumenti rilevanti in particolare nel caso del Regno Unito e del Paese scandinavo. Al contrario il ruolo dei mercati asiatici appare ancora marginale: Cina e Giappone pesano congiuntamente per meno del 5%, sebbene il valore dell’export in questi due Paesi sia cresciuto a doppia cifra sul 2015.
Ma va bene anche sul mercato italiano l’Amarone della Valpolicella, con un incremento del 10% in valore. L’horeca detiene un ruolo di primo piano, e pesa per il 25% delle vendite del mercato Italia, a cui va associata gran parte della quota detenuta dai grossisti (32%), che in molti casi rivendono il grande rosso della Valpolicella proprio a ristoranti ed enoteche. Marginale, invece, come è naturale che sia, il peso della gdo: secondo i dati Iri, nel 2016 sono state vendute in iper, super e negozi a libero servizio meno di 470.000 bottiglie di Amarone, appena il 3% di tutte le bottiglie prodotte. D’altronde l’incidenza del canale moderno figura sempre ridotta per i “grandi” rossi italiani, pari al 5% nel caso del Brunello di Montalcino, 3,3% per il Barolo, mentre arriva al 10% nel caso del Chianti Docg (ma in questo caso ci troviamo di fronte ad un quantitativo di bottiglie prodotte dieci volte superiore all’Amarone), sottolinea l’osservatorio.
“L’aumento in valore delle vendite di Amarone in Italia – sottolinea Olga Bussinello, direttore del Consorzio dei Vini della Valpolicella – è particolarmente lusinghiero vista la staticità del nostro mercato interno. Nella gdo, è molto significativa la crescita in valore del 18,5% nel 2016 rispetto al 2015 dell’Amarone della Valpolicella, perché superiore a quella degli altri rossi blasonati che, probabilmente, sono stati più spesso oggetto di promozioni. Inoltre, la notorietà del brand Amarone nell’alta ristorazione era stata evidenziata dal focus di WineMonitor/Nomisma nel 2015 su un campione di 96 ristoranti stellati italiani, in cui risultava presente in carta nell’86% dei casi, dietro solamente al Barolo e a pari merito con il Brunello di Montalcino. Tuttavia, l’Amarone, pur eccellente e conosciuto, richiede una spiegazione, un racconto. Per questo il consumatore lo sceglie prevalentemente al ristorante, in enoteca e anche in cantina, come dimostra il continuo aumento delle vendite dirette in azienda”.
La presenza dell’Amarone nei diversi canali di vendita è anche lo specchio della struttura della filiera dei vini Valpolicella, che vede il 39% delle bottiglie prodotto da piccole aziende (al di sotto delle 20 mila bottiglie). I dati dell’Osservatorio mostrano come siano soprattutto le grandi imprese della denominazione ad essere presenti sugli scaffali della Grande Distribuzione, che rappresenta un canale dove i piccoli produttori non entrano, alla luce delle condizioni economiche di accesso per loro spesso proibitive. Al contrario, le imprese più piccole hanno nella vendita diretta in azienda il principale sbocco commerciale, in alcuni casi per valori superiori al 50% del proprio fatturato.
Per capire le dinamiche di affinamento e immissione sul mercato, il Consorzio sta analizzando i dati delle giacenze di Amarone di fronte a una domanda di mercato che si fa sempre più pressante.
“Abbiamo stimato – racconta Olga Bussinello – un andamento medio delle giacenze, cioè il tempo in cui l’annata arriva pressoché ad “esaurirsi”, pari a 6 anni. Il picco di imbottigliamento e immissione in commercio (80%) si colloca fra il quarto e il quinto anno dalla vendemmia, lasciando in cantina circa il 20% dell’annata. Si tratta di un dato medio, che risulta fortemente condizionato dalla domanda di mercato. Nelle annate particolarmente richieste, come la 2009, le giacenze tendono a ridursi lievemente. L’Amarone Riserva, che, per disciplinare, deve avere almeno quattro anni di affinamento per uscire sul mercato non è stato considerato. Sono delle stime puramente numeriche, che non tengono conto della qualità dell’annata, né delle scelte individuali delle aziende, ma solo della tendenza della denominazione ad allungare il più possibile l’affinamento dell’Amarone senza perdere quote di mercato”.
(*) tratto da: www.winenews.it/news/44281/ del 30 gennaio 2017
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