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A cura dell’Ufficio Studi di Coop-Ancc (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori)con la collaborazione scientifica dell’Istituto di Ricerca Economica Ref. Presentazione di Enrico Migliavacca, vicepresidente Coop-Ancc

SOMMARIO: Le prospettive dei consumi. L’Italia e l’Europa – I nuovi comportamenti di spesa e i 4 carrelli. – Il mercato della gdo, i formati distributivi, il ruolo di Coop.

Rif. Temporale: messo a disposizione della stampa, il 6 settembre 2007 dall’uff. stampa di Coop Silvia Mastagni Tel. 06441811 – silvia.mastagni@ancc.coop.it

Per accedere al rapporto completo della Coop (158 pagine) e alla sintesi dello stesso
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Dopo la lunga stagione di crisi della prima parte del decennio e la ripresa del 2006, il 2007 rappresenta per l’economia italiana un anno di consolidamento e di ripresa dei consumi che alla fine dell’anno metteranno a segno un incremento del +1,9%. Le famiglie italiane continuano però a sentirsi povere: i ¾ della popolazione ritiene di non guadagnare abbastanza per fare una vita dignitosa. Anzi, il 21% degli italiani si sente addirittura “escluso” dalla società (il dato più alto tra i paesi europei, più del doppio della media Ue25 pari al 9%). Non è un caso infatti che l’Italia è il paese con la maggiore disuguaglianza sociale tra i grandi paesi europei. Nella prima parte del decennio infatti la distanza tra ricchi e poveri è notevolmente aumentata. Cambiano inoltre i comportamenti dei consumatori divisi tra il desiderio di soddisfare nuovi bisogni, il peso dei consumi obbligati e la necessità di risparmiare in alcuni segmenti di spesa: “i 4 carrelli”. Per Coop “si ribadisce l’importanza della cooperazione intesa come forza capace di contrastare i fenomeni di esclusione sociale e al tempo stesso soggetto economico responsabile. Viaggiano in questa direzione molte iniziative della Coop fra cui l’ampliamento dell’offerta (medicinali, telefonia) e la decisione di questi giorni di bloccare i prezzi dei prodotti a marchio dal 1 settembre fino alla fine dell’anno”.

Le prospettive dei consumi. L’Italia e l’Europa

Dal 2006 l’area euro è tornata a crescere e anche nel 2007, grazie al traino delle esportazioni, la crescita europea dovrebbe attestarsi su valori superiori al 2,5%, i massimi dal 2000. In questo contesto il nostro Paese, pur registrando un recupero del ciclo economico, è rimasto il Paese a crescita più lenta soprattutto a causa del basso apporto di esportazioni e investimenti mentre la crescita dei consumi delle famiglie, sebbene più bassa di quella europea, è la principale protagonista della recente ripresa italiana.

In Italia esistono precise condizioni strutturali che condizionano sfavorevolmente il sistema economico. La mancata crescita della produttività impedisce infatti alle nostre imprese di competere alla pari sui mercati internazionali e contemporaneamente ostacola l’incremento della dinamica salariale. Un dato su tutti: in oltre 15 anni (dal ’91 a inizio 2007), la crescita dei salari reali, volano del potere d’acquisto delle famiglie, è stata praticamente nulla. Anzi se a questo si aggiunge che la pressione fiscale sulle retribuzioni lorde in Italia è decisamente aumentata rispetto ai primi anni Novanta ne deriva che in termini reali il potere d’acquisto dei salari è addirittura diminuito.

Di converso è vero che in Italia dalla metà degli anni Novanta il ciclo occupazionale è decisamente favorevole (nella media 2006 24 milioni e 750mila occupati a fronte dei 21 milioni e 850mila del ’95), ma tale positiva situazione non sembra avere effetti sul sentiment delle famiglie. E’ infatti possibile che la diffusione dei contratti di lavoro temporaneo e l’assenza di un sistema compiuto di ammortizzatori sociali dia luogo a una sensazione di precarietà nei consumatori.

Le famiglie italiane continuano a sentirsi povere: i ¾ delle famiglie italiane (pari al 74%) dichiara difficoltà a vivere dignitosamente con quello che guadagna. Sono i cosiddetti “poveri soggettivi”: un concetto di disagio più ampio di quelli tradizionalmente rilevati dalle statistiche ufficiali che fanno riferimento alla povertà intesa come scarsità di risorse. E il 21% delle famiglie si considera “esclusa” dalla società ponendoci in testa alla classifica dell’Unione Europea a 27 membri, lontanissima dagli altri grandi Paesi europei: per la stessa variabile infatti il Regno Unito si ferma all’11%, la Francia al 9%, la Germania all’8, la Spagna al 5%. Non è un caso infatti che l’Italia è il paese con la maggiore disuguaglianza sociale tra i grandi paesi europei. Da noi il 20% della popolazione con il reddito più elevato guadagna quasi sei volte (5,7) di più rispetto al 20% della popolazione che ha il reddito più basso (superando così Regno Unito con 5,5, la Spagna con 5,4, la Francia con 4,0 e la Germania con 4,1). Da notare che nel 2000 lo stesso indicatore per l’Italia era pari al 4,8!

Lo scenario di previsione per l’economia italiana resta favorevole tanto da poter considerare il 2007 un anno di consolidamento della ripresa avviatasi nell’anno precedente, senza ulteriori accelerazioni. Per quanto riguarda i consumi invece, se il 2006 si è chiuso con un +1,5% di crescita, la stima per il 2007 si attesta su un +1,9%. Il rafforzamento in atto consente comunque ai consumi di tornare su tassi di crescita che, pur non eccezionali in termini assoluti, non si osservavano dalla fine dello scorso decennio: le stime Ref. per i consumi totali nel triennio 2007/2008 prevedono una crescita media annua che si posiziona su valori prossimi al 2% con incrementi più marcati in alcuni capitoli di spesa e meno in altri. I consumi alimentari ad esempio vedranno flettere il tasso di crescita: se infatti nel triennio ’04-’06 hanno fatto segnare una variazione media annua del +1,7%, nel prossimo triennio si stima possano crescere in media del +1,1% all’anno.

I nuovi comportamenti di spesa e i 4 carrelli.

Cambiano i comportamenti di spesa: le famiglie italiane acquistano di più beni durevoli (auto, mobili, elettrodomestici), subiscono il fascino dell’innovazione (vedi il boom dell’elettronica di consumo non solo cellulari e notebook ma in tempi ancora più recenti lettori mp3, navigatori satellitari e televisori a scherno piatto) ricorrendo al credito al consumo (i cui tassi di incremento erano prossimi al 30% all’inizio del 2003 e si sono assestati attorno al 15% negli ultimi anni), riducono nel loro paniere la quota della spesa per alimentari e per vestiario e calzature. In sostanza, negli anni si è assistito a uno spostamento marcato di spesa dai beni ai servizi: attualmente la spesa destinata ai servizi si attesta su un 49% del totale dei consumi (erano il 32% nel 1970 e il 41% nel 1990) mentre i prodotti alimentari pesano oggi meno del 15% della spesa totale (valevano nel 1970 quasi il 33% dei consumi delle famiglie).

Tanto più che spesso i servizi sono consumi obbligati per le famiglie e in certo casi molto più costosi in Italia piuttosto che in Europa. Come già evidenziato nel Rapporto 2006, ad esempio, il gap tra il prezzo pagato dai consumatori italiani e quello corrisposto da quelli europei per l’acquisto di prodotti energetici persiste e anzi in alcuni casi tende a ampliarsi. Ad eccezione del gas che si colloca lievemente al di sotto della media dei principali paesi europei (ma costa di più che in Francia e Regno Unito), l’Italia è il paese europeo che evidenzia i prezzi medi (al netto delle tasse) più alti sui carburanti (il 12%) e sull’energia elettrica (un +32% stimato su un consumo medio annuo di 3500 kwh).

L’immagine che ne viene fuori è quella di un consumatore interessato da opportunità di consumo sempre più ampie in termini di nuovi prodotti e prezzi differenti. Tali opportunità consentono di comporre con maggiore flessibilità il proprio paniere di consumo scegliendo volta per volta di risparmiare risorse e potere d’acquisto in un segmento e investire le risorse così recuperate per aumentare la spesa in altri segmenti o per poter fruire di nuovi prodotti e servizi. In questo modo, nelle scelte di consumo convivono sempre più, in tutti gli strati sociali, scelte low cost, spinte all’acquisto di beni di lusso (light luxury) e prodotti in grado di rispondere ai nuovi bisogni emergenti (the next thing).

Tra i consumi che in previsione continueranno a crescere nel corso del 2008-2009 ancora cellulari e apparecchiature per la telefonia (rispettivamente +16,5% nel 2008 e +14,9% nel 2009), tutto ciò che ha a che fare con la protezione sociale (case di riposo, badanti, asili nido e baby sitter) che segna un +7,6% nel 2008 per scendere nel 2009 ad un +6%, medicinali, sanitari, materiale terapeutico che oscilla fra un +7% del 2008 e un +6,8% del 2009.

Per converso tendono a crescere di meno le voci dei consumi legati all’alimentare: dalle bevande alla carne, ai vegetali. Se dai consumi generali scendiamo nel settore del largo consumo confezionato, le preferenze nei comportamenti di acquisto possono essere riassunte e ritratte in veri e propri “carrelli”.
-Un primo carrello è quello denominato “PRONTO” che si propone di cogliere l’esigenza di dotarsi di prodotti che permettono un risparmio del tempo oltre che della fatica. Questo carrello cresce tra il 2003-2006 di un +30%.
-Un secondo carrello denominato “ETNICO” è giustificato dal bisogno di novità e da una maggiore conoscenza (e disponibilità) di prodotti che arrivano da altre parti del mondo. Ed è questo il carrello con maggiore volume di crescita pari a oltre il 36%.
-Il carrello “SALUTE” contiene sia prodotti dietetici sia integratori alimentari sia bevande isotoniche sia colluttori e cresce a un ritmo sostenuto del +33%.
-Il carrello “LUSSO” è composto da prodotti come caviale e salmone, champagne e spumanti, caffè in cialde, aperitivi monodose e cresce un po’ meno degli altri ma con performance comunque positive pari a un +25%.

Se poi si confrontano questi carrelli con un altro carrello che potremmo definire “BASIC” fatto di prodotti più tradizionali (pane, pasta, riso, pomodori) ci si accorge come i volumi di vendita di questo carrello siano sostanzialmente rimasti immutati.

Il mercato della gdo, i formati distributivi, il ruolo di Coop.

Ai mutamenti nei comportamenti dal lato della domanda non potevano non corrispondere altrettanti mutamenti dal lato dell’offerta e a fronte di un giro d’affari che ha mostrato più segnali di criticità, la grande distribuzione organizzata si è trovata a fronteggiare una grande mobilità del consumatore. Formati che sembravano destinati a prendere il sopravvento come gli ipermercati vivono a livello di vendite una fase di assestamento e necessitano di adeguate ristrutturazioni e altri che sembravano arrivati alla maturità come i grandi supermercati hanno ritrovato slancio. Inversione di tendenza anche per gli esercizi specializzati che, a fronte di perduranti cadute degli anni precedenti, stanno incontrando il favore delle famiglie italiane con tassi di crescita delle vendite non molto inferiori al 3%.

Sicuramente, l’elemento di maggior rilievo evidenziato nel corso del 2006, e ribadito nella prima parte del 2007, è la sempre maggiore resistenza degli esercizi di vicinato rispetto all’avanzare delle grandi superfici. Il vantaggio competitivo, che permette a questi esercizi di sviluppare una buona dinamica del fatturato, sembra essere dato dalla prossimità. Di fatto comunque la distribuzione italiana continua a crescere: dal 2000 (entrata in vigore della riforma Bersani) al 2006 la crescita è stata dell’8,8%: ottime le performance di ipermercati (+42 unità nel 2006) e discount (+400) che superano abbondantemente l’evoluzione del 2005, tengono i supermercati (sono cresciuti nel 2006 di 220 unità contro i 257 dell’anno precedente). A proposito della crescita degli iper, c’è da considerare che il trend positivo ha oramai una durata quinquennale ed è anzi destinato a aumentare considerato che già nei primi sei mesi del 2007 si sono aggiunti 28 nuovi punti vendita. Di fatto nonostante un biennio non ricco di performance gestionali, la tipologia dell’iper si conferma ancora fondamentale per lo sviluppo della moderna distribuzione.

“In un contesto come quello delineato si ribadisce l’importanza della cooperazione intesa come forza capace di contrastare i fenomeni di esclusione sociale e al tempo stesso soggetto economico responsabile, capace di captare segnali di richiesta di novità –spiega Aldo Soldi, presidente Coop-Ancc- Va in questa direzione anche l’ampliamento dell’offerta per rispondere alle nuove esigenze dei consumatori calmierando i prezzi. Di fronte a un quadro tutto sommato fluido, caratterizzato da un lato da una ripresa economica e dall’altro dal perdurare di una percezione tutto sommato negativa che le famiglie italiane mostrano di avere sulle proprie possibilità economiche, occorrono azioni che diano fiducia e riescano a destinare risorse a favore della ripresa dei consumi. E’ importante che il Governo continui il percorso positivamente avviato delle liberalizzazioni ed operi per una riduzione mirata della pressione fiscale a favore delle famiglie italiane. In una situazione complessa di ripresa e di difficoltà allo stesso tempo, tutti sono chiamati a fare con serietà e e senso nazionale la loro parte: Coop lo fa creando lavoro, sviluppo, socialità, competitività e difendendo il prodotto italiano”.

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