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LO SVILUPPO DELL’OFFICE COFFEE SERVICE IN ITALIA


A cura di Antonio Barbangelo
Tratto da “Pausa Caffè” di A. Barbangelo
su concessione dell’editore Egea Editore
www.egeaonline.it/

SOMMARIO: Niente monetina o chiavetta magnetica nel caleidoscopico mercato dell’OCS, quello delle piccole macchine che preparano il caffè espresso in pochi istanti. Come al bar. L’Office Coffe Service fa parte del vasto universo della distribuzione automatica e nello stesso tempo è un mondo a sé stante. Con proprie dinamiche. Non è solo la dimensione (ridotta) della macchina a fare la differenza. In che cosa differisce? C’è una crescente frammentazione degli attori in scena e lo sbarco di numerosi player che provengono da settori del commercio diversi dal vending.

Riferimento temporale: aprile 2010

Lievita la gamma dei prodotti offerti e aumentano i canali con cui vengono vendute cialde, capsule e macchinette (da sempre «gioielli» tecnologici frutto dell’ingegno italiano). Anche nell’OCS gli operatori parlano di «saturazione del mercato», ma si stanno facendo anche significativi investimenti; e per molti operatori «porzionato» vuol dire nuovi apprezzabili sbocchi futuri, guardando in particolare al target famiglia. Infine – dato non secondario – il mercato italiano OCS è largamente dominato da Lavazza, l’azienda che ha saputo credere e investire nel «porzionato » fin dagli anni Ottanta. Mentre un gigante come Nestlé consolida le posizioni e Illy sta conquistando nuovi spazi.

L’Office Coffee Service sta rapidamente cambiando pelle. E i numeri sembrano dare ragione a tutti coloro che osservano il comparto con attenzione. Secondo i dati dell’ultimo studio di settore di Confida, le consumazioni di caldo OCS nel 2008 sono state 1575 milioni, con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente; mentre il fatturato delle società di gestione ha fatto segnare 551,2 milioni di euro (+4,99%). Crescita anche per il parco macchine: a fine 2008 le macchinette installate sono giunte a quota 1,635 milioni (+9% rispetto a 1,5 milioni del 2007).

Il mercato OCS nel 2008 non pare aver risentito molto della crisi economica esplosa nella seconda metà dell’anno. Se poi si considerano i numeri dei 24 mesi precedenti, il comparto delle piccole macchine evidenzia un vero boom: tra fine 2005 e fine 2007 l’incremento delle consumazioni è stato dell’11,11%; il fatturato delle società di gestione è cresciuto dell’11% e quello del parco macchine dell’8,84%. Va aggiunto il fatto che il numero di 1,635 milioni di macchinette presenti a fine 2008 tiene conto solamente dei dati raccolti da Confida nel mercato della distribuzione automatica tradizionale; andrebbero sommate le vendite di macchinette per il «porzionato» nella GDO e attraverso altri canali, come internet e il teleselling.

Spiegano gli operatori del settore: Le macchinette per il caffè a cialda hanno raggiunto quasi tutte le realtà lavorative. Non è facile trovare oggi un ufficio che non ospiti una macchina OCS. Averne una significa concedersi una piacevole pausa insieme ai colleghi, ed essere cortesi con clienti e visitatori. La qualità dei prodotti (caffè, a cui si sono aggiunti cappuccio, cioccolata, tè, tisane ecc.), conservati in capsule sigillate o in cialde in carta filtro, e l’utilizzo semplice delle macchinette, ne hanno agevolato la domanda. Fino a qualche anno fa le capsule monodose venivano chiamate FAP (filtro a perdere), ma oggi questa denominazione è in disuso. La grande maggioranza di macchine OCS sono manuali. Recentemente, con la diffusione del «porzionato« nei luoghi di lavoro, si è esteso l’utilizzo di macchine per bevande calde più grandi, automatiche e semiautomatiche (con una base di appoggio a terra), chiamate table top.

Nel mondo OCS c’è ormai una varietà incredibile di soluzioni e di offerte, ma il mercato può essere suddiviso sostanzialmente in due segmenti: il consumatore può scegliere tra una macchina che prepara il caffè con cialde di una qualsiasi marca (il sistema del cosiddetto porzionato aperto) e una macchina che utilizza solo cialde o capsule dedicate (porzionato chiuso o sistema proprietario). Le macchine per sistemi aperti sono prodotte da tutti i principali costruttori di elettrodomestici e di vending machine (De Longhi, Krups e Saeco, Sgl e molte altre) e quasi sempre utilizzano cialde in carta filtro. Macchine e prodotti alimentari si trovano prevalentemente nella GDO. L’assortimento oggi è vastissimo. Ma la capsula «dedicata» sta sottraendo terreno ai sistemi aperti. In prima fila ci sono Lavazza, Nespresso e Illy. Diversamente dal porzionato aperto, le macchinette sono compatibili solo con capsule prodotte ad hoc da una determinata casa di torrefazione.

Per esempio, Lavazza ha avuto per anni il monopolio della capsula in plastica con un prodotto dedicato: Espresso Point. Dopo la scadenza del brevetto, ha lanciato prima il sistema BLUE, poi Lavazza a Modo Mio, che ha una capsula in plastica autoconservante (non è più necessario il sacchettino di protezione), utilizzabile con una macchina prodotta da Saeco. L’altro importante player nei sistemi chiusi è Nestlé, che nel 2006 ha messo sul mercato Nespresso Dolce Gusto, un sistema che utilizza capsule in alluminio applicabili solo nelle apposite macchine della Krups. Anche Illy è entrata nel mercato nelle macchinette; recentemente ha acquisito il 50% di Itaca Srl, storica azienda del comparto, che produce cialde e macchine. Intanto, tra i torrefattori, hanno conquistato interessanti spazi di mercato altri produttori di cialde, come Gimoka Srl, l’azienda di Andalo Valtellina (Sondrio) fondata nel 1982.

Tra i due sistemi, il porzionato chiuso ha registrato una vera e propria impennata. In base agli ultimi dati di GFK Retail and Technology Italia, il mercato dei sistemi chiusi, nel periodo marzo 2008-febbraio 2009, in termini di quantità di macchine vendute è cresciuto del 77,6%, mentre negli stessi 12 mesi il valore si è incrementato del 71%. Crescita sostenuta, nel periodo considerato, anche per il porzionato aperto: 38,3% il volume delle macchine vendute e 32,4% il valore complessivo. Spiega Giacomo Biviano, direttore generale Illycaffè e presidente di Itaca Srl: La capsula dedicata svolge un ruolo di fidelizzazione. La tendenza ormai si sta consolidando. Pensiamo solo alla diffusione che ha registrato l’OCS nei luoghi di lavoro. Se la casa produttrice di caffè non creasse una capsula dedicata, correrebbe un rischio: nella macchina potrebbero finire prodotti che il consumatore trova da altri fornitori. È evidente che il sistema proprietario chiuso consente la vendita della macchina a prezzi più contenuti; poi si recupera sulle capsule. Se il sistema è aperto non si recupera facilmente.

Come affermano gli operatori del vending, gli attori che operano nel mondo OCS oggi sono molto numerosi e quasi tutti i produttori di caffè sono anche produttori di cialde o di capsule. Un effetto domino inarrestabile. Un ventaglio sempre più ampio di operatori nel comparto del «porzionato» (non solo con le capsule dedicate) desta qualche perplessità tra le società di gestione tradizionali, che da anni lavorano sia con i distributori free standing sia nel comparto del porzionato. Spiega Fioravante Allegrino, titolare di Sogeda: L’OCS ha avuto uno sviluppo considerevole in questi ultimi 15-20 anni. Ora, però, ci troviamo in una fase piuttosto difficile. Non per il settore o per i produttori di macchine OCS: è una fase difficile per noi gestori. Perché? La domanda crescente di piccole macchine per il caffè ha attirato l’attenzione di tanti soggetti, che si sono catapultati in questo business. L’OCS è un’attività semplice, che non richiede ingenti investimenti iniziali. Quando poi c’è un caffè con un marchio importante possono tentare praticamente tutti. Perfino chi vende beni che nulla c’entrano con la distribuzione automatica, può provare a buttarsi nel mercato OCS.

Di certo ogni tanto qualcuno si improvvisa. Racconta un altro gestore che opera nel vending tradizionale: Qualche tempo fa mi ha telefonato il titolare di un’azienda che vende materiale di cancelleria all’ingrosso.Mi aveva scambiato per produttore di macchine OCS e voleva comprarne 200. Così, giusto per iniziare.Troppa gente è convinta di poter svolgere questo servizio senza problemi. In fondo, quando consegnano la cancelleria, possono portare anche le cialde per le macchinette del caffè. Perché no? Perché si moltiplica così velocemente il numero di player che entrano nel business dell’OCS? Rispondono i protagonisti del vending: Investimenti iniziali contenuti. Buoni margini, raggiunti in tempi relativamente brevi. Servizio e prodotto di livello mediamente buono o mediocre, ma non sempre il cliente si accorge della differenza.

Il rischio che il consumatore finale non sia sempre consapevole del livello di qualità offerto dal servizio di distribuzione automatica è sempre in agguato, ma nel comparto OCS è molto più ampio. Se la macchinetta funziona (sono apparecchiature meno complesse delle free standing) e il prodotto in tazzina piace – magari è anche di marca – la domanda rimane sostenuta. Qualcuno ironicamente afferma: Se non sei dentro al settore, è difficile capire se chi offre un servizio di macchine OCS è un professionista del vending o neofita, che vende anche enciclopedie e forni a microonde. Come si è arrivati all’attuale polverizzazione del comparto OCS? Per tentare di rispondere occorre fare qualche passo indietro e ripercorrere velocemente le tappe più significative del «porzionato» negli ultimi anni. Sullo sfondo c’è un repertorio di scelte e idee vincenti, partorite da imprenditori e ingegneri italiani.

Servizio di Antonio Barbangelo da “Pausa Caffè” di A. Barbangelo
su concessione dell’editore Egea Editore
www.egeaonline.it/

Il libro “Pausa Caffè” di Antonio Barbangelo offre un’ampia panoramica del complesso puzzle della distribuzione automatica (il vending) in Italia. Il mondo del vending viene osservato da Antonio Barbangelo sotto il profilo economico e dei modelli di management, e dal punto di vista sociale e degli stili di vita: i pasti si consumano sempre più fuori casa, inoltre è attorno alla «zona macchinetta» che viene tessuto quell’ordito informale di relazioni che fa delle imprese anche delle comunità coese e vitali. Con attenzione alle novità ed un costante ricorso ai casi concreti, il testo cerca di spiegare perché è cresciuto così velocemente un settore che fattura circa 3 miliardi di euro. Un mondo che coinvolge direttamente varie categorie di imprese: dai fabbricanti di distributori alle società che li gestiscono e ne effettuano la manutenzione, fino ai big player della produzione alimentare; ma gioca un ruolo rilevante in territori confinanti, come quello della GDO e della ristorazione. Pausa Caffè contiene una descrizione dei principali operatori del settore, analizza l’esportazione dei produttori italiani all’estero, racconta il progetto di qualificazione del settore a cui Confida lavora da anni (Carta dei Servizi, progetto su Salute e nutrizione) e compie una digressione storica partendo dal 1946, anno a cui risale l’installazione dei primi distributori automatici per la vendita della Coca-Cola sbarcati in Italia insieme ai Marines, per arrivare ai giorni nostri. L’autore, Antonio Barbangelo, è un giornalista professionista che ha collaborato in passato con importanti riviste economiche come Il Mondo, Capital, GenteMoney, BancaFinanza, Espansione, ItaliaOggi e L’Impresa. E’ stato consulente comunicazione per banche e compagnie assicurative. Attualmente collabora collabora con alcune testate economiche ed è inoltre impegnato nel settore comunicazione di Italiana Assicurazioni (Gruppo Reale Mutua).

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