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Negli ultimi dieci anni, secondo le rilevazioni del Censimento dell’Agricoltura dell’Istat, le aziende vinicole italiane si sono dimezzate: nel 2000 erano censite 791.000 aziende viticole, che sono diventate 383.000 nel 2010, con una contrazione pari al 52%. Un dato che tuttavia va analizzato insieme a quello relativo alla superficie investita a vigneto, diminuita tra i due censimenti solo del 12% (dai 717.000 ettari del 2000 si è scesi ai 632.140 del 2010), con una superficie media aziendale che è di conseguenza lievitata dell’82%: dieci anni fa era di 0,9 ettari, oggi di 1,6. Nello stesso periodo, le cooperative vitivinicole di Fedagri sono diminuite (-10,8%), in crescita invece il fatturato (+ 32,7%)


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“Questi dati – commenta il presidente di Fedagri-Confcooperative Maurizio Gardini – attestano che nel decennio appena trascorso a scomparire siano state prevalentemente le imprese di piccole e piccolissime dimensioni: il fatto che la consistenza media dei vigneti aziendali sia aumentata di oltre l’80% va proprio nella direzione di un progressivo superamento della polverizzazione, contribuendo in misura significativa alla ristrutturazione e rafforzamento del comparto vitivinicolo nazionale”. “A nostro avviso, e ciò vale in generale per tutto lo scenario agricolo italiano – aggiunge Gardini – occorre evitare il sottodimensionamento, poiché altrimenti per molte delle nostre imprese c’è il rischio della marginalità. Le imprese vanno al contrario aiutate a crescere in dimensioni, attraverso aggregazioni e processi di fusione che le rendano più forti e che aiutino le nostre filiere ad essere maggiormente strutturate”. La polverizzazione in micro-imprese non è dunque sinonimo di redditività. Lo confermano i flussi interni al mondo cooperativo vitivinicolo di Fedagri che, nello stesso intervallo preso ad esame, ha conosciuto anch’esso un ridimensionamento, pur se molto contenuto, nel numero delle aziende (-10,8%) e dei soci (-22,9%): di contro, però, è aumentato il numero degli addetti e il fatturato è passato da 1,9 a 2,6 miliardi di euro. Con un incremento quindi della redditività della base sociale.

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