Ha superato i 4,4 miliardi il valore dell’export enologico italiano nel 2011. Il dato cumulato sui 12 mesi reso noto oggi dall’Istat dà incremento superiore al 12% in valore rispetto al 2010 e del 9% in volume per un totale di 24 milioni di hl. Confermate quindi le rosee aspettative degli scorsi mesi. Stati Uniti, Germania, Regno Unito i nostri primi importatori in valore, rispettivamente con 948, 919 e 509 milioni di euro. La classifica cambia in termini di quantità, con Germania e Regno Unito davanti agli Stati Uniti, rispettivamente con quasi 716.000, oltre 338.600 e più di 297.300 hl. Dati che confermano come il vino italiano piaccia nel mondo, ma soprattutto che i nostri produttori meritano la leadership, con una quota di mercato internazionale nel 2010 del 22%. Tutto questo nonostante la crisi economica e l’euro forte, i competitor sempre più agguerriti ma non sempre all’altezza.
«C’è stata negli ultimi anni una crescita della professionalità dei nostri produttori, anche di quelli di piccole dimensioni, che hanno imparato a rapportarsi con i trader internazionali – dice Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere -. Così a fianco di grandi nomi è sempre più facile trovare piccoli produttori che si fanno apprezzare nei ristoranti e nei wine bar di tutto il mondo. Ognuno trova il proprio canale o la sua nicchia di mercato in base a quelle che sono le proprie potenzialità e questo è un altro dato positivo perché dimostra una generalizzata propensione all’export». Un’importante rappresentanza di questi produttori export-oriented, oltre 4.200, sarà presente a Vinitaly dal 25 al 28 marzo, dove sono previsti in arrivo buyer da oltre 100 Paesi.
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