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Non sono estreme come le birre a fermentazione spontanea, ma nel panorama birrario belga esistono parecchie specialità – dalla trappista Orval alle Flemish Red – che devono buona parte della loro particolarità alle note acide, ottenute con procedimenti diversi.

 

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Delle birre oggi disponibili sul mercato sono senza dubbio tra le più antiche. Ma sono anche uno dei “trend” più in voga nel panorama della birra speciale e artigianale di mezzo mondo.

Stiamo parlando delle “sour beer”, birre che si caratterizzano per una certa componente acidula dovuta al particolare processo di fermentazione o maturazione.

Le più famose sono ovviamente quelle a fermentazione spontanea prodotte nella piccola regione belga del Pajottenland: nella tradizionale metodologia della zona sono i lieviti selvatici, presenti nell’aria della valle della Senne, ad “aggredire” il mosto, esposto in grandi vasche aperte, per dare inizio al processo di fermentazione. Che viene detta, appunto, spontanea.

 

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Il liquido che ne esce, il Lambic, viene usualmente maturato in botti di legno e miscelato con altri Lambic di annate diverse, quindi rifermentato in bottiglia per ottenere le Gueuze. Birre dal corpo secco, dall’acidità marcata e dai sentori fruttati e vinosi, che spesso vengono “addolcite” nel carattere grazie all’infusione di amarene intere in fase di maturazione, miscelandovi del succo di lampone oppure aggiungendo zucchero candito: otterremo così, nell’ordine, le Kriek, le Framboise o le Faro.

 

 

I lieviti “selvaggi” responsabili di questo tipo di fermentazione spontanea sono riconducibili alla specie delle Brettanomyces, nemica giurata della maggior parte delle birre, ma capace di infondere un carattere unico ad alcune specialità. Tanto che alcuni birrai hanno trovato il modo di “addomesticarli” per utilizzarli in maniera mirata nelle proprie creazioni, dando vita a birre dalle caratteristiche peculiari eppure meno difficili da bere (almeno per i meno avvezzi al mondo delle sour beer) rispetto alle classiche Lambic. E lo fanno in modi e con risultati completamente diversi.

Il primo birrificio da citare, non fosse altro che per la lunga storia che lo contraddistingue, è il fiammingo Liefmans. Situato lungo le sponde del fiume Schelda, altra zona dalla micro-fauna ambientale particolarmente ricca di lieviti, Liefmans produce e miscela diverse annate di birra sin dal lontano 1679. Il particolare metodo di fermentazione prevede ancor oggi il ricorso a grandi vasche aperte, all’interno delle quali il lievito ad alta fermentazione inoculato dal birraio lavora “fianco a fianco” con quello selvatico presente nell’aria. Per questo si usa definire “fermentazione mista” quella delle grandi specialità di Liefmans: la Kriek-Brut, maturata per un anno con ciliegie intere in immersione, e la pluripremiata Oud Bruin Goudenband.

 

 

Spostandoci verso ovest di una ventina di km, ma restando ancora nelle Fiandre, raggiungiamo la cittadina di Vichte dove troviamo la Brouwerij Verhaeghe; un nome che a molti risulterà poco familiare, eppure produttore di una delle più amate e famose Flemish Red. Parliamo ovviamente della Duchesse de Bourgogne e del suo particolare metodo di fermentazione, che avviene all’interno di grandi tini di rovere. Anche in questo caso è corretto parlare di fermentazione mista, dato che alla principale – ottenuta con lieviti ad alta – ne segue una, secondaria e spontanea, proprio all’interno di queste botti di legno, che permettono il contatto con i lieviti selvatici autoctoni. Un sapiente blend tra birra giovane e stagionata dà vita alla Duchesse de Bourgogne, specialità che dopo aver affascinato con il suo intenso colore rosso brillante, stupisce con note acetiche e vinose, sentori di spezie e frutta, un corpo rotondo e un lunghissimo ed emozionante finale.

 

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Concludiamo la nostra rassegna con un’eccellenza trappista: siamo ora in Vallonia, precisamente all’interno del monastero di Notre-Dame d’Orval, dove l’omonima birra deve il suo sapore inconfondibile non solo al dry-hopping, ma anche e soprattutto ai lieviti di tipo Brettanomyces che vengono aggiunti prima della rifermentazione in bottiglia.

Il nostro “giro del Belgio” alla scoperta delle sour beer, dalle più estreme a quelle alla portata di (quasi) tutti, ci ha mostrato come il mondo delle birre “acide” sia molto ricco e sfaccettato, una tradizione più viva che mai che merita di essere tramandata e supportata.

 

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