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Per presentare l’annata 2020 l’Enoteca Regionale del Barbaresco conferma il duo formato da Antonio Galloni di Vinous e Alessandro Masnaghetti – anche noto come il The Map Man – due tra le più importati figure nel panorama del mondo enoico.

Antonio Galloni
Antonio Galloni

Una degustazione dall’approccio piuttosto inedito, 15 vini, tutti Barbaresco 2020 che, eccettuati alcuni casi, provenivano da MeGa diverse. Nel caso di Ovello ben due rappresentazioni, ad esempio, per mostrare eloquentemente il carattere del vigneto. E proprio di carattere, più che di stilistica produttiva, verteva la degustazione. Al centro degli assaggi, l’espressione delle diverse colline che animano Barbaresco, Neive, Treiso e San Rosso Seno d’Elvio. A Galloni il compito della selezione dei vini più rappresentativi della denominazione, a Manasghetti quello di guidarci, virtualmente, tra le colline sottolineando l’importanza del paesaggio – e come esso influenzi il microclima – nonché quello di indicare quelle che gli inglesi definiscono come “references”, i punti di riferimenti da conoscere per “muoversi” all’interno dell’aerale. Come la Torre di Barbaresco, il Bricco di Neive, la città di Treiso e la Valle del Tanaro.

Alessandro Masnaghetti
Alessandro Masnaghetti

Prima di iniziare il “percorso espressivo” Alessandro ha voluto sottolineare altri due elementi. In primo luogo di come sia più semplice analizzare il profilo geologico del Barbaresco rispetto al Barolo poiché le conformazioni sono solo due: Marne di Sant’Agata Fossili, sabbiose e laminate, e la Formazione di Lequio; e, in seconda istanza, di come l’area del Barbaresco, oltre ad essere rimasta pressoché immutata come superficie vitata nel tempo, vede tutt’oggi la presenza di Barbera (a Neive e a Barbaresco), Dolcetto e Moscato (a Treiso e a Neive) a lato del protagonista Nebbiolo, che non si presenta come una ubiquitaria ma presente dunque per il 70% a Barbaresco, il 30% a Neive e il 30% a Treiso.

Il viaggio, per scelta di Galloni, ha visto la prima tappa a Rabajà (con l’azienda Cortese), poi Ronchi (con Albino Rocca), Montestefano (con La Cà Nova), Ovello (con due vini: Cantina del Pino e Cascina Morassino), Gallina (con Oddero), Canova (con Cascina vano), Serraboella (con Paitin),  a Treiso (con 3 piccoli appezzamenti per il vino dell’azienda Pelissero), Pajorè (con Sottimano), Casot (con Nada Giuseppe), Roncaglie (con la Poderi Colla) più alcuni altri vini di assemblaggio di zone quali San Rocco Seno d’Elio (con la Adrianao Marco e Vittore), Bric Turot, tra Roncaglie e Tre Stelle (con il vino dell’azienda Prunotto) per chiudere con il Barbaresco Classico della Produttori del Barbaresco, che opera coinvolgendo 50 famiglie in 100 ettari di vigneti.

Dagli assaggi emerge – lo ha ribadito più volte Galloni – come la 2020 sia un’annata già in equilibrio, bilanciata, tra tensione e frutto, dal profilo aromatico intenso e con una presenza di sensazioni iodate più o meno accentuate a seconda dei vini, delle zone.

Alto anche l’accento sull’aspetto tannico nelle etichette presentate, che si è espresso soprattutto nei vini prodotti a Barbaresco; di corpo e con tannini più aperti accompagnati da frutto i vini di Neive mentre sensazioni sapide, nettamente più accese, e di struttura, i vini di Treiso.

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