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In occasione dell’ultima Assemblea Annuale Federvini è stato lanciato il nuovo Osservatorio Federvini Wine & Spirits, un ‘think tank’ in grado di monitorare l’evoluzione del settore, con particolare attenzione alla struttura delle aziende in un mercato sempre più complesso, senza dimenticare l’evoluzione del consumatore. In tal occasione è stato presentato un primo report informativo di cui riassumiamo di seguito le principali Highlights

 

 

MARKET ANALISYS

 

  • Sia il vino che gli spirits si caratterizzano per scambi internazionali molto intensi: nel 2018 a livello mondiale i flussi commerciali di vino hanno superato i 32 miliardi di euro con un tasso di crescita medio annuo su base decennale del +4,2%, mentre quelli di spirits hanno quasi raggiunto i 29 miliardi di euro con un CAGR del +6,0%.

 

  • Nel commercio internazionale di vino l’Italia gioca un ruolo da protagonista e rappresenta il secondo esportatore mondiale dopo la Francia grazie a 6,2 miliardi di euro di export nel 2018 ed un peso a livello mondiale del 20%, tra l’altro in crescita rispetto al 2008.

 

  • A trainare l’export italiano è la categoria degli sparkling in virtù dell’enorme successo del Prosecco su alcuni mercati chiave (primi fra tutti USA e UK): nel giro di 10 anni le esportazioni di spumanti sono più che triplicate, superando gli 1,5 miliardi di euro e arrivando a pesare per un quarto sul totale delle esportazioni vitivinicole italiane. Si riduce invece il ruolo dei vini imbottigliati (dal 78% al 69% dell’export totale) che registrano tassi di crescita decisamente meno sostenuti ma comunque positivi (+47% nell’ultimo decennio): nonostante ciò essi rimangono la principale voce dell’export di settore grazie ad un valore di 4,2 miliardi di euro.

 

  •  Grazie a tali trend il vino italiano, in particolare quello spumante, ha conquistato spazi di mercato nella gran parte dei mercati mondiali.

 

 

 

 

  • Passando agli spirits l’Italia ricopre invece un ruolo decisamente minore all’interno degli scambi internazionali, dove a dominare sono UK (6,7 miliardi di euro di export, principalmente scotch) e Francia (4,5 miliardi di euro, con un peso predominante del cognac).

 

  • Tra i top exporter di spirits l’Italia si posiziona solo in 8° ottava posizione con un valore dell’export di 970 milioni di euro nel 2018 ed una market share a livello mondiale di appena il 4%, ma in crescita su base decennale

 

  • I liquori costituiscono la principale voce dell’export italiano di spirits: 405 milioni di euro nel 2018 ed un peso sul totale dell’export di settore del 42%. Grazie a tali valori, l’Italia si colloca al secondo posto a poca distanza dalla Germania nel ranking dei principali esportatori mondiali di tale tipologia di spirits.

 

  • Grazie alla forte crescita dell’export nel corso dell’ultimo decennio (CAGR del +4,5%), i liquori Made in Italy sono riusciti a conquistare market share in numeroso mercati internazionali, primi fra tutti USA, UK e Francia.

 

  • Spostando l’analisi dagli scambi internazionali ai consumi nazionali è immediato notare come il mercato degli spirits in Italia sia ormai da anni in costante calo: CAGR 2013-18 del -1,5% per 1,2 milioni di ettolitri consumati nel 2018. Per quanto riguarda invece il vino, nello stesso anno in Italia ne sono stati consumati 22,9 milioni di ettolitri: dopo il calo degli ultimi decenni, nel 2016-17 i consumi hanno segnato una lieve ripresa per poi tornare a ridursi.

 

 

 

RICERCA SU AMARI E LIQUORI DOLCI

 

  • Il consumo di liquori dolci/amari in Italia è molto diffuso: il 59% della popolazione 18-73 anni li ha consumati in almeno un’occasione negli ultimi 12 mesi. Il consumo è maggiore tra gli uomini (62%), tra i Baby Boomers (66%) e tra chi risiede nel Centro Italia.

 

  • Quanto ai canali di consumo prevalente, non emergono differenze tra consumi domestici e fuori casa: il 51% dei consumatori italiani ha difatti bevuto amari/liquori dolci soprattutto tra le mura domestiche mentre il restante 49% away from home (il 32% al ristorante/pizzeria e il 17% in winebar). Questi ultimi spendono in media 4,5 euro per un bicchiere di amaro/liquore dolce ordinato fuori casa.

 

  •  In merito ai key buying factors, gli amari/liquori dolci da consumare in casa vengono scelti soprattutto in base alla marca (il 28% dei consumatori la indica come primo criterio di scelta) e alle proprietà digestive (18%), mentre prezzo basso, origine e presenza di ingredienti specifici sono i primi driver di scelta solo per una quota minore di user (10%).

 

  • Analizzando le abitudini di consumo emerge innanzitutto come l’82% dei consumatori beve amari/liquori dolci principalmente dopo i pasti come digestivo (89% tra i soli Baby Boomers), mentre solo una quota del 10% (che sale al 14% tra i Millennials) li consuma soprattutto all’aperitivo. Il weekend, indicato dal 67% dei consumatori (78% tra i Millennials) è il momento di consumo preferito.

 

 

 

  • A conferma del calo dei consumi sul mercato italiano, il 23% dei consumatori ha dichiarato di aver ridotto negli ultimi 2-3 anni il consumo di amari/liquori dolci fuori casa (in ristoranti, winebar, altri locali), contro un 17% di chi ha riscontrato un aumento e un 60% di chi non ha notato cambiamenti. Il saldo si conferma negativo anche nell’ambito dei consumi fra le mura domestiche: hanno affermato di aver diminuito i consumi il 20% dei consumatori mentre è del 14% la quota di chi dichiara di aver aumentato le quantità bevute. Si noti come la quota di chi ha rilevato un aumento dei consumi cresce tra i Millennials, sia in casa (23%) che soprattutto fuori casa (33%).

 

  •  Oggetto della survey è stato anche indagare i motivi del mancato consumo tra i non attuali user: oltre la metà (55%) afferma di non aver bevuto liquori dolci/amari nell’ultimo anno perché tali prodotti non incontrano il loro gusto personale. Per il 18% hanno invece una gradazione alcolica troppo alta.

 

  • Nella percezione dei consumatori italiani, gli amari/liquori dolci vengono associati innanzitutto al relax: è la prima immagine che viene in mente ad un quarto dei consumatori. Seguono, a breve distanza, divertimento/convivialità (22%), occasioni speciali (19%) e tradizione (17%).

 

Databank excel xls csv Dati Indirizzi e-mail Aziende Beverage Bevande Tabella Campi records

 

  • Alla luce della maggior vocazione produttiva di tali prodotti tra i territori del Sud Italia, secondo il consumatore la regione che produce gli amari/liquori dolci di maggiore qualità è la Sicilia, indicata dal 12%, seguita dalla Campania (10%) e dalla Calabria (9%).

 

  • Ma quali sono i trend che caratterizzano in futuro il mercato italiano? Secondo il 38% dei consumatori (45% tra i Baby Boomers) saranno gli amari/liquori della tradizione italiana ad avere maggior successo nei prossimi anni, seguiti a distanza da quelli prodotti con particolari erbe/spezie (15%) e da quelli biologici (12%).

 

 

FOCUS GRAPPA

 

  • Il 31% degli italiani 18-73 anni ha consumato grappa in almeno un’occasione negli ultimi 12 mesi. La propensione al consumo di grappa è maggiore tra gli uomini, nelle regioni del Centro, tra i Baby Boomers e tra chi ha redditi elevati.

 

  • In merito ai motivi del consumo, il 28% degli user (35% tra i Millennials) l’ha bevuta perché gliel’hanno offerta, il 26% perché incontra il proprio gusto personale e il 16% (22% tra i Baby Boomers) per le sue proprietà digestive.

 

  •  Per quanto riguarda i luoghi di consumo, non si denotano differenze spiccate tra at home e away from home. Nello specifico, il 53% dei consumatori dichiara di consumare grappa prevalentemente a casa contro un 27% di chi la beve principalmente in ristoranti (31% al Nord) e il 14% di chi la consuma in primis in winebar. La preferenza verso quest’ultimo canale cresce tra i Millennials (26%) e al Sud (20%).

 

  • Quanto alla tipologia, i consumatori preferiscono la grappa aromatizzata (46%), invecchiata (60%) e prodotta da una sola varietà di uve (50%). • Veneto, Friuli Venezia-Giulia e Trentino Alto-Adige sono nella percezione dei consumatori le 3 regioni italiane che producono le grappe di maggiore qualità.

 

  •  I motivi del mancato consumo? Il 46% dei non user afferma di non aver bevuto grappa perché semplicemente non incontra il proprio gusto personale mentre per il 39% ha un grado alcolico troppo elevato.

 

 

Per una analisi più dettagliata con tutte le tavole statistiche, si rimanda al report specifico

www.federvini.it/download/indagini-e-ricerche/send/31-indagini-e-ricerche/2728-osservatorio-federvini-wine-spirits

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