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Non sarà certo un pezzo di carta (che ormai pezzo di carta a volte non è manco più) ad arrotondare il gusto, affinare i sentori, migliorare l’esperienza di una bottiglia di vino. Non sarà l’aspetto esteriore di una targhetta a definire il contenuto di un’annata stupenda, né un impatto visivo imperfetto potrà mai rovinare un sorso magico. Non sarà certo l’etichetta a permettere a un vino di esprimersi in tutto il suo potenziale: senz’altro, però, il vestito di una cantina si sta affermando come elemento imprescindibile per il successo sugli scaffali e sulle tavole dei consumatori. E quanta strada è stata percorsa. 

L’etichetta del vino ai tempi della penna

Bastava un tratto di penna. Una curva vergata a mano dal produttore (che al tempo stesso era imbottigliatore, uomo marketing, venditore al dettaglio), magari una firma. Se proprio si voleva esagerare si procedeva a segnalare l’annata, ma nulla di più. Non esistevano fronzoli o colpi d’artista, bastava l’essenziale. E per dire la verità, non esistevano legislazioni di sorta, regole da rispettare o canoni da tenere in considerazione: a trasparire era una sorta di non messaggio, l’etichetta di un vino si limitava a chiarirne forse l’uvaggio e l’anno di produzione, stop. E tanto bastava, perché in fondo per godersi un calice non serve (sempre) conoscerne ogni decilitro. Nell’ultimo secolo il cambiamento è stato repentino, volto a un duplice scopo: informazione del consumatore e senso estetico.

L’etichetta un biglietto da visita del produttore

Il mondo del vino veleggia a velocità impressionanti e inimmaginabili fino a poco tempo fa, grazie alla deflagrazione della figura dei sommelier, dei corsi di avvicinamento, magari dei programmi televisivi. Ciascun produttore si è adeguato nel corso degli anni, arrivando a proporre autentici biglietti da visita stampati sul vetro delle bottiglie: non più soltanto nome e annata, ma precise informazioni da fornire per rendere edotto il bevitore e conformarsi a disposizioni dall’alto. Oltre, va da sé, a una continua ricerca del bello e dell’attraente, in un momento storico in cui Instagram è la dogana sociale da cui farsi esaminare e troppo spesso è l’occhio a dover essere convinto prima di qualsiasi altro giudice.

Etichette vino - Photo by Scott Warman on Unsplash
Photo by Scott Warman on Unsplash

L’etichetta una carta d’identità del vino

Le etichette moderne seguono il flauto magico delle norme comunitarie: il Regolamento CE 607/2009 (riguardante le DOP e le IGP, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli) e il Decreto Legislativo 61/2010 (preceduto dal Decreto ministeriale del 23 dicembre 2009). In particolare, tutto il nuovo pacchetto normativo di cui sopra ha avuto definitiva implementazione operativa con il Decreto del 13 agosto 2012 (etichettatura e presentazione vini DOP e IGP ed altri prodotti vitivinicoli). Ciascun paese può poi adottare misure ulteriori ad hoc (e non a DOC, spiritosi), ma lo scheletro legislativo rimane identico:

  • Nome del Vino – Può anche essere un nome di fantasia.
  • Nome del Produttore – Per completare la carta d’identità. All’estero viene spesso sostituito dal semplice indirizzo del produttore, o dell’imbottigliatore, o da informazioni giuridiche che consentono l’identificazione del reale produttore, come per esempio il numero d’iscrizione alla camera di commercio.
  • Lotto – L’indicazione del Lotto rappresenta la numerazione di un gruppo di un certo numero di bottiglie provenienti dalla stessa partita, ovvero prodotte nello stesso intervallo di tempo ed in circostanze identiche. Solitamente tale cifra è preceduta dalla lettera maiuscola “L”.
  • Categoria e Denominazione – Ogni paese stabilisce le proprie categorie nell’ambito dei sistemi di qualità e che devono essere riportate in etichetta. In Francia, per esempio, si identificano con AOC (Appellation d’Origine Contrôlée) oppure con Vin de Pays, mentre in Italia vengono sostituite con DOC (Denominazione d’Origine Controllata) o IGT (Indicazione Geografica Tipica).
  • Area di Origine – Indica solitamente il nome del paese, e più specificamente, il nome dell’area di provenienza del vino così come il nome di città, comuni, villaggi, o aree più piccole, o il nome del vigneto in cui sono state vendemmiate le uve. In genere per i vini appartenenti a categorie di qualità elevate, come per esempio gli AOC Francesi o le DOC Italiane, il nome dell’area di origine deve essere riconosciuto e permesso dalla legge.
  • Annata – Vincolata da specifiche leggi che possono prevedere o rendere obbligatoria, per esempio, l’indicazione dell’annata solo se il vino contenuto nella bottiglia è interamente prodotto in quell’annata. Per tutti i vini D.O.C.G. e D.O.C. a partire dalla vendemmia 2010, indicare l’annata è obbligatorio, escluse le tipologie di spumante, vino frizzante e vino liquoroso.
  • Contenuto della Bottiglia – La quantità di vino contenuta nella bottiglia.
  • Grado Alcolico – La quantità di alcol presente nel vino in rapporto al volume totale. Generalmente espressa in percentuale (%), in Italia viene espresso in gradi (°) e ogni grado corrisponde ad un’unita percentuale.
  • Composizione del Vino – Indica il nome dell’uva, o delle uve utilizzate per la produzione del vino.

Ai tempi di Instagram: design, creatività ed etichette personalizzate

Lontani i tempi della penna, dicevamo. Oggi l’attenzione è (giustamente?) rivolta a un aspetto che sia accattivante, che conquisti prima ancora dell’assaggio. Se per le bottiglie più rinomate è quasi controproducente discostarsi da una linea classica, le cantine più giovani stanno sempre più puntando su design, creatività e personalizzazione. Rimangono preponderanti le etichette di carta attaccate al vetro, ma iniziano a prendere piede anche serigrafie, lamine, rilievi. Addirittura stampe in 3D e codici QR che servono a tracciare la filiera. Grazie alle nuove tecnologie oggi è facile realizzare anche etichette con stampe personalizzate secondo le richieste del cliente che possono rendere uniche le bottiglie di un locale, un momento da celebrare, una data da ricordare, un evento.  Non più solo vista e sapore, piuttosto tatto, connettività, interazione social. Ogni protagonista propone il proprio abito, senza troppe differenze con case di moda e stilisti di grido. Ciascuna linea parla di un’identità, di una storia, di un marchio che si può riconoscere già soltanto da questo o quel particolare estetico. Sarà sempre il sorso a soddisfare il consumatore; ma una bella etichetta può comunque aiutare.

 

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