L’eccellenza italiana passa anche per una figura meno nota al grande pubblico. Mani e mente attraverso cui viaggiano i marchi più rilevanti del vino nostrano, per arrivare nelle regioni più lontane (ma apparentemente più appassionate del mondo). Dagli Stati Uniti alla Mongolia, Edoardo Freddi è uno dei primi export manager del vino italiano.
Studi di economia, un master nel food and beverage management, ma la visione andava già oltre. Una palestra di un certo livello come la posizione di analyst per AB InBev Italia, poi un ulteriore passo di un anno nel settore commerciale: “Molto interessante, anche se lavoravamo a ritmi pazzeschi”. Nel 2012 decide di lanciarsi in proprio e inizia a seguire alcune aziende della sua zona, il Garda, fino ad arrivare a una realtà storica come San Michele Appiano, il primo grande risultato. Edoardo Freddi ha trentadue anni e un approccio composto e diretto, parla con la voce ferma di chi sa cosa vuole ma non lo dà per scontato. Anzi, lavora il doppio per ottenerlo.
“L’obiettivo era quello di rispondere a un’esigenza piuttosto chiara per il mondo del vino italiano: creare una figura vicina a quella del negociant francese, che fosse garante di qualità e tramite tra le cantine e i mercati”. In parole contemporanee, un export manager specializzato. E il percorso tracciato si è rivelato essere quello giusto: “La richiesta ci ha sorpreso, per mole e per varietà geografica. Lo scorso anno avrò trascorso qualcosa come 320 giorni all’estero”. Oggi il gruppo Edoardo Freddi International, di cui Edoardo è socio unico, conta trentacinque agenti e segue altrettante cantine, coprendo novanta paesi del mondo, dall’Europa all’Australia alla Cina, dove “i prezzi medio sono in crollo ma i consumi non sono mai stati così elevati”.
E non basta certo una rete di professionisti fitta, preparata e giovane (età media 38 anni): serve piuttosto studiare i mercati nel senso più umano possibile, viverli e comprenderli da dentro. “Sappiamo che in Vietnam, ad esempio, l’influenza francese è enorme. Per poter vendere un prodotto a volumi incredibili ci è bastato chiedere che venisse imbottigliato in un formato più pesante e lungo, che ricordasse un packaging francese: e ha funzionato alla grande”. Conoscenza, intuizione e gestione dei rapporti umani e professionali sono le chiavi di volta di EFI.
Non compra né vende nulla, fornisce esclusivamente servizi di agenzia su tutti i mercati esistenti e con un particolare fiuto per i mercati nuovi. Nel 2019 il gruppo Freddi ha gestito fatturato estero per 50 milioni, che quest’anno aumentano grazie all’acquisizione di un player di rilievo come il Gruppo Codice Citra, che conta oltre tremila famiglie in società nel ter ritorio vitivinicolo abruzzese. Quest’ultima acquisizione va ad aggiungersi a un parterre già ricchissimo, che consta tra gli altri anche di San Leonardo, Marchesi di Barolo, San Michele Appiano, La Tunella, Montevetrano, Cascina Chicco, Casa Paladin e Pratello. L’intera attività di Edoardo è in costante miglioramento, con una buona crescita negli ultimi mesi ma con margini in calo.
Le mire per il futuro parlano in grande: “Quando abbiamo iniziato esisteva forse una sola realtà del genere in Olanda, per quanto con connotati diversi. Noi siamo stati i primi a spingere in proprio, e adesso vogliamo espanderci in ambito di equity”. Si ragiona quindi in termini di partecipazione nelle aziende seguite, che possano confermarsi un portfolio di azioni e presenza societaria (nella quale EFI è già attiva), e non solo clienti capillarmente sostenuti grazie alle sedi d’appoggio negli USA (Austin e Orlando), oltre al quartier generale di Castiglione delle Stiviere. Edoardo Freddi ha creato una soluzione che adesso è indispensabile per le cantine che vogliono far conoscere il proprio mondo e la propria passione: il meglio del made in Italy passa anche da lui.