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A cura di: Marco Emanuele Muraca – Redazione Beverfood

Fonte: Da Annuario Birre Italia 2006-07 ©Beverfood Srl – Milano

SOMMARIO: la classificazione di colore – la classificazione alcolica – classificazione commerciale – la classificazione tipologica – altre qualificazioni merceologiche e di mercato

Rif. Temporale: 07/2006

La birra è la bevanda alcolica dei cereali, così come il vino è la bevanda alcolica dell’uva. Più precisamente la birra è una bevanda moderatamente alcolica ottenuta dalla fermentazione del mosto di malto di cereali, aromatizzata con luppolo e satura di anidride carbonica (schiuma).

A fronte di una definizione generale della bevanda, nella realtà produttiva e di consumo ci troviamo di fronte a innumerevoli varietà di prodotto che si differenziano tra di loro per le diverse procedure produttive impiegate e per la diversa combinazione e qualità degli ingredienti utilizzati, con differenti risultati in termini di colori, odori, gusti, corposità, schiumosità e gradazione della bevanda

 
1-LA CLASSIFICAZIONE DI COLORE

Il colore della birra è l’elemento distintivo immediato percepito da tutti i consumatori. Il colore dipende dalla qualità e miscela dei malti impiegati nella produzione. A tal fine si possono considerare tre categorie fondamentali di prodotto: le birre chiare, le birre scure e le birre ambrate o rosse.

BIRRE CHIARE: sono spesso chiamate bionde o dorate e comprendono un’infinita gamma di cromature che vanno dal giallo paglierino poco carico all’oro intenso. La chiara è ottenuta da malti sottoposti a blando essiccamento, detti per l’appunto “malti chiari”. Il colore chiaro è tipico delle Pilsner* e delle altre Lager* a media gradazione, che rappresentano ormai la stragrande maggioranza delle birre consumate in Italia e nel mondo. Le dizioni equivalenti maggiormente utilizzate nelle altre lingue sono:
-HELL-HELLES (in tedesco),
-BLONDE (in francese) ,
-GOLDEN (in inglese) od anche PALE (questo termine viene talvolta riferito anche ad
una Ale* ambrata ).
Per le birre chiare di frumento* si tende a utilizzare la qualificazione di colore “BIANCA”, in assonanza con la terminologia specifica di questa tipologia (“Blanche”* per i belgi, “Weiss”* per i tedeschi)

BIRRE SCURE: sono ottenute da “malti scuri”, sottoposti ad un essiccamento più prolungato ed a temperature più elevate. La gamma cromatica delle birre scure spazia dal marrone al nero. Spesso le birre scure sono percepite come birre più forti; in realtà colore e gradazione sono caratteristiche fra loro indipendenti. La tonalità scura è tipica delle Stout* e Porter* britanniche, delle Rauchbier* e Scwharzbier* in Germania e di alcune Doppelbock* tedesche. Le dizioni equivalenti maggiormente utilizzate nelle altre lingue sono:
-DUNKL-DUNKEL-DUNKLES (in tedesco) od anche SCHWARZ ,
-BRUNE (in francese),
-BROWN, DARK , BLACK (in inglese).

BIRRE ROSSE (AMBRATE): sono nella gran parte dei casi delle birre ambrate, con tonalità di colore che vanno dall’oro rossiccio al marrone rossastro. Questa categoria di birre è ottenuta da malti che hanno subito un essiccamento leggermente più prolungato dei malti chiari, con affumicamento, ma senza tostatura finale (“Malti Vienna”). La tonalità ambrata è tipica, anche se non esclusiva, delle “Ale”* britanniche e belghe ma anche di alcune Lager (le “Vienna”*, e alcune “Bock”*). Alcune birre hanno un colore rosso più intenso dovuto alla presenza di particolari ingredienti, come, ad esempio, le speciali “Lambic”* all’amarena e alla fragola. Le dizioni equivalenti maggiormente utilizzate nelle altre lingue sono:
-AMBRÈE e ROUGE (in francese),
-AMBER e RED (in inglese).
 
2-LA CLASSIFICAZIONE ALCOLICA

La classificazione legale della birra assume come riferimento la gradazione saccarometrica e la gradazione alcolica dei prodotti. In materia spesso si crea una certa confusione perché a volte sono indicati i parametri saccarometrici e a volte quelli alcolici. E’ quindi opportuno chiarire preliminarmente i due tipi di gradazione.

GRADAZIONE SACCAROMETRICA: esprime la percentuale di estratto secco contenuta nel mosto di malto, in rapporto alla massa totale del mosto stesso. E’ espressa in “gradi plato”. L’estratto secco è ciò che resterebbe del mosto se si facessero evaporare l’acqua e le altre sostanze volatili; in concreto, quindi, l’estratto secco del mosto è costituito in grandissima parte dagli zuccheri e in piccolissime parti dalle altre sostanze cerealicole non trasformate in zucchero e dai sali minerali contenuti nell’acqua. Dopodiché con il processo di fermentazione l’estratto del mosto si scompone in tre componenti: alcool, anidride carbonica, estratto residuale non trasformato.

GRADAZIONE ALCOLICA: poiché l’alcool è solo uno dei componenti derivati dall’estratto originario del mosto, il “grado alcolico” finale (quantità d’alcool in rapporto alla massa totale della birra) è largamente inferiore al grado saccarometrico. Così, ad esempio, per una birra tipo Pils, con 12 gradi saccarometrici, la gradazione alcolica è intorno ai 4 gradi in peso e ai 5 gradi in volume (l’alcool è più leggero dell’acqua). In Italia e nella maggior parte dei paesi europei sull’etichetta è indicato normalmente il grado alcolico in volume, così come accade per il vino, mentre in qualche paese extra-europeo suole essere indicato il grado alcolico a peso. Ciò chiarito, prendiamo in considerazione le categorie di prodotti previste dalla legislazione italiana.

BIRRE ANALCOLICHE: sono le birre con una gradazione saccarometrica tra i 3 e gli 8 gradi e, comunque, con un gradazione alcolica fino a 1,2 gradi in volume. In Germania questo genere di birra è indicato con la dizione “ALCOHOLFREI”, mentre in inglese si suole usare la dizione “NON-ALCOHOLIC”.

BIRRE LEGGERE – BIRRE LIGHT – LEICHTBIER e SCHANKBIER (in tedesco): secondo la legge italiana sono “light” le birre tra i 5 e i 10,5 gradi saccarometrici e, comunque, con una gradazione alcolica ridotta fino ad un massimo di 3,5 gradi in volume. La qualificazione “light” (leggera) è, quindi, riferita alla gradazione alcolica. Naturalmente assorbendo meno alcool si assorbono anche meno calorie: si tenga conto che un grammo di alcool equivale a 7 Kcal.

Nel Nord America dove impazzano le diete “low carb” (a basso assorbimento di carboidrati) sono state lanciate con successo le c.d. LOW CARB BEER che sostanzialmente sono delle birre light (a gradazione alcolica più contenuta) con meno carboidrati (zuccheri) rispetto ad una birra normale.

Nell’ambito della famiglia delle birre a gradazione contenuta possono essere inserite anche le c.d. BEER COOLER (letteralmente birre rinfrescanti) ottenute dalla miscelazione di birra e bibite, come ad esempio la tedesca RADLER al limone e la corrispondente francese PANACHÈ. Stanno ora diventndo di moda in alcuni mercati (come quello tedesco) nuove varianti di beer cooler (alla cola, ai succhi di frutta, ecc.)

BIRRE (NORMALI): sono tali le birre con almeno 10,5 gradi saccarometrici ed una gradazione alcolica superiore ai 3,5 gradi in volume (in genere tra i 4 e i 5 gradi). Nei paesi a lingua tedesca per le birre con una gradazione saccarometrica compresa tra 11 e 15,9 gradi si usa la qualifica di “VOLLBIER” (letteralmente birra piena).

BIRRE SPECIALI: secondo la legge italiana sono qualificabili come tali le birre con almeno 12,5 gradi saccarometrici. Va specificato che la dizione “Speciale” (“Spezial” in tedesco, “Special” in inglese, “Spéciale” in francese, “Especial” in spagnolo) è alquanto abusata e utilizzata con significati non sempre omogenei tra un paese e l’altro e tra i vari produttori, per cui, come ogni termine abusato, esso tende a perdere di significato.

BIRRE DOPPIO MALTO: secondo la legge italiana sono le birre con almeno 14,5 gradi saccarometrici e una gradazione alcolica che tende a superare i 6 gradi in volume. In Germania è abituale la dizione BOCK* e per le super-forti quella di DOPPELBOCK*, od anche la dizione più generale di STARKBIER (birra forte), mentre in inglese si utilizzano i termini STRONG ed EXTRA-STRONG.. La qualificazione doppio malto non va presa alla lettera: è vero che per avere una birra più forte occorre impiegare più malto, ma non è vero che per produrre una birra “doppio malto” ci sia bisogno di una quantità doppia di malto.

Il grado alcolico della birra non è necessariamente una misura della qualità del prodotto; in realtà il consumatore che si avvicina ad un bicchiere di birra non cerca un pugno nello stomaco ma un ristoro dissetante, da ripetere eventualmente con un altro bicchiere e senza temere conseguenze fisiologiche .

 
3-CLASSIFICAZIONE COMMERCIALE

I produttori tendono ad usare una classificazione commerciale collegata al posizionamento di marketing delle loro birre, che tiene conto non solo delle caratteristiche qualitative intrinseche del prodotto e della confezione, ma anche della particolare destinazione di consumo/canale e delle caratteristiche d’immagine. Da questo particolare punto di vista i produttori tendono a distinguere le birre secondo le seguenti fasce di mercato: le birre economiche, le birre standard, le premium (e super premium) e le specialità.

BIRRE ECONOMICHE (Saving): sono quelle destinate a coprire le fasce più basse di prezzo nei vari canali di vendita: rientrano, quindi, in questa categoria le birre vendute nei discount e le birre da primo prezzo esposte nei supermercati con marchi anonimi e senza storia, con confezioni senza pretesa e con qualità essenziale, ovviamente senza alcun sostegno pubblicitario o promozionale. Il peso di questa famiglia di prodotti è cresciuto nel tempo.

BIRRE STANDARD: sono rappresentate per lo più dai marchi nazionali più noti, con un posizionamento di prezzo medio o medio-basso, con prodotti di buona qualità, ma senza particolari caratteri distintivi, appartenenti alla categoria delle birre chiare a bassa fermentazione e con una gradazione media. Esse rappresentano delle birre da tavola destinate al quotidiano consumo e sono canalizzate nei negozi e supermercati alimentari e nei locali non specializzati. In Francia è molto utilizzata la equivalente qualificazione di “BIÈRES DE LUXE”.

BIRRE PREMIUM e SUPERPREMIUM: rispetto alle birre standard, le premium hanno una qualità più curata, delle confezioni più ricercate, un’immagine più distintiva (grazie a sforzi pubblicitari più finalizzati) e, quindi, un posizionamento di prezzo più elevato . Se questo posizionamento viene ulteriormente stressato sul piano qualitativo, dell’immagine e del prezzo si parla più propriamente di birre super premium.

Può accadere che alcuni prodotti qualificati ufficialmente come “premium” in realtà abbiano poi un posizionamento allineato alle standard o siano sottoposti ad una frequenza promozionale tale da competere di fatto sulle fasce sottostanti

Nella fascia premium e superpremium sono posizionate tutte le lager di maggior prestigio nazionale e internazionale con il supporto di importanti investimenti in pubblicità e promozione..

BIRRE SPECIALITÀ: comprendono tutte le tipologie particolari di birra che si differenziano in modo significativo rispetto alle classiche bionde, a bassa fermentazione e a media gradazione, in virtù di:
-una gradazione più elevata,
-un colore differente (rosse o scure),
-una miscela particolare di cereali (es. birre di frumento),
-una particolare aromatizzazione (es. le birre ai liquori e acquaviti),
-una diversa fermentazione rispetto a quella a bassa temperatura.
Questi prodotti tendono ad avere un posizionamento di nicchia, una destinazione orientata ai consumatori più acculturati ed un livello di prezzo generalmente superiore a quello delle birre premium. Trovano particolare sbocco nei locali birrari specializzati, ma sono presenti anche nelle grandi superfici della distribuzione moderna che intendono fornire un’immagine più qualificata e distintiva del proprio assortimento.

 
4-LA CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA

Le birre, pur facendo riferimento ad una comune definizione merceologica di base, presentano un notevole livello di differenziazione in relazione alla diversità delle materie prime utilizzate, ai diversi processi di trasformazione e, anche, alle diverse tradizioni storiche, culturali e di consumo delle varie zone birrarie. In tal senso si suole parlare di una vera e propria “cultura della birra”, nello stesso modo in cui si parla di “cultura del vino”. Gli esperti parlano di differenti “tipologie“ birrarie; ogni tipologia fa riferimento ad una precisa tradizione produttiva e di consumo e ognuna di esse ha un suo carattere ed una propria personalità. La differenziazione tipologica delle birre parte innanzitutto dal metodo di fermentazione adottato e dalla miscela di cereali impiegati in produzione. In tal senso possiamo innanzitutto enucleare le quattro aree fondamentali di riferimento tipologico:

-le birre a bassa fermentazione
-le birre d’orzo ad alta fermentazione
-le birre di frumento ad alta fermentazione
-le birre di frumento a fermentazione naturale

4.1- Birre a Bassa Fermentazione

Il “metodo della bassa fermentazione” si caratterizza per il fatto che il processo produttivo avviene a basse temperature (tra i 6 e i 12 gradi) ed i lieviti, a fine fermentazione, si depositano in basso. Le birre a bassa fermentazione tendono ad essere più pulite e fresche, rispetto alle birre che utilizzano differenti metodi di fermentazione; vanno servite fredde, a temperature tra i 7° e i 9°.

LAGER (in senso ampio): con questo termine vengono genericamente individuate tutte le birre a bassa fermentazione. “Lager” in tedesco vuol dire “deposito” o “magazzino”. L’uso di questo termine deriva dal fatto che all’epoca in cui i produttori bavaresi cominciarono a sperimentare il metodo della bassa fermentazione, non solo producevano a basse temperature, ma immagazzinavano anche il prodotto in depositi a basse temperature (“lagering”). Va sottolineato che la gran parte delle birre consumate in Italia, in Europa e nel mondo appartengono a questa categoria. La grande famiglia delle Lager naturalmente comprende numerose varianti tipologiche

PILS–PILSEN-PILSNER: è la tipologia più nota e diffusa delle lager. Il nome deriva dalla città ceca di Pilsen dove per la prima volta fu fabbricato questo tipo di birra. Dall’aspetto oro pallido, a volte con riflessi verdolini, il prodotto si caratterizza per un gusto secco, decisamente ma gradevolmente amaro e molto luppolato, con abbondante schiuma e una gradazione alcolica tra i 4 e i 5 gradi.
In questa famiglia tipologica rientrano innanzitutto alcune pils tipiche delle Rep. Ceca (come la mitica Pilsner Urquel -Originale), alcune tra le più prestigiose marche tedesche (come Krombacher, Beck’s, Bitburger, Warsteiner, Veltins, Radeberger, DAB Original, Kulmbacher, Konigsbacher, Holsten, Brinkoff’s N. 1, Hasseroder), alcune note marche belghe (es. Maes Pils, Loburg e Primus), altre danesi (es. Ceres Top Pilsner) e spagnole (es. Estrella Damm), ma anche alcuni importanti marchi nazionali (come Forst Vip, Pedavena, Birra Morena Pils).

MONACO – MÜNCHNER LAGER: si contraddistingue per il sapore fortemente maltato e l’aroma poco luppolato; in passato le birre di Monaco erano famose soprattutto nella versione scura (“Dunkel”), ma oggi sono molto più diffuse nella versione chiara (“Hell”).
In questa tipologia rientrano alcune birre tipiche dei produttori di Monaco come la Löwenbräu Original Hell (Chiara), la Spaten München Hell (chiara), la Augustiner München Dunkel (scura)

LAGER (in senso stretto): per le birre chiare a bassa fermentazione e a media gradazione che non rientrano strettamente nello stile Pilsen (lager luppolate) o in quello Münchener (lager maltate), ma presentano un più bilanciato rapporto malto/luppolo, si suole utilizzare la semplice dizione di “Lager”, con l’eventuale specifica del posizionamento di marketing.
Tra le “lager standard” si inseriscono le note nazionali Peroni, Birra Moretti, Dreher, Splugen, Castello, Ichnusa. Tra le “lager premium e super premium” rientrano alcune marche nazionali (come Nastro Azzurro, Menabrea, Forst Premium, Poretti, Baffo d’Oro, Tappeto Volante), ma anche numerose marche estere che sono diventate popolari nel nostro paese, come: le danesi Tuborg e Carlsberg, le olandesi Heineken, Amstel, Bavaria e Grolsch, le tedesche Karlsbrau, Furstenberg, Binding Lager e Augustin Lager, le austriache Zipfer e Gosser, le francesi Kronenbourg e Meteor, le spagnole San Miguel Especial, Xibeca Damm e Cruzcampo, la britanniche Carling e Foster’s, la belga Stella Artois, la portoghese Sagres, la turca Efes, la sud africana Castle, la russa Baltika.

LAGER AMERICANA: alcuni studiosi utilizzano questa terminologia per rimarcare il fatto che le lager di tradizione americana tendono a differenziarsi rispetto a quelle classiche europee per l’impiego più frequente di cereali alternativi (quali mais, riso), per una alcolicità più contenuta e per una minore evidenza sia del malto che del luppolo, con una più facile bevibilità. In tal senso si potrebbe dire che esse siano un po’ meno birre e un po’ più soft drink e, non a caso, vengono spesso servite ghiacciate .
Un esempio classico di lager americana è la Budweiser (Bud), la marca di birra più bevuta negli USA e nel mondo (non a caso si autoqualifica come “the king of the beer”)

VIENNA: questa tipologia è originaria della capitale asburgica e viene fatta risalire all’opera creativa di Anton Dreher, il più famoso birraio austriaco. Nella versione originale indica una lager dolce, particolarmente maltata, di media alcolicità, con un colore ambrato. Ciò è dovuto all’impiego di particolari malti, detti per l’appunto “Malti Vienna”, affumicati ma senza tostatura finale. E’ difficile trovare questa tipologia di birra nella versione originale a livello industriale, ma è possibile reperirla in qualche micro-birreria.
Si veda, ad esempio, la Theresianer Vienna di Hausbrandt.

MÄRZENBIER: è la birra di marzo che va però consumata ad inizio autunno, soprattutto in occasione della Oktoberfest. Questa specificità temporale risale all’epoca in cui, non essendo ancora disponibili le moderne tecnologie di produzione, in estate non si produceva e, quindi, in marzo veniva predisposta la produzione di scorta che doveva servire per i consumi dell’inizio autunno. La märzenbier è una lager bronzo-ramato e presenta una gradazione alcolica un pò più alta rispetto alle normali lager (mediamente 5,5°). Poiché il prodotto è molto consumato in occasione dell’oktober fest, questa tipologia di birra viene talvolta indicata anche con la denominazione OKTOBERFEST, anche se sotto questa denominazione confluiscono spesso delle märzen di tonalità chiara.
Le lager di questa specie sono tipiche di alcuni produttori bavaresi (si vedano, ad esempio, la Paulaner Oktoberfest, la Hacker Pschorr Märzen, la Lowenbrau Märzen, la Augustiner Octoberfest), ma sono prodotte anche da alcuni produttori al di fuori della Germania (si vedano, ad esempio, l’italiana Menabrea Amber e l’austriaca Villacher Märzen)

RED LAGER – RED BEER: al di fuori delle specifiche tipologie “Vienna” e “Marzenbier”, eventuali altre lager ambrate e rosse a media gradazione tendono ad essere qualificate come “Red Lager” o più generalmente “Red Beer”.

FESTBIER: in Germania è consuetudine qualificare come “festbier” le lager destinate a feste, anche se in questa qualificazione possono rientrare stili diversi e, comunque, tutti con gradazione un po’ più sostenuta delle lager normali (tra i 5 e i 6° alcolici).

DORTMUNDER – DORT LAGER: con questa denominazione vengono indicate le lager tipiche di Dortmund, che a suo tempo era la città tedesca che esportava maggiormente birra. La Dortmunder è una via di mezzo tra una Pils e una Münchener: meno luppolata rispetto alla pils, ma più secca rispetto alla Münchener e, comunque, leggermente più forte di entrambe. Talvolta la qualificazione Dort si sovrappone a quella più generale di “Export Lager”.
In questa famiglia tipologica rientrano alcune lager tipiche dei produttori di Dortmund, come la Dortmunder Union Export.

EXPORT – EXPORT LAGER: è l’indicazione utilizzata per le birre lager destinate idealmente all’esportazione e, quindi, con una gradazione alcolica un può più sostenuta rispetto alle normali lager (tra i 5 e i 5,5° gradi alcolici).
Alcuni produttori preferiscono dare l’indicazione commerciale di “Premium Lager” o quella ancor più generica di “Birra Speciale”
Tra le export lager più note in Italia si possono citare la tirolese Forst Kronen, le austriache Fohrenburger N.1 e Villacher Export, le tedesche Hansa Export, Kronen Export, Binding Export, Wieninger Export Hell, Eku Export e Kulmbacher Export.

RAUCHBIER – SMOKED BEER: letteralmente birra affumicata. La Rauchbier è una lager speciale della Franconia, dal colore scuro e con un caratteristico gusto affumicato, determinato dalla particolare essiccazione dei malti su ceppi di faggio.
Le marca più nota è la Schlenkerla di Bamberg, ma si sta affermando la moda delle birre affumicate nell’area delle birrerie artigianali
SCHWARZBIER – BLACK BEER: è una lager molto scura (nera) con un gusto deciso di malto torrefatto ed una gradazione intorno ai 5° alcolici. Talvolta l’aggettivazione “Schwarz” viene indicata come riferimento di colore anche di tipologie diverse.
La marca tedesca più famosa di questa tipologia è Köstritzer (gruppo Bitburger), ma ci sono altri produttori tedeschi che producono questo tipo di birra; vedi, ad esempio, Schmucker Schwarzbier, Leikem Schwarz, Monchshof Schwarzbier.

DUNKEL LAGER – DARK LAGER: ogni altra lager di colore scuro che non rientra specificamente nelle tipologie Rauchbier e Schwarzbier può essere genericamente qualificata come Dunkel Lager (in tedesco) o Dark Lager ( in inglese).

ICE – ICE BEER – ICE LAGER: recente tipologia di lager di origine canadese (la ditta che ha inventato questa tipologia è la Labatt che l’ha poi introdotta anche in Italia). Il termine “ice” (ghiaccio) fa riferimento al particolare processo produttivo adottato, che prevede, al termine della fermentazione, l’abbassamento della temperatura a 4° sotto zero. In tal modo le sostanze ad alto peso molecolare (impurità), che potrebbero coprire il gusto del prodotto, precipitano e vengono successivamente filtrate. Si ottiene così un prodotto raffinato, con un gusto più pulito e un corpo delicato e leggero, che esalta la freschezza e la bevibilità della birra. L’ ice beer ha una gradazione media intorno ai 5° – 5,5°. Qualche produttore ha lanciato la versione “SUPER-ICE” con gradazione più sostenuta, sovrapponendosi in tal caso al concetto della tedesca Eisbock* .
Tra le ice beer presenti sul nostro mercato va citata l’italiana Sans Souci Ice ( Heieneken)

DRY BEER: è una delle tipologie di lager più recenti. Letteralmente vuol dire “birra secca”, così chiamata perché si caratterizza per un gusto molto secco, neutro, senza retrogusti. Originaria del Giappone, questo tipo di lager si è già affermata negli USA ed ora comincia ad essere presente anche in Europa.
Tra le dry beer presenti sul mercato italiano va segnalata la giapponese Asahi Super Dry.

BOCK – STRONG LAGER: in Germania, ma anche in altri paesi europei, le birre a maggior gradazione (tra i 6 e i 7 gradi alcolici) vengono denominate ”Bock”. Secondo alcuni storici della birra tale termine deriva dalla città tedesca di Einbeck (in Bassa Sassonia), dove le locali birre forti erano denominate “beck” che, successivamente, nell’accento bavarese si trasformò in “bock”. Il prodotto si caratterizza, oltre che per l’elevata gradazione, anche per una buona corposità ed una accentuata maltosità. La tonalità di colore può essere dorata, ambrata, scura. Al du fuori della Germania una lager ad alta gradazione può qualificarsi più semplicemente come Strong Lager, mentre in Italia si preferisce la dizione legale di Doppio Malto. Una tipica variante stagionale della bock è la MAYBOCK, cioè la bock di maggio per festeggiare la primavera.

Tra le varie Bock presenti sul nostro mercato si possono citare le tedesche Monchshof Bockbier, Einbecher Ur-Bock, Spaten Premium Bock, Engel May Bock, HB May Bock ed Augustiner May Bock, ma anche strong lager di altre nazioni, come le italiane Peroni Riserva, Bock 1877, Forst Sixtus, Menabrea Doppio Malto, La Rossa Moretti e Castello Riserva, le francesi Fischer Tradition e Bière du Desert e le spagnole San Miguel Nostrum e Alhambra Reserva..

DOPPELBOCK: nella tradizione tedesca una lager che supera i 7,5 gradi alcolici viene nominata Doppel Bock, sovente di colore molto scuro e con una corposità più accentuata rispetto ad una semplice Bock*. Va segnalata la consuetudine dei produttori tedeschi di utilizzare per le doppelbock dei marchi terminanti con la desinenza in “ator”
Si possono ricordare alcune tipiche doppelbock tedesche (come Salvator, Celebrator, Maximator, Kulminator- più nota come Eku 28-, Triumphator), ma anche altre lager super-forti di altri paesi, come le scozzesi Tennent’s Super e Slalom Strong Lager, l’olandese Bavaria 8.6, la danese Ceres Old 9, l’italiana Black Royal Strong Lager, la francese La Bière du Demon e la svizzera (ora austriaca) Samichlaus (Triple Bock).

EISBOCK: è una particolare tipologia delle lager extra strong. Nel corso del processo produttivo il liquido viene portato sottozero, asportando successivamente la parte gelata. Poiché la parte gelata è composta solo da acqua (l’acqua si congela prima dell’alcool), si ottiene un prodotto con maggiore concentrazione alcolica; infatti la gradazione della eisbock è intorno ai 10 gradi a volume.
Una della eisbock presenti sul mercato italiano è la Kulmbacher Ice Bock.

MALT LIQUOR: è la denominazione con cui negli USA sono qualificate le lager con gradazione alcolica superiore ai 5°. Il termine è esagerato perché una birra, per quanto possa essere forte, non potrà mai arrivare alla gradazione dei liquori.

4.2- Le Birre d’Orzo ad Alta Fermentazione

Il “metodo dell’alta fermentazione” si caratterizza per il fatto che la produzione avviene ad alte temperature (tra i 15 e i 25 gradi) e i lieviti, a fine fermentazione, risalgono in superficie. In questa categoria rientrano le famiglie tipologiche delle “Ale”, “Stout”, “Porter” nonché le “Birre di Frumento” che andremo a considerare come categoria a parte..
A parità di gradazione le birre ad alta fermentazione tendono ad avere un sapore più corposo e pieno, una maggiore varietà gustativa ed aromatica e un più ampio spettro di varietà cromatiche rispetto alle lager. Sono le birre più tradizionali e, per apprezzarne a pieno tutte le caratteristiche, non vanno servite fredde, ma a temperatura di cantina (tra i 13 e 15° C.).

ALE: dal latino “alere” (crescere) e “alimentum” (cibo). “Ale” era il nome della birra in Inghilterra quando la si produceva ancora senza luppolo. Molto più avanti il termine “Beer” entrò in uso nella lingua inglese, ma solo per indicare la “bière” luppolata esportata dai mercanti belgi a Londra. Col tempo anche i conservatori inglesi si convinsero a luppolare le proprie “ale”, ma questo termine continuò ad essere usato per indicare le birre tipiche inglesi con fermentazione a caldo. In termini più generali la denominazione “ale” identifica le birre ad alta fermentazione, di colore prevalentemente (ma non esclusivamente) ambrato, con gusto e gradazione variabile, a seconda degli stili specifici. In qualche paese il termine viene impropriamente utilizzato anche per indicare birre ispirate alle “ale” tradizionali, ma realizzate con il procedimento della bassa fermentazione. La grande famiglia delle Ale comprende numerose tipologie che andremo ad esaminare per ordine geografico:
-Ale Britanniche (inglesi, scozzesi e irlandesi)
-Ale Belghe e Francesi
-Ale Tedesche

BITTER ALE: letteralmente “birra amara”, a causa dell’abbondante luppolatura utilizzata in produzione. Le bitter inglesi sono delle ale tradizionalmente consumate alla spina e si connotano per un colore ambrato, un sapore secco ma fruttato e una scarsa quantità di schiuma (quasi piatta).
In relazione alla gradazione alcolica possono essere enucleate tre sottospecie della Bitter:
Ø la ORDINARY BITTER (da 3,5 a 4° ),
Ø la BEST BITTER (tra 4 e 5° alc.),
Ø la EXTRA SPECIAL BITTER – ESB (oltre i 5° alc.).
Tradizionalmente la maturazione e rifermentazione delle Bitter Ale avveniva in fusto nella cantina dei pub inglesi. A partire dagli anni ’60 alcuni produttori hanno cominciato a produrre bitter filtrate e pastorizzate, per dare loro un aspetto più brillante ed allungarne la conservabilità. I consumatori tradizionalisti si sono ribellati a questa pratica ed oggi la bitter tradizionale, riqualificata con il termine di Real Ale*, è ritornata in auge.
In Italia sono importate diverse Bitter Ale tra cui: John Bull (Finest Bitter), Bombardier Bitter, Fuller’s London Pride (Best Bitter Ale), Green King Abbot Ale (Best Bitter), John Smith’s Extra Smouth (S&N).

REAL ALE (“Cask-Conditioned Ale”): identifica le ale britanniche rifermentate nei fusti nelle cantine dei pub, grazie all’azione di lieviti aggiunti sugli zuccheri residui. Sono servite fresche alla spina, con un gusto più vivo e una migliore esaltazione dei sapori. Questa tradizione stava scomparendo, ma una massiccia campagna da parte dei consumatori inglesi, associati al CAMRA, ha rilanciato questa pratica di consumo.
In Italia l’importazione di diverse Real Ale provenienti da piccoli birrifici tradizionali è organizzata dalla Real Ale Society; tra le Real importate quelle dei birrifici Frederic Robinson Orkney, George Gale, Black Ship e Belhaven.

PALE ALE: “Ale” tipica della zona di Burton on Trent (East Midlands). L’origine della qualifica “pale” (pallida-chiara) deriva dal fatto che queste birre erano più chiare delle Porter* scure che all’epoca imperavano a Londra. In realtà esse sono di colore ambrato, con una qualità più fine delle Bitter* (corrispondono in sostanza a delle “Bitter Premium”) ed un gusto particolare, dovuto alla ricchezza di sali minerali che caratterizzano l’acqua impiegata nel processo produttivo. La versione più alcolica è indicata con la sigla IPA*
La Pale Ale inglese più diffusa sul mercato italiano è la Bass Pale Ale (gruppo Inbev), ma una Pale Ale interessante è proposta anche dalla birreria Theresianer e una dalla John Martin’s (Martin’s Pale Ale).

MILD ALE (Ale dolce): si pone in contrapposizione gustativa con la Bitter Ale*. Infatti la “mild” è un tipo di ale meno luppolata e, quindi, meno secca della bitter, con una gradazione leggermente più bassa (sotto i 4° alc.). Esiste una versione più chiara (pale-mild) e una più scura (dark-mild), che è quella attualmente più diffusa. E’ una birra tipica delle zone minerarie del Galles, dove il prodotto veniva abitualmente consumato dai minatori; oggi si fa fatica a trovarla in giro.

BROWN ALE (Ale bruna-scura): ha un colore che va dall’ambrato scuro al marrone, con gradazione variabile da 3,5 a 6° alc. Le Brown Ale sono simili alle Dark Mild ma sono prodotte con malto-caramello e, quindi, hanno un gusto molto più dolce.
La Brown Ale più nota sul mercato italiano è la Newcastle Brown Ale importata dalla Scotish & Newcastle .

CREAM ALE: cosiddetta perché ha una consistenza morbida quasi cremosa, un gusto dolciastro ed una gradazione più contenuta. Questa tipologia è oggi più diffusa negli USA.

Le Ale inglesi più forti assumono diverse denominazioni a seconda della gradazione e delle tradizioni produttive.

EXTRA SPECIAL BITTER (ESB): è la qualificazione specifica delle bitter forti con oltre 5 gradi alcolici.

INDIA PALE ALE – IPA: è la qualificazione specifica delle Pale Ale più alcoliche e luppolate. La IPA è così chiamata perché in passato era la birra destinata ai sudditi britannici in India che, a causa del lungo trasferimento, richiedeva per l’appunto una maggiore luppolatura e una maggiore gradazione (luppolo e alcool sono ottimi conservanti naturali).

OLD ALE (Ale invecchiata): identifica in generale una “Ale” scura, ad alta gradazione e di maggior corpo, tradizionalmente invecchiata un paio d’anni prima di essere consumata.

STRONG ALE: è la denominazione generica di una “Ale” a forte gradazione.

Tra le “ale” inglesi ad alta gradazione importate in Italia si ricordano la Fullers Golden Pride, la Bombardier Strong Ale, la Young’s Special London Ale (ESB) e la Marston’s India (IPA). Una strong ale è anche proposta dalla Theresianer. Più numerose sono le Strong Ale di origine scozzese.

BARLEY WINE: “Ale” extra strong, con gradazione vicina a quella del vino (dai 10° gradi in su), di notevole corposità, generalmente scura; ecco perché si chiama “Barley Wine”, cioè “vino d’orzo”.
In Italia sono abbastanza note le barley wine Young’s Old Nick e Thomas Hardy Ale.

(IRISH) RED ALE: classica “Ale” irlandese, con un gusto ben bilanciato tra malto e luppolo ed una caratteristica nota burrosa. Il colore è tendenzialmente rossiccio, quasi a ricordare il rosso dei capelli delle fiere ragazze irlandesi.
Tra le Red Ale note in Italia si ricordano: Mc Farland, Kilkenny, Caffrey’s Ale.

SCOTCH ALE: hanno un colore ambrato più scuro ed un sapore più maltato delle “Ale” inglesi. In relazione alla differente gradazione vengono identificati i seguenti sottotipi: Light, Heavy, Export, Strong. Talvolta viene utilizzata la vecchia classificazione in shillings (scellini), collegata al valore delle accise da pagare sulla birra a seconda della gradazione (60/-, 70/-, 80/-, 90/-). Il termine Scotch Ale è anche utilizzato da altri produttori di Ale non scozzesi (es. del Belgio) per indicare una Ale molto scura, con una accentuazione di malto.
Sul mercato italiano sono presenti, soprattutto in versione strong, numerose Scotch Ale, tra le quali si ricordano: Devil’s Kiss, Tennent’s Scotch, Traquair, Bulldog, Gordon’s Scotch Ale, Mc Evan’s Scotch Ale, Slalom Strong Ale.

STOUT: rappresenta una delle grandi famiglie delle birre ad alta fermentazione, di tradizione britannica e irlandese. “Stout” in inglese vuol dire “robusto”, da riferire nel nostro caso non tanto alla gradazione, ma alla particolare corposità della birra. Il prodotto si caratterizza per un colore scuro, quasi nero, in quanto nella produzione vengono impiegati malti neri e caramello. Alcune Stout, dal classico colore scuro, sono prodotte in Danimarca e Olanda, ma con il metodo della bassa fermentazione. Esistono diverse sotto-tipologie della Stout:

DRY STOUT: è la stout tradizionale irlandese , con un gusto secco, amaro, ma corposo, nonostante una gradazione normale (4 – 5° alc.)

MILK STOUT – SWEET STOUT: è la stout* tradizionale inglese, cui viene aggiunto zucchero di latte (lattosio) che conferisce alla birra un gusto dolce e ristoratore.

OATMEAL STOUT: speciale “Stout”, ottenuta con aggiunta di farina di avena (oatmeal) al mosto di base. Si caratterizza per una maggior corposità e una leggera consistenza oleosa rispetto ad una Stout normale.

IMPERIAL STOUT: le “Stout” a più alta gradazione sono generalmente identificate

con la terminologia tradizionale di “Imperial Stout”. Questa era il tipo di Stout destinato alla Russia degli zar e che, in considerazione del lungo viaggio di trasferimento, veniva preparata con un’elevata gradazione. Il prodotto ha una notevole corposità, spesso con un sentore di ribes, con una gradazione alcolica tra i 7° e i 10° . Oggi è più comune la qualificazione di “EXPORT” per le stout destinate all’esportazione con una gradazione un pò più alta di quelle nazionali

La stout più diffusa in Italia è la Guinness irlandese in tutte le sue varianti, ma è abbastanza nota anche la Murphy’s. Sono inoltre importate nel nostro paese altre marche, come la Beamish Stout e la Belhaven Stout.

PORTER: era la birra scura più consumata a Londra nel periodo della rivoluzione industriale. Nasce dalla pratica, allora in voga, di miscelare tre birre diverse: la leggera e a buon mercato Beer, la più forte e costosa Ale e, la migliore di tutti, detta Two Penny. In inglese “Porter” vuol dire “facchino” ed è probabile che il prodotto si sia diffuso inizialmente proprio tra i facchini che frequentavano le taverne-pub dei mercati generali di Londra. La Porter somiglia molto ad una Dry Stout*, meno corposa e con una particolare nota di caffè per l’impiego di malti torrefatti ed in genere con una più elevata gradazione. Nel dopoguerra le Porter erano quasi scomparse; oggi sono state riprese, soprattutto a livello artigianale.

L’altro Paese europeo cha ha una forte tradizione nella produzione di birre al alta fermentazione è il Belgio.

BELGIAN ALE: la denominazione comprende diverse tipologie di birre ad alta fermentazione tipiche del Belgio, dove questi prodotti sono generalmente qualificati con l’aggettivazione di “Spèciale”, proprio al fine di differenziasi rispetto alle più comuni birre a bassa fermentazione (lager e pils). Le ale belghe si contraddistinguono rispetto a quelle britanniche per una maggiore aromaticità, un certo sentore di malto e una gradazione tendenzialmente più elevata.
Tra le ale belghe a media gradazione più note in Italia si ricordano Palm e De Koninck

OUD BRUIN -FLEMISH BROWN ALE: con questa denominazione vengono indicate delle birre scure invecchiate, prodotte con il metodo dell’alta fermentazione, con gradazione intorno ai 5° alc., dal gusto acidulo (che ricordano un pò la tipologia Lambic*) ed un sentore di speziato, tipiche della regione delle Fiandre (Belgio). In Olanda, invece, la denominazione “oud bruin” viene spesso utilizzata per indicare una lager scura molto abboccata, in ricordo delle scure di Monaco.
Esempi classici della bruna delle Fiandre sono la “Oud Bruin”(5° alc.) e la Goudenband (versione più forte con 8°) della Liefmans.

FLEMISH RED ALE: come la consorella “Flemish Brown Ale”*, anche questa tipologia di birra si contraddistingue per il sapore acido (Sour), ma si presenta con un bel colore rosso -rubino a causa dell’invecchiamento in boti di rovere, da cui la birra assorbe sostanze che tendono ad accentuare il rossore del prodotto. La gradazione varia tra dai 5 e i 7 gradi allc.
La Flemish Red Ale più nota in Italia è la Rodenbach (gruppo Palm) che presenta anche una versione più dolce arricchita con essenza di ciliegia (Rodenbach Alexander).

SAISON: “Ale” estiva tipica della tradizione contadina in Vallonia (Belgio). Si connota per un colore arancio scuro, un gusto acidulo e luppolato, spesso con un sentore di frutta ed erbe speziate. La gradazione, originariamente leggera, è oggi più sostenuta (almeno 5° alc.).
Tra le Saison importate in Italia si possono citare la Dupont e la Saison Regal della Bocq.

Ma è soprattutto nell’ambito delle “Ale forti” che il Belgio si mostra particolarmente ricco di offerte e tradizioni.

BELGIAN STRONG ALE: individuano le ale belghe ad alta gradazione ispirate alle Scotch Strong Ale. Sono celebri soprattutto le Ale super-forti in versione dorata che assumono la denominazione specifica di GOLDEN STRONG ALE, avente come capostipite la birra Duvel (la birra del diavolo) di 8,5° alc.. Questa tipologia di birra ad elevata alcolicità (da qui l’uso o, se si vuole, l’abuso di qualificazioni diaboliche) si caratterizzano per un gusto aromatico e fruttato, mentre quelle in versione scura (DARK STRONG ALE), sono molto simili alle “Barley Wines”* inglesi.
Tra le Strong Belgian Ale più note in Italia si possono citare, oltre alla Duvel, Satan, Lucifer, Brigand, Judas, Gordon Finest Gold, Sloeber, Delirium Tremens e, fra le scure, Moinette Brune, Gauloise Brune, La Binchoise Brune, Boucanier Dark Ale .

TRAPPISTA: è la tipologia più famosa delle strong ale belghe e olandesi. Le trappiste sono così dette perché sono preparate dai monaci trappisti che, ancora oggi, le producono all’interno delle proprie abbazie (sei in Belgio e una in Olanda). Rappresentano le classiche “birre da meditazione”, ad alta fermentazione, rifermentate in bottiglia, ad alta gradazione, molto corpose, dal gusto fruttato e aromatizzato, con colori che spaziano dall’oro, all’ambrato ed al marrone scuro.

In Italia sono importate con regolarità le trappiste belghe Chimay, Orval, Achel, Rochefort e Westmalle e La Trappe( NL).

BIRRE D’ABBAZIA – ABBAYE – ADBIJBIER : “Ale” forti e corpose di vario colore, con aromi intensi e fruttati, sovente rifermentate in bottiglia, molto simili alle “trappiste”*. Sono prodotte da alcune fabbriche private che hanno avuto in licenza l’uso del nome da parte di alcuni monasteri che non producono più. La gradazione può variare dai 6° e fino ai 10 °. Con riguardo sia alle birre trappiste che a quelle d’Abbazia, le varie versioni di gradazione vengono talvolta indicate con la seguenti terminologie (in ordine di gradazione): Single, Duble/Dubbel, Triple/Tripel, Quadrupel .
In Italia sono importate numerosissime birre d’Abbazia: Leffe, Grimbergen, Tongerlo, Ename, Affligem, Floreffe, Abbay de Rocs, Het Kapitel, Maredsous, Triple Karmeliet, St Bernardus e altre ancora.

BIÈRE DE GARDE : il significato letterale nella lingua francese è “birra di cantina”, in quanto tradizionalmente era destinata all’invecchiamento. E’ tipica delle zone nordiche della Francia, normalmente prodotta con lieviti ad alta fermentazione, con rifermentazione in bottiglia (spesso in bottiglie di vino con tappo di sughero, similmente a quanto avviene per lo champagne), ad alta gradazione, dal colore ramato. Oggi alcune birre di questa tipologia sono prodotte con lieviti a bassa fermentazione. La “Bière de Paris” è la variante parigina di questa tipologia.
Tra le varie Bière de Garde importate in Italia possiamo citare: Jenlain, Ch’iti,La Gaudale, La Souchet.

Anche la Germania, patria delle Lager, è produttrice di alcune birre ad alta fermentazione, come le Altbier, le Koelsch e le Steinbier.

ALTBIER: il significato letterale nella lingua tedesca è “birra antica”. E’ una Ale tipica della regione di Dusseldorf in Germania, simile alle Ale inglesi e belghe, di colore ramato, sapore pulito e ben equilibrato e gradazione media.

KÖLSCH: è una delle pochissime “Ale” dorate, grazie all’impiego di malti chiari, dal gusto secco e leggermente fruttato. Il nome deriva dalla città di Colonia (KOLN) in Germania, dove questa tipologia si è storicamente sviluppata.

Tra le Ale tedesche importate in Italia possiamo ricordare: Schlösser Alt (Gruppo Radeberger), Frankenheim Alt (gruppo Warsteiner), Hannen Alt, Gaffel Kölsch

STEINBIER: letteralmente “birra alla pietra“. E’ prodotta con un metodo di riscaldamento primitivo, immergendo pietre incandescenti nell’infusione di malto fino a farlo bollire. Le pietre sfrigolanti, ricoperte di zucchero caramellato, sono poi reimmerse nella birra nella fase di maturazione per provocare una seconda fermentazione. Si ottiene un prodotto molto corposo, con sfumature d’affumicato.

4.3- Le Birre di Frumento ad Alta Fermentazione

Appartengono a questa categoria le birre ottenute da una miscela, all’incirca paritetica, d’orzo e frumento, lavorate con il sistema dell’alta fermentazione. La forte presenza del frumento conferisce al prodotto un sapore caratteristico ed unico ed una abbondante schiumosità. Nel dopoguerra questa categoria tipologica stava scomparendo, ma negli ultimi anni ha avuto un notevole risveglio nei consumi, sia nei paesi d’origine, sia nei paesi che non hanno mai avuto questa tradizione. Dato che si tratta di birre più dissetanti e rinfrescanti, esse vanno servite a temperatura fredda (tra gli 8 e i 9 gradi).

WEIZEN- WEISS – WEIZENBIER – WEISSBIER : in Germania le birre di frumento sono denominate “Weizenbier” (birre di frumento) od anche “Weissbier” (letteralmente birre bianche). Nella miscela di cereali, il frumento maltato tende ad essere prevalente sugli altri cereali; viene inoltre utilizzato un particolare lievito che apporta al prodotto un delicato aroma di chiodi di garofano. Il sapore è decisamente fruttato. All’interno di questa famiglia tipologica si possono distinguere diverse sottospecie:
Kristallklar, Hefe Weizen, Berliner Weiss, Dunkel Weizen, Weizenbock; cominciano, inoltre, ad essere proposte anche delle Weizen analcoliche e light ed anche tipo Radler*

KRISTALLKLAR – KRISTALLWEIZEN: è la weizen chiara, filtrata e, quindi, senza lievito (cioè cristallina).

HEFE WEIZEN: è la weizen rifermentata e non filtrata con i residui di lievito in bottiglia (“hefe” in tedesco vuol dire lievito), che conferiscono al prodotto una particolare caratterizzazione olfattiva e un aspetto torbido.

DUNKEL WEIZEN (più raramente Schwarz Weizen): con questa denominazione si fa riferimento alla versione più scura e abboccata delle weizen .

BERLINER WEISS: è la birra di frumento tipica della città di Berlino (letteralmente “Bianca di Berlino”), che suole essere proposta al consumo in tre differenti versioni di colore: la bianca vera e propria, la verde (nella quale s’aggiunge sciroppo di stellina di bosco) e la rossa (con sciroppo di lampone). Oltre al lievito a fermentazione alta, viene aggiunto alla birra anche un particolare fermento lattico che contribuisce a dare al prodotto una singolare acidità fruttata. La Berliner Weiss viene considerata come la più rinfrescante e dissetante delle birre; oltretutto ha una bassa gradazione (circa 3 gradi alc.), quasi da “birra light”.

WEIZENBOCK: è la versione più alcolica e maltata delle weizen tedesche.

Il numero delle marche di weizen proposte sul mercato italiano è crescente; tra di esse possiamo citare: Erdinger (vari tipi), Paulaner Hefe Weiss, Tucher Helles Hefe Weizen, Schoefferhofer Hefeweizen, Oberdorfer Weissbier, Weihenstephan (vari tipi), Franziskaner (vari tipi), Schneider Weisse, Kapuziner (vari tipi), Ayinger Brau-Weisse, Koenig Ludwig (vari tipi), Maisel’s, Herrnbrau (vari tipi) ed, infine, l’austriaca Edelweiss del gruppo Brau Union.

BIÈRE BLANCHE: in Belgio la birra di frumento è denominata “Bière Blanche” (birra bianca), od anche, nella lingua fiamminga, Witbier. Tale denominazione deriva dal fatto che il prodotto si presenta con un colore lattiginoso, quasi opalescente. La miscela di cereali impiegata è costituita da orzo maltato, frumento non maltato ed in piccola parte anche da avena. Il prodotto si caratterizza per un leggero tono di acido lattico e per un intenso aroma di frutta.

Tra le “Blanche” presenti sul mercato italiano possiamo ricordare: la Hoergarden (gruppo Inbev), la Steendonk, la Mater Wit Bier di Roman, la Serena Bianca di Corsica, la Wiecse Witte, la Blanche de Brabant della John Martin, la Blanche de Namour, la Blanche de Bruxelles

WHEAT BEER: le birre di frumento prodotte al di fuori delle tradizionali aree di produzione delle “Weizen” e delle “Blanche” tendono ad essere qualificate con la dizione inglese di “Wheat Beer”.

 
4.4- Le Birre di Frumento a fermentazione naturale

Il “metodo della fermentazione spontanea” si caratterizza per il fatto che al mosto non vengono aggiunti gli appositi lieviti pre-selezionati; il mosto, collocato in vasche a cielo aperto, attrae e utilizza i fermenti naturali presenti allo stato libero nell’atmosfera. I prodotti ottenuti con questa metodologia hanno il fascino delle birre antiche, ma sono prodotte in quantità limitate solo in alcune zone del Belgio (provincia del Brabante), dove esistono le combinazioni ambientali che consentono di realizzare questo tipo di fermentazione. Naturalmente, poiché le condizioni ambientali non sono mai esattamente uguali e ripetibili nel tempo, questi prodotti presentano una certa variabilità qualitativa. Vanno servite a temperatura di cantina (tra i 13 e 15 gradi).

LAMBIC: è la birra di base per tutte le varie tipologie a fermentazione naturale. Il nome deriva dalla cittadina belga di Lambeek, ubicata nella zona tipica di produzione di questi prodotti (la zona, a ridosso di Bruxelles, è denominata Pajottelnd). Il Lambic (da notare come il nome di questa birra sia maschile come il vino) è realizzato con una miscela di malto d’orzo (di colore chiaro tipo Pilsner) e frumento non maltato (almeno il 30%). Deve essere molto luppolato per minimizzare i rischi d’alterazioni, ma ciò viene fatto con fiori di luppolo invecchiati in modo da attenuare l’amaro del luppolo giovane. Il mosto, dopo aver assorbito i fermenti naturali, viene posto in botti di legno dove si svolge un processo di fermentazione complesso che richiede una maturazione, con rifermentazione, molto lunga. Il lambic puro presenta una notevole complessità di sapori, un gusto acidulo, una consistenza vinosa, un colore ambrato scuro ed una gradazione alcolica intorno al 5%.. La quasi totalità del Lambic prodotto viene miscelato per ottenere delle tipologie derivate (Geuze*, Faro*, Kriek*, Frambozen* e altre ancora).

GEUZE – GUEUZE: prende il nome dal termine “gueux” (pezzente), in relazione al fatto che in passato questa bevanda era considerata come una bevanda popolana.. Oggi invece la Geuze è vissuta come una bevanda da intenditori e viene chiamata “lo champagne del Belgio”. Questa birra a fermentazione naturale è ottenuta miscelando due o più Lambic di età diversa. Questa miscelazione produce una ulteriore fermentazione che determina un gusto meno acidulo e più equilibrato, rispetto al Lambic puro oltre a una maggiore frizzantezza .

FARO: birra a fermentazione spontanea, ottenuta da una miscela di Lambic belga con aggiunta di zucchero o caramello, che consente al prodotto finale di avere un caratteristico gusto dolce-acido. Il nome secondo alcuni, deriva dall’omonima città portoghese, mentre altri pensano che “faro” possa risalire alla parola latina “farina”.

KRIEK: birra a fermentazione spontanea, di tradizione belga, ottenuta da una miscela di Lambic con amarene (kriek), con un bel colore rosso e un particolare gusto di mandorle. La leggenda racconta che la bevanda fu inventata da un soldato originario di Schaerbeek (zona del Belgio famosa per l’omonima varietà di ciliegie) che al tempo delle crociate scoprì il vino rosso (come il sangue di Cristo) dei suoi colleghi spagnoli; al ritorno, sentendone la mancanza, decise di macerare e fermentare nella birra le ciliegie del suo giardino, nacque così la prima Kriek.

FRAMBOZEN – FRAMBOISE: birra a fermentazione spontanea, tipica della tradizione belga, ottenuta dalla miscelazione di Lambic con lamponi freschi, di colore rosso, con un gusto dolce e intenso.

Negli ultimi tempi si è manifestato un certo attivismo da parte di alcune birrerie belghe nel proporre nuove varianti di “Lambic alla frutta” con diversi gusti nuovi. Questo fenomeno è visto con perplessità da parte di alcuni amatori delle birre Lambic tradizionali perché si teme che questo attivismo di marketing possa creare una grande confusione nei consumatori, dequalificare il prodotto e banalizzarlo a livello della categoria dei beer-cooler.

Pur facendo riferimento ad una piccola nicchia di mercato, ci sono diverse marche di birre a fermentazione naturale importate e distribuite in Italia, tra cui le varie tipologie della Lindmans, i lambic fruttati della Liefmans, la linea Timmermans del gruppo John Martin, la linea Floris della Huighe, una linea di oltre 10 varianti di birre fruttate a marchio Chapeau della De Troch ed, in maniera più selezionata, i prodotti lambic della Girardin e della Jacobins

 
5-ALTRE QUALIFICAZIONI MERCEOLOGICHE E DI MERCATO

Ci sono innumerevoli altre denominazioni e qualificazioni, di varia natura, che in aggiunta a quelle esaminate, è possibile trovare sulle etichette delle birre o in articoli di presentazione prodotti, creando talvolta confusione nel consumatore, soprattutto in chi si avvicina per la prima volta a questo settore. Di seguito proviamo a dare una sintetica specificazione di quelli più ricorrenti.

BEER-MIX: indica in generale una bevanda ottenuta dalla combinazione di una birra con un’altra bevanda. Talvolta viene utilizzata come sinonimo di Beer Cooler*

BIRRA AROMATIZZATA: fa riferimento al tipo di birra in cui, oltre all’impiego di cereali e luppolo, vengono aggiunte altre sostanze aromatizzanti. Questa denominazione viene talvolta utilizzata in termini più restrittivi per indicare alcune recenti birre aromatizzate ai liquori e distillati (cognac, rhum, tequila, vodka, ecc.), in genere con gradazione sostenuta.
Rientrano, ad esempio, in questa categoria le birre speciali Desperados e Tequieros (alla tequila), Kingstone (al rhum), Madison (al Grand Marnier), le Cubana ‘59 (al Rhum) e Mexicana 10 (alla Tequila) di John Martin

BIRRA ARTIGIANALE: secondo l’associazione di categoria (Unionbirrai) la birra artigianale è una birra cruda, non pastorizzata e generalmente non filtrata, che non fa ricorso a stabilizzanti o conservati, prodotta in quantità limitate (non industriali) dalle micro-unità specializzate (microbirrerie e brew pub) o in casa (home brewing). Più in generale questa qualificazione tende ad essere data a birre prodotte da piccoli produttori, in quantità limitate, con metodi tradizionali.
Per le birre artigianali italiane si veda l’ampia sezione specifica in questo Annuario

BIRRA BIOLOGICA: birra ottenuta da cereali e luppolo provenienti da coltivazioni biologiche, naturali, nelle quali non si fa uso di prodotti chimici di sintesi.
Tra le proposte di birra biologica presenti sul nostro mercato si possono citare la Hirter Bio (A), la Bio Jade (F), la Saison Dupont Biologique (B) e l’italiana Ekò Bio della Tarricone spa.

BIRRA CELEBRATIVA: il termine identifica quella categoria di birre create per celebrare importanti anniversari o eventi (le Birre di Natale, le birre del nuovo Millennio, ecc.). In quest’ambito possiamo far rientrare anche le birre dedicate ad alcune ricorrenze festive meno solenni e più commerciali, come ad esempio la festa di Halloween.

BIRRA DA REGALO: è una qualificazione di marketing per indicare quelle birre/confezioni destinate all’occasione del regalo. In tal senso esso devono veicolare un messaggio di preziosità e valore. Hanno quindi una qualità più fine e ricercata ed una confezione più preziosa ed appariscente, spesso in materiale speciale (es. in gres), talvolta in formato Magnum.

BIRRA DI NATALE: birra speciale prodotta per l’occasione del Natale, in genere con una qualità più fine della media produttiva, con una gradazione sostenuta ed un abbigliaggio particolare ispirato alla festa. Un tempo il birraio tradizionale produceva un lotto limitato di birre di Natale destinato a alla migliore clientela. Questa tradizione viene ora ripresa da molte birrerie artigianali.
In alcune birrerie la birra di Natale, un tempo concepita come birra stagionale, ha avuto un particolare successo ed è diventata una specialità continuativa della casa.
Si vedano, ad esempio, la celebre Samichlaus (ora prodotta in Austria), la Blonde de Noel della Caulier, la Regal Christmas della Bocq e altre ancora.

BIRRA ETNICA – ESOTICA: il termine identifica una categoria di birre che ci riportano ad atmosfere esotiche e lontane. In genere sono birre tipo Lager, ottenute con miscele di cereali diversi (tra cui cereali tipici della zona di produzione), con una minore evidenziazione di malto e luppolo rispetto alle lager europee. Spesso si accompagnano a proposte gastronomiche legate alla cucina etnica (latino-americana, cinese, indiana, giapponese, ecc.) e, talvolta, sono legate a fenomeni di moda.
Tra le esotiche più note in Italia ricordiamo: la messicana Corona Extra, la cubana Cristal Bucanero, la brasiliana Brahma Chopp, le lager giapponesi (Kirin, Sapporo, ecc.), la cinese Zong Hua, la tailandese Singha Beer, l’indiana Bengal Tiger

BIRRE CHAMPAGNE: dizione impropria per indicare delle birre, in genere di produzione belga, prodotte con una procedura simile al metodo champenois dello Champagne (fermentazione e invecchiamento in bottiglia) e imbottigliate nelle classiche champagnotte con tappo di sughero e gabbietta metallica.
In quest’ambito vengono segnalate le specialità belghe Malheur Bière Brut e Deus Brut de Flandres, importate anche in Italia

BIRRA DI CASTAGNA: specialità birraria che utilizza la farina di castagna a integrazione del malto di cereali per ottenere una birra dal gusto caratteristico. In genere viene realizzata con la tecnica dell’alta fermentazione.
Questo tipo di birra è stato proposto già da alcuni anni dalla Birreria Pietra in Corsica. Oggi questo tipo di birra è prodotto anche da alcuni microbirrifici italiani, come ad esempio il birrificio emiliano Beltaine.

CIDER BEER: bevanda ottenuta dalla miscelazione di birra e sidro (cider), tipica della tradizione britannica – irlandese e francese.
In Italia è importata la Cashel’s, la birra-sidro della Guinness Diageo.

EDEL: nella lingua tedesca significa “nobile”. Una Edel Bier indica generalmente una birra al livello più alto della fascia di grado abituale della categoria di riferimento. La dicitura “Hedel Herb” indicherebbe un livello di amarezza (herb) nobile/fine.

ENERGY BEER: dizione di nuovo conio per indicare una bevanda a base di birra arricchita con ingredienti energetici (caffeina, ginseng, ecc.). Questa tipologia di prodotti è stata già lanciata in Nord America sull’onda del successo travolgente degli energy drink.

GENUINE DRAFT: birra confezionata che, similmente a molte birre in fusti, non è pastorizzata, ma con filtraggio sterile per assicurare una adeguata durata del prodotto.

HONEY BEER: Birra aromatizzata o arricchita con miele.
La Brasserie Dupont, ad esempio, propone diverse specialità di Bière de Miel.

KELLER: letteralmente “cantina” in tedesco. Alcuni produttori utilizzano questa dizione per indicare delle birre non filtrate, torbide.

KLOSTER: “convento” in tedesco. Il termine viene utilizzato per indicare una birra prodotta in una birreria conventuale (Klasterbrauerei).

NATÜRTRÜB: in Germania indica in genere una birra non filtrata

PURO MALTO – ALL MALT: birra prodotta solo con malto d’orzo e/o frumento, senza aggiunta di cereali non maltati.

ZWICKEL: alcuni produttori tedeschi utilizzano questo termine per indicare una birra cruda, non pastorizzata, non filtrata.

UR – Urquell = originale

 

Classificazione Birre

 

 QUADRO TIPOLOGICO DELLE BIRRE

Quadro tipologico delle birre

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