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“DUIT”, gli artigiani urbani di Firenze che combattono la crisi consegnando liquori a domicilio


“Voi #restateacasa. Ai liquori ci pensiamo noi!”. Il motto di “DUIT“, Distilleria Urbana Italia, è chiaro e inequivocabile. Perché il delivery, ai tempi della quarantena ma anche dopo, non funziona solamente coi cocktail… C’è, infatti, chi non si accontenta e vuole a casa direttamente la bottiglia!

È stata questa l’idea di Tommaso Pieri, fondatore e produttore dell’azienda fiorentina che ha deciso di “reinventarsi” per contrastare la crisi andando ad abbracciare una clientela del tutto nuova per la sua storia aziendale: quella dei privati. Perché, infatti, consegnare il drink già preparato, quando è possibile mandare a casa un intero liquore? I risultati, in effetti, gli hanno dato ragione, facendo conoscere (e apprezzare) ancora di più i suoi peculiari prodotti sul panorama toscano nonostante il periodo di emergenza. Beverfood.com lo ha intervistato proprio per farsi raccontare questa curiosa iniziativa, oltre a ottenere una panoramica sulla sua ampia gamma di craft spirits.

Tommaso, partiamo proprio dalla consegna dei vostri liquori a domicilio: che risposte hai avuto?
“Sono abbastanza soddisfatto, vi dico la verità. I locali e i clienti fissi che collaborano con me mi hanno aiutato a condividere la nostra iniziativa, così sono riuscito a ritagliarmi un nuovo giro tra i privati. Loro ordinavano direttamente ai locali, io consegnavo. Ho creato una bella catena solidale: dalla distilleria al cocktail bar, che post-lockdown si vedrà ora riconosciuto uno sconto sull’acquisto della nuova merce, fino alle case dei consumatori. Con tanto tempo a disposizione in quarantena, l’amaro a fine pasto o il bicchierino durante la giornata è diventato d’altronde una tradizione per tanta, tanta gente”.

La consegna a domicilio non è stata l’unica nuova scommessa di queste ultime due settimane…
“È vero, durante il lockdown mi sono dedicato innanzitutto alla ricerca: non mi vergogno a dire che ho infuso e macerato qualsiasi cosa. Credetemi, qualsiasi: dalle cipolle ai botticelli rubati negli anni agli amici del Chianti e poi riempiti di liquori. Sono venute fuori delle nuove e interessanti linee di prodotto che, molto probabilmente, svilupperò nei prossimi anni. Poi, parallelamente, ho lavorato tanto a livello di social e comunicazione per cercare nuove collaborazioni o sviluppare prodotti conto terzi per locali. Noi come azienda siamo focalizzati quasi totalmente sul settore Ho.Re.Ca, ma col blocco del Paese la grande vendita si è fermata tutta e ci siamo dovuti rimboccare le maniche”.

DUIT, d’altronde, è un progetto nato nei bar per i bar, dai baristi per i baristi.
“Proprio così. Il progetto nasce nei bar per i bar e l’Ho.Re.Ca è sempre stato così il canale preferenziale per le nostre vendite. Pensate che a marzo stavamo vendendo quasi tutto ciò che producevamo, lavorando benissimo col nostro distributore in Toscana e aprendo un canale su scala nazionale. Abbiamo una piccola produzione a livello manuale e non avevamo quindi assolutamente niente a che fare col privato. Proprio per questo i primi tempi della crisi sono stati duri, col grosso rischio di non riaprire neanche, ma diciamo che abbiamo saputo fare di necessità virtù. Ora che è ripartito l’Ho.Re.Ca, in ogni caso, stiamo finalmente rifiatando”.

Come nasce il progetto DUIT?
“Ti dico subito che a giugno abbiamo compiuto due anni ed è stata una gran bella soddisfazione. Personalmente ho sempre lavorato, e voluto lavorare, in questo mondo. Ho avuto la fortuna di fare il barman in locali che avevano bottigliere un po’ più evolute rispetto alle classiche otto-dodici referenze che si trovavano in Italia a fine anni ’90. Ho sempre avuto un grandissimo amore per gli amari, ma più ne provavo più sentivo qualcosa di troppo artificiale nella degustazione. Così ho iniziato a fare un po’ di ricerca, prima dai grandi libri di liquoristi e poi in base ai miei canoni di gusto… Sentivo di dovermi reinventare, perché stava finendo la mia spinta propulsiva dietro al bancone. È venuto tutto da solo. Ho creato questo progetto e ho cercato degli investitori che scommettessero su di me e sulle mie idee”.

Oggi quanti prodotti produci?
“La gamma di prodotti è molto ampia: oggi ne ho undici e ci tengo a precisare che sono tutti interamente fatti da me. DUIT non demanda infatti nessun tipo di lavorazione esterna: il prodotto viene fatto, imbottigliato ed etichettato a mano soltanto qui da noi. Adesso abbiamo optato per un nuovo packaging con le etichette storte proprio per estremizzare questo fatto. Parliamo poi sempre di piccoli lotti di produzione: da 150 fino a 250 bottiglie, non di più perché altrimenti non viene la qualità che voglio. Ci definiamo non a caso urbani per vocazione, artigiani per scelta”.

Non ti piace essere definito un apripista, però è indubbio che sul palcoscenico fiorentino il tuo apporto è stato quantomeno originale in questi ultimi due anni.
“Io mi differenzio da tanti perché uso
solo spezie, non preparati, coloranti, paste, creme… niente di strano! I miei prodotti costano di più come produzione, ma l’entusiasmo della gente mi ripaga alla grande. Sono consapevole di fare dei liquori particolari, però non sono certo l’unico. A me e ai miei soci non interessa creare l’ennesima copia di spirits mainstream né rincorrere le mode del momento. Vogliamo proporre qualcosa di unico, certi che ci sia ancora voglia di andare oltre il conosciuto”.

Su quali punti di più?
“Su tutti, ovviamente! Diciamo che i miei prodotti principali sono gli amari, ne ho tre. Ho poi una Vodka al caramello salato, il Vermutte del Chianti a base di vino Chianti classico DOCG molto tannico ed entrante, un Gin Italian Dry, altri vini liquorosi come il Ratafia di amarene e il Trebbiano bianco chinato all’arancia o il Limoncello Radical Chic con zenzero e curcuma. Senza dimenticare la Grappa della Felicità fatta con spezie calmanti e anti-depressive quali camomilla, pompelmo, zafferano e iperico: sicuramente il prodotto più a tema in questo momento così difficile per tutti noi”.

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