“Abbiamo voluto rendere omaggio a questa 50a edizione di Vinitaly con un convegno che ripercorresse gli ultimi 50 anni del vigneto Italia, analizzandolo sotto differenti punti di vista con gli approfondimenti dei partner dell’Osservatorio del Vino: ISMEA, Wine Monitor, SDA Bocconi, CREA Viticoltura Enologia. Un’analisi che ha sottolineato come il mondo del nostro vino si sia evoluto, investendo in qualità e concentrando la produzione nelle aree più vocate proprio per valorizzare al meglio un prodotto che sempre più è riconosciuto all’estero come ambasciatore d’eccellenza”.
Con queste parole Domenico Zonin, presidente dell’Osservatorio del Vino, interviene al Convegno dal titolo: “Cantine e vigneti, consumi e mercati: cinquant’anni di storia del vino italiano”, organizzato oggi dall’Osservatorio e da Veronafiere presso la Sala Conferenze dello Stand Mipaaf. Dopo i saluti introduttivi di Domenico Zonin, di Giovanni Mantovani, Direttore Generale Veronafiere, Raffaele Borriello, Direttore Generale Ismea, sono intervenuti: Fabio del Bravo di Ismea, Andrea Rea di SDA-Boconi, Denis Pantini di Wine Monitor Nomisma e Diego Tomasi di CREA – Viticoltura Enologia. I partner dell’Osservatorio hanno messo a fuoco diversi aspetti dell’evoluzione-rivoluzione del vino italiano: dalla trasformazione della geografia produttiva, che ha visto cambiare radicalmente la tipologia dei vitigni coltivati nel nostro Paese, all’analisi di come è cambiato il marketing del vino delle imprese italiane per arrivare a capire come sono evoluti stili di consumo e strategie distributive. Un cammino di successo che ha portato il vino italiano da commodity a specialty.
“Vino italiano da commodity a specialty: la storia di un successo narrata con i numeri” – Fabio Del Bravo ISMEA
Il Vinitaly, arrivato alla sua 50^ edizione, ha fatto da testimone privilegiato ad un settore che dagli anni ’60 ad oggi ha subito una metamorfosi.
E’ cambiato il mondo della produzione ed è cambiato il mondo del consumo, parallelamente ai profondi mutamenti intervenuti nella società italiana.
Il progressivo spostamento della popolazione dalle campagne ha smesso di far considerare il vino un alimento, un apporto di energie, e attraverso diversi passaggi lo ha portato all’attuale ruolo di prodotto cult. Il vino resta sinonimo di convivialità ed è sempre più accompagnato da suggestioni immateriali legate al territorio, alla cultura, al puro gusto di bere.
Sono stati anni di flessioni delle variabili strutturali come superfici, produzioni, numero di aziende. Tutto questo accompagnato da una crescente capacità imprenditoriale, da una costante attenzione alla qualità e al mercato soprattutto dopo alcuni passaggi difficili per il mondo del vino. L’inizio del nuovo millennio è stato caratterizzato, ad esempio, da un gran fermento nel mondo imprenditoriale. Si è assistito a molte operazioni di fusioni, acquisizioni con imprese che hanno investito in regioni diverse dal proprio territorio di “origine”. Nel paniere delle esportazioni i vini in bottiglia hanno cominciato a superare gli sfusi. Da considerare che anche la politica comunitaria, nel frattempo, ha tolto le reti di protezione ed ha mirato ad una sostanziale riduzione delle eccedenze puntando sempre più al mercato ed alla qualità.
Qualità che in Italia si traduce nella presenza di 523 Dop e Igp diffuse in modo quasi “capillare” su tutte le aree viticole del Paese, che perpetrano la tradizione dei “campanili” tanto cara all’Italia e che nel contempo fanno sì che potenzialmente i due/terzi della produzione italiana potrebbero fregiarsi del riconoscimento comunitario.
Oggi l’Italia del vino si conferma protagonista nel Mondo, con il suo secondo posto tra gli esportatori, ed un mercato estero che è sempre più un obiettivo sfidante. Senza, dimenticare, certo quello interno che rappresenta sempre l’altra metà per le vendite delle aziende italiane.