In occasione di Expo 2015 la Nutrition Foundation of Italy (NFI) ha presentato un importante documento sull’evoluzione tecnologica nella produzione degli alimenti. Nel seguito viene riportato il capitolo dedicato al settore latte e yogurt.
LATTE: LE NUOVE QUALITÀ DI UN ALIMENTO MILLENARIO
A cura di Luisa Pellegrino Dipartimento Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente, Università di Milano
Il latte è un alimento consolidato nelle abitudini di quasi tutto il mondo. Per secoli, del resto, il latte (non soltanto vaccino) è stato una fonte unica e irrinunciabile di nutrienti per popolazioni sia nomadi, sia stanziali. Insomma, il latte è il primo alimento che la Natura ha destinato al consumo tal quale. Ecco perché la ricerca sugli alimenti ha, fin dai suoi albori, incluso il latte tra i maggiori settori di interesse.
I COSTITUENTI.
Le nuove tecniche di analisi e di indagine, altamente sensibili e performanti, hanno consentito e consentono di mettere in evidenza la presenza di innumerevoli componenti quantitativamente minori rispetto ai maggiori ben noti, cioè proteine, lipidi, glucidi e, talvolta, di evidenziarne il significato biologico. Non rilevabili con le tecniche tradizionali, questi componenti confermano la ricchezza del latte come alimento e aprono ovvie prospettive di approfondimento.
LE PROTEINE.
A oggi sono state identificate nel latte bovino circa 300 proteine diverse, ciascuna delle quali sicuramente riveste un ruolo funzionale: la maggior parte di queste è comune a colostro e latte maturo. Molto sappiamo già sulle caseine e sulle proteine del siero, anche se molto dobbiamo ancora conoscere. Per esempio per la beta-lattoglobulina, che da sola rappresenta il 50% delle proteine del siero, sono state individuate diverse funzioni. Sappiamo che ha capacità legante per gli acidi grassi a lunga catena, per il colesterolo, per alcune vitamine. Queste molecole, legate a una proteina, diventano meno accessibili; così la loro digestione è in qualche modo regolata. Infine la beta-lattoglobulina stessa diventa in questo modo più stabile nei confronti del calore e dell’attacco enzimatico.
Sia le caseine, sia le proteine del siero, sia proteine presenti nella membrana dei globuli di grasso, se glicosilate (cioè unite a molecole di zucchero), legano più facilmente anche il calcio e risultano quindi molto più stabili al calore e ad altri processi di denaturazione. Le proteine del latte inoltre contengono peptidi, cioè sequenze di aminoacidi, ad attività biologica accertata: anti-batterica, anti-ossidante, antipertensiva. Sono in corso ricerche per capire se questi peptidi bioattivi riescono a superare i processi digestivi e quindi a essere assorbiti e a esercitare la loro azione: un modo per favorire la loro assimilazione e studiarne le proprietà è l’incapsulazione (micro o nano incapsulazione), utilizzata anche per proteggere componenti fragili.
In alcuni alimenti, infine, come il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, il “taglio” delle proteine arriva fino ai singoli mattoni, cioè gli aminoacidi. Proprio attorno a questi aminoacidi liberi si sta focalizzando la ricerca. Non solo perché gli aminoacidi liberi sono immediatamente assimilabili, ma anche perché la presenza di aminoacidi liberi può essere utilizzata dall’industria per valutare più parametri qualitativi del latte e dei prodotti derivati.
PARADOSSO PORTOGHESE.
Una curiosità nutrizionale sulle proteine del siero del latte viene infine dal cosiddetto “paradosso portoghese”: esiste una regione rurale in Portogallo, dove l’alimento tradizionale più consumato è una sorta di ricotta (Requeijao), di latte bovino od ovino cagliato con un coagulante vegetale estratto dal carciofo. La bevanda tradizionale (Rescaldao) è costituita dal liquido che resta dopo la lavorazione della ricotta. In questa area non si beve vino. Eppure, l’aspettativa di vita, per chi ha seguito l’alimentazione tradizionale, è molto più alta rispetto al resto del paese. Uno studio del 2012 ha poi messo in luce che l’estratto di carciofo (Cynara cardunculus) utilizzato per il Requeijao ha una forte attività antipertensiva e che i peptidi generati dalla cagliatura mostrano una certa resistenza ai processi digestivi, e sono quindi assorbiti.
ZUCCHERI.
Il latte ha una buona presenza di zuccheri: per il 90% si tratta di lattosio, lo zucchero specifico del latte formato dall’unione di glucosio e galattosio. Contiene però anche una quota di oligosaccaridi, formati dall’unione di tre o quattro zuccheri, che oggi suscita molto interesse. Questi oligosaccaridi sono minoritari nel latte bovino (circa 50 milligrammi per litro), ma ben presenti nel latte materno, dove rappresentano il terzo componente, con circa 15 grammi per litro. Ecco perché vengono aggiunti nei processi di “umanizzazione” del latte. Nel latte bovino ne sono stati identificati 40, non digeribili, dotati di attività probiotica nota; se ne sta indagando invece l’attività antibatterica, che sembra attribuibile alla capacità di impedire l’adesione dei batteri alla parete intestinale. È interessante sottolineare che, finora, non sono stati evidenziati fenomeni di resistenza a questa attività.
LIPIDI.
Per quanto riguarda i lipidi, grazie all’immunofluorescenza abbinata alla microscopia elettronica in trasmissione (tecniche piuttosto laboriose), è oggi possibile caratterizzare molto finemente l’involucro dei globuli, che contengono i grassi tipici di latte e derivati. Va detto che il trattamento a cui viene sottoposto il latte prima del consumo, o per produrre i suoi derivati, modifica i globuli di grasso e la struttura delle membrane. Il significato biologico di queste modificazioni deve essere ancora pienamente chiarito.
FILTRAZIONI IN CONTINUO.
Dal punto di vista tecnologico, il principale cambiamento è stato portato dalle tecnologie per membrana, cioè processi di filtrazione molto fini. Selezionando la porosità si valorizzano alcune componenti che possono essere separate, oppure si possono aggiungere alcuni ingredienti funzionali (Fig. 1). La microfiltrazione è applicata in modo ottimale nella produzione di latte. Dal latte crudo si eliminano i grassi, che seguono una loro processazione e il latte scremato viene fatto passare attraverso microfiltri, che abbattono fortemente la quota di microrganismi e spore. A questo latte scremato e risanato si aggiunge nuovamente la crema nella percentuale necessaria a ottenere latte parzialmente scremato o intero. A questo punto, la pastorizzazione finale potrà così essere molto più leggera. Microfiltrazione e ultrafiltrazione hanno impieghi diversi per la produzione di latte fresco con una lunga shelf-life e di latticini.
ALTRI IMPIEGHI.
I passaggi su membrana possono concentrare la frazione che interessa, da utilizzare sia come ingrediente, sia come concentrato a sé. È il caso delle proteine del siero, utilizzate per esempio come integratori durante attività sportiva agonistica. La concentrazione delle proteine del siero separate per membrana, associata a un trattamento termico e a un’azione meccanica, permette invece di ottenere particelle proteiche, che vengono impiegate per esempio per dare la percezione della presenza di grasso anche al latte scremato. Questo stesso processo è oggi utilizzato nei prodotti caseari “light”, che diventano così gradevoli dal punto di vista della struttura e del gusto.
COMPOSTI FUNZIONALI.
L’ultimo aspetto è l’arricchimento con composti funzionali: bisogna garantirne sia la stabilità per tutta la durata del Shelf life sia, soprattutto, l’assimilazione, se necessario anche dilazionata. In queste produzioni intervengono le tecniche di micro o nano-incapsulazione a cui si accennava all’inizio. Nel caso di microorganismi probiotici come i lattobacilli o i bifidobatteri, molto sensibili al trattamento termico, si può utilizzare l’aggregazione delle proteine attorno al probiotico, ottenuta con l’aggiunta di quantità importanti di ioni calcio liberi: questa sorta di involucro protegge il probiotico dai successivi trattamenti termici.
YOGURT.
Infine, due parole sullo yogurt. Lo yogurt “greco” ha oggi molto successo tra i consumatori, con un’impennata delle quote di vendita. È uno yogurt ottenuto tramite colatura. Che cosa significa? Il nostro yogurt è ottenuto da un’iniziale concentrazione del latte ma senza l’eliminazione della fase sierosa dopo la fermentazione. Invece, nella produzione dello yogurt greco, dopo la fermentazione si procede alla separazione del siero, tramite centrifugazione o colatura La consistenza e il sapore dello yogurt greco sono infatti diversi dallo yogurt tradizionale. La quantità di sottoprodotto sieroso che dev’essere eliminata, o riutilizzata, è importante e merita attenzione da parte della ricerca industriale alimentare.
CONCLUSIONI.
Dove sta andando la ricerca? Ci sono proposte di ogni genere, anche abbastanza improbabili. Un esempio: all’MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston un gruppo di giovani ricercatori sta studiando un latte vegano biotech, ottenuto isolando il DNA delle proteine del latte, trasferendole in un lievito per la sintesi, aggiungendo poi acqua e olio ottenuti secondo tutte le regole dell’alimentazione vegana. Questo dovrebbe essere il prodotto base per latticini vegani. È un progetto che va considerato con beneficio di inventario, perché la ricchezza del latte, così come ce lo fornisce la Natura, è tale da non poter essere messa in discussione.
LATTE E YOGURT IRRINUNCIABILI NELLE ETÀ DELLO SVILUPPO
A cura di Elvira Verduci, Dipartimento Scienze della Salute, Università di Milano
Da sempre, i pediatri che si occupano di nutrizione (tra questi tutti coloro che, come me, si sono formati alla Scuola del professor Marcello Giovannini, un riferimento nutrizionale pediatrico tra i più noti a livello internazionale) sostengono il ruolo del latte nell’alimentazione dalla nascita ai 18 anni, per l’apporto di proteine nobili (più facilmente utilizzate dall’organismo), vitamine liposolubili (vitamina A), vitamine del gruppo B e minerali (calcio soprattutto). Tutti i pediatri della SIP (Società Italiana di Pediatria) e della SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana), proprio su questo versante, sono impegnati a promuovere le corrette conoscenze su latte e latticini, per arginare la moda attuale delle diete fai-da-te, che prevedono l’esclusione di un alimento, o di un gruppo di alimenti e che sono spesso adottate anche nelle età dello sviluppo.
Nel primo anno di vita, in caso di mancanza di latte materno, è sconsigliabile l’utilizzo di latte vaccino per gli squilibri nutrizionali (in particolare l’eccesso proteico) che comporterebbe: è quindi consigliabile la scelta di un latte formulato. Nelle fasi successive in particolare dall’ età prescolare, ci si può riferire, per la scelta degli alimenti che devono essere presenti nella dieta di un bambino, alla Piramide alimentare transculturale (reperibile sul sito della SIP). Questa infatti tiene conto delle diverse culture alimentari presenti nel nostro paese e non esclude latte e latticini. Anzi. In tutte le Piramidi alimentari, che siano per i bambini o per gli adulti, il consumo quotidiano di latte e derivati ha un ruolo importante.
Ancora, le Società Scientifiche sono concordi nell’indicare il consumo di 2 porzioni di latte e/o yogurt al giorno in un’alimentazione che fornisca almeno 1700 calorie quotidiane. Anche nel bambino si consiglia un’assunzione di 2 porzioni giornaliere. Con “porzione” si intende un bicchiere di latte (da 125 ml) o un vasetto di yogurt (da 125 g). Quanto ai formaggi, sono ormai ritenute ottimali 2 porzioni a settimana. In questo caso con porzione si intendono 100 g di formaggio molle o 50 g di formaggio stagionato. Nel bambino, dall’età scolare fino ai 12 anni, la porzione di formaggio è di circa 50 g.
La prima colazione, lo spuntino e la merenda pomeridiana sono i momenti migliori per assumere latte e yogurt. La prima colazione bilanciata, infatti, deve fornire almeno il 15% delle calorie giornaliere (il 20% se non si prevede lo spuntino di metà mattina) e dev’essere basata su cereali (meglio se integrali), frutta (fresca, spremuta, marmellata) e latte, o yogurt. Merenda e spuntino pomeridiano permettono di scegliere il momento più gradito e comodo per completare il consumo raccomandato.
Queste raccomandazioni si inseriscono bene anche nel controllo di sovrappeso e obesità infantili, tra le maggiori emergenze sanitarie del nostro paese, come è stato confermato anche dai dati 2014 dell’indagine biennale OKkio alla salute. L’Italia è infatti tra i paesi europei a maggior prevalenza di sovrappeso e obesità infantili e, proprio tra i bambini, emergono i tipici errori alimentari alla base dell’eccesso ponderale, a iniziare dall’assenza (10%) o dall’inadeguatezza (30%) della prima colazione, quindi senza apporto di latte/yogurt associati a cereali e a frutta.
Potenzialmente pericolose sono le scelte familiari, che prevedono l’imposizione anche al bambino di una dieta vegana. L’alimentazione vegana è un approccio che va attentamente calibrato già nell’adulto, perciò tanto più inadatto a un bambino, perché lo espone a rischio grave di sottonutrizione e malnutrizione. Su questa stessa linea va intesa anche l’offerta di prodotti vegetali che non sono latte, ma derivati di riso o mandorle, privi dei nutrienti fondamentali contenuti nel latte vaccino. Il rischio di malnutrizione è notevole, soprattutto perché nella maggioranza dei casi manca qualsiasi motivazione clinica a sostegno.
Le madri spesso adducono la presenza di un’allergia al latte, che viene, nella maggior parte dei casi, smentita al vaglio dell’allergologo pediatra. Soltanto questa figura professionale può verificare la presenza di una vera allergia e consigliare il sostituto del latte più consono, integrato con tutti i nutrienti necessari, come zinco, ferro, vitamine, calcio. Altrettanto frequente, nei colloqui con le madri, è il sospetto di un’intolleranza nei confronti dello zucchero del latte, il lattosio. Questa intolleranza, che si manifesta con sintomi che possono essere sfumati (“pesantezza” digestiva, meteorismo), o anche più disturbanti (nausea, diarrea), non obbliga a eliminare il latte, quanto a scegliere prodotti delattosati.
L’IMPEGNO PER GARANTIRE NUTRIENTI, SICUREZZA E GUSTO
A cura di Ivana Gandolfi Ricerca e Sviluppo Corporate, Area scientifica, Parmalat, Parma
Il latte fa parte della categoria degli alimenti il cui consumo quotidiano è raccomandato da tutte le linee-guida nutrizionali. È dunque compito preciso delle aziende alimentari garantirne sicurezza e qualità, grazie al miglioramento delle tecnologie dedicate. L’impegno delle grandi aziende si basa da un lato sull’ovvio rispetto dei requisiti di legge, fornendo al consumatore un alimento di elevate caratteristiche igienico-sanitarie e, dall’altro, sulla garanzia di massima qualità di tutti i prodotti, preservando le proprietà nutrizionali e organolettiche della materia prima. Per raggiungere questi obiettivi è necessario sviluppare e aggiornare metodi analitici e parametri oggettivi di valutazione delle caratteristiche qualitative del prodotto (in particolare microbiologiche, sensoriali e chimico-fisiche), che permettono di monitorare gli interventi di tecnologia alimentare e il relativo risultato.
Nella nostra azienda abbiamo anche implementato programmi annuali di analisi di tutto il percorso produttivo, dalla materia prima al prodotto confezionato: per numero e tipologia, queste analisi vanno ben oltre quanto richiesto dalla legislazione vigente. Inoltre, per noi è fondamentale la collaborazione con il mondo accademico, in un continuo interscambio per l’innovazione e le nuove tecnologie e per incrementare le competenze. Nel caso del latte, al centro dell’attenzione sono i due maggiori trattamenti termici: la pastorizzazione e il trattamento UHT (Ultra High Temperature).
L’obiettivo è ottimizzare l’equilibrio tra la delicatezza del trattamento termico, la sicurezza alimentare del prodotto trattato, il rispetto del contenuto nutrizionale dell’alimento e delle sue caratteristiche organolettiche. La pastorizzazione (trattamento normalmente condotto tra 72 e 80 °C per 15-20 secondi) conferisce al prodotto una conservabilità di 6-7 giorni (latte fresco pastorizzato, latte fresco pastorizzato di alta qualità). Il latte fresco pastorizzato arriva crudo allo stabilimento e viene sottoposto a un solo trattamento di pastorizzazione, entro 48 ore dalla mungitura. Il latte fresco pastorizzato di alta qualità proviene da stalle selezionate, deve presentare un tenore minimo di proteine definito per legge (> 3,2g/100ml), e un contenuto di proteine del siero > 15,5%, a conferma della delicatezza del trattamento termico, in grado di preservare al massimo la frazione proteica più termolabile e, nello stesso tempo, di assicurare l’abbattimento dei microrganismi potenzialmente patogeni.
La microfiltrazione abbinata alla pastorizzazione conferisce una conservabilità di 15-18 giorni. Il latte microfiltrato pastorizzato viene prima filtrato attraverso membrane ceramiche con pori di dimensioni tali da trattenere il 99,9% dei microrganismi, ma consentono il passaggio di proteine e altri nutrienti, e successivamente pastorizzato per inattivare i microrganismi residui dopo la filtrazione.
Il trattamento UHT, che consente invece una conservabilità di qualche mese, viene condotto a una temperatura minima di 135°C per qualche secondo. Il latte UHT, confezionato in ambiente asettico, può essere conservato a temperatura ambiente, per almeno 3 mesi. Una volta aperto, va conservato in frigorifero e consumato in pochi giorni. È evidente che questo trattamento richiede un bilanciamento molto accurato tra temperatura e tempo di esposizione: diventa perciò fondamentale l’utilizzo dei parametri di monitoraggio già citati per assicurare la qualità del prodotto. I due indicatori più utilizzati per monitorare la delicatezza del trattamento UHT sono il lattulosio (isomero del lattosio) e la furosina (di derivazione biochimica più complessa): maggiore è la delicatezza del trattamento termico, minore è la concentrazione di entrambi nel prodotto finito.
Infine, ci sono i prodotti funzionali. Il latte e i suoi derivati, per le loro caratteristiche chimico-fisiche, sono ottimi veicoli di componenti con caratteristiche sia idrofile sia lipofile. L’industria verifica prima di tutto il modo migliore per addizionare gli uni e/o gli altri (vitamine, acidi grassi polinsaturi, probiotici ecc..), per aggiunta diretta o tramite l’alimentazione dell’animale. Ma non basta: occorre infatti confermare che tali nutrienti, una volta assunti, vengano assimilati e che la concentrazione della sostanza aggiunta, dichiarata in etichetta, sia garantita fino alla fine della shelf-life.
YOGURT: VIVI, VITALI E SICURI DALLA PRODUZIONE ALLA SCADENZA
A cura di Salvatore Castiglione Qualità, Sicurezza alimentare e Regolamentazione, Danone, Milano
Lo yogurt è un prodotto delicato, con forti valenze nutrizionali, che suscita nel consumatore molte giustificate aspettative. L’industria alimentare è infatti molto attiva su questo fronte, con uno scopo ben preciso: garantire che sicurezza e caratteristiche organolettiche del prodotto restino costanti dal ciclo produttivo alla scadenza indicata (shelf-life).
Dal consumo di uno yogurt (o di un latte fermentato) ci si attendono proteine e minerali, ma soprattutto fermenti lattici, che devono essere presenti in condizioni ottimali di vita e vitalità fino alla data di scadenza. In questo campo la ricerca industriale ha ottenuto indubbi successi. Oggi gli yogurt (e i latti fermentati) di qualità hanno una durata lunga (compresa tra 5 e 8 settimane) e garantita, andando così incontro alle esigenze dei consumatori, che pongono sempre più spesso al call center dedicato domande sulla sicurezza di consumo oltre la data di scadenza.
Trattandosi di un prodotto “fresco” e non “secco” come i biscotti o le farine, la dicitura sulla confezione è precisa: “Da consumarsi entro…” con l’indicazione della data. La data di scadenza rappresenta un punto di riferimento a garanzia del consumatore. Ma posso affermare anche che gli yogurt (e i latti fermentati) di qualità offrono comunque una “finestra” di sicurezza di consumo, entro le 48-72 ore (non oltre) dalla data indicata sulla confezione. Questo perché la sicurezza di consumo è il primo indispensabile requisito, insieme con la qualità organolettica, tanto più se pensiamo al consumatore-tipo, che è il bambino, a cui lo yogurt viene offerto come snack, o come merenda.
Una prolungata shelf-life è obbligatoria anche per minimizzare gli sprechi, soprattutto perché lo yogurt trascorre quasi un terzo della sua “vita” tra trasporto e distribuzione. L’industria ha proprio per questo sviluppato metodiche di valutazione dell’effettiva conservabilità per tutto il tempo indicato sulla confezione. Il consumatore, dal canto suo, deve sempre avere presente che, una volta uscito da ciclo produttivo, il prodotto ha un unico e fondamentale garante: il freddo, cioè il mantenimento a temperature entro i 6 °C, massimo 8 °C. È responsabilità del produttore garantire tali condizioni fino alla consegna al punto vendita, mentre la qualità del punto vendita fa da ponte fino all’acquisto. Da questo momento in poi, la maggiore responsabilità della tutela di ciò che è stato acquistato è di esclusiva competenza del consumatore. Le notevoli valenze nutrizionali di un prodotto delicato come lo yogurt sono tutelate dalla produzione alla consegna al punto vendita.
A cura di NFI – Nutrition Foundation of Italy Viale Tunisia 38 – 20124 Milano Coordinamento scientifico: Andrea Poli, Franca Marangoni
Coordinamento editoriale: Cecilia Ranza
Progetto grafico e impaginazione: Roberta Palazzolo
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Per accedere al pdf completo sulla Evoluzione Tecnologica nella Produzione degli Alimenti:
www.nutrition-foundation.it/Levoluzione-tecnologica-nella-produzione-degli-alimenti.aspx
Il documento di Nutrition Foundation Italia è articolato su diverse sezioni:
PESCE E CARNE: PROTEINE, VITAMINE, LIPIDI, MINERALI CONSERVATI IN SICUREZZA
Ernestina Casiraghi
PANE E PASTA: QUALI VANTAGGI E QUALI CRITICITÀ MODIFICABILI
Furio Brighenti
CERTEZZE E MITI DA SFATARE SUL MONDO DEI BOTANICALS
Patrizia Restani
PRIMA COLAZIONE E MERENDA: PASTI QUOTIDIANI PER LA SALUTE
Andrea Ghiselli
FRUTTA E VERDURA: QUALITÀ E VARIETÀ GARANTITE PER 12 MESI ALL’ANNO
Vincenzo Fogliano
LATTE: LE NUOVE QUALITÀ DI UN ALIMENTO MILLENARIO
Luisa Pellegrino