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Si è dissipato il polverone, è tornata la calma e adesso c’è solo da cominciare una nuova avventura. Eugenio Boer torna sulla scena con il suo nuovo ristorante, inaugurato a due passi dal centro di Milano, tra via Mercalli e via San Francesco d’Assisi. Lo fa alla sua maniera, personale e d’impatto, con un menu degustazione concettuale e filosofico, e un’idea di appartenenza a questa nuova realtà, a cominciare dal nome: [bu:r], ovvero la trascrizione fonetica del suo cognome olandese. Come a significare che davvero, e giustamente, è tutto suo. 

Un taglio importante con un passato che di certo gli ha dato enormi soddisfazioni, ma aveva anche sollevato non poche polemiche quando Boer decise di lasciare il ristorante Essenza a poche ora dal brillante conseguimento della stella Michelin. È seguito un periodo di quasi totale assenza dalle scene per lo chef figlio di padre olandese e madre siciliana, un giramondo senza paura di mettersi in gioco nei contesti più vari, da Berlino alla Toscana. Un anno di riflessione e perché no un percorso per ritrovarsi, senza perdere il fuoco necessario per riprendere a dire la propria, stavolta da protagonista assoluto.

[bu:r] è tutto quello che Eugenio può mettere nella sua personalissima vetrina. È contrasto, come si vede dal design del ristorante curato e  interpretato dall’architetto Mario Abruzzese (KICK.OFFICE): la moquette interrotta da pareti ruvide, colori caldi che abbracciano un nero quasi violento, liscio e ruvido, acceso e tenue. È soprattutto concetto, vivissimo, evidente dal menu degustazione che non avrà piatti fissi, piuttosto fornirà spunti di riflessione e ispirazione: suggestioni, idee che cambiano periodicamente e dalle quali scaturisce un percorso proposto dallo chef. Rimarranno alcuni classici (Risotto alla Cenere, il Salmerino di montagna e le sue uova e il Piccione in 3 cotture), insieme a una ventata di freschezza che Eugenio stesso ridipingerà ciclicamente: “Si tratta di una carta che propone un rimando al passato in funzione del futuro con un omaggio ai cuochi che hanno contribuito alla mia formazione, mutevole a seconda delle stagioni e delle diverse emozioni del momento”.

A supportare lo chef in questa nuova avventura c’è una squadra coesa capitanata dal direttore di sala Simone Dimitri, già manager del bistrot del Mandarin Oriental, affiancato dal sommelier Yoel Abarbanel, già in forza alle cantine di ristoranti di grande prestigio internazionale come Taillevent, Ledbury e Le Gavroche. Un team solido e di qualità, ideale per (ri)portare il nome di Boer dove merita, come testimoniano i vari colleghi rinomati presenti all’inaugurazione, su tutti Davide Oldani, Luigi Taglienti e Alessandro Negrini.

E a proposito di concetti, sono tre quelli a cui Boer risponde con una vena ermetica, ma profonda. Emozione: “Tantissima, e si vede”. Filosofia: “Sempre la stessa, quella che mi ha accompagnato da quando ho iniziato. Ma forse con un tocco nuovo: per poter avere successo è necessario non rimanere seduti, ma evolversi, innovarsi”. Progetto: “Progetti, plurale. Mille”. Con una chiosa agrodolce a metà tra passato e futuro: “Finalmente”.

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