Inutile dirlo, per qualcuno è stato un finale bitter. La Campari Barman Competition ha visto trionfare Corey Squarzoni sul palco dello Spazio Vittoria di Roma, ma si è per forza di cose tradotta nella piccola delusione di chi non è riuscito a passare le semifinali. Agrodolce il sapore, comunque, perché il bagaglio con cui gli sconfitti tornano a casa è ben più ricco di quello con cui erano arrivati.
“Una piccola esperienza in più, un altro gradino gradino in più, tante nuove amicizie, e conoscenze”, racconta Denis Hazizaj. “Si partecipa per vincere, essere primi ovvio, ma è bellissimo tutto quello che c’è dietro. E poi è comunque un po’ di relax rispetto ai ritmi di lavoro”. C’è un aspetto umano che appare meno, ma in realtà è parte fondamentale dell’esperienza Campari. Conferma Orlando Michele Granpasso: “Torno a casa con un bagaglio gigantesco, pieno di spunti, confronti anche e soprattutto con chi ne sa più di me. È stata una bellissima occasione per fare autocritica e su cosa migliorare”. Dei 1400 bartender che hanno partecipato, arrivare tra gli ultimi quattordici è senza dubbio già una vittoria.
Due giorni di speranza e passione, di chi ci ha creduto e ci crede ogni giorno e “punta sempre in alto”, come ammette Giuseppe Capuano, o per chi viene “da una realtà piccola che solo da pochissimo ha aperto le porte alla mixology”, come Tea Alberizzi. Ci si porta a casa “tanti momenti importanti di crescita e la consapevolezza di essere arrivato a un pelo dall’ambito traguardo”, come Gianluca Tassielli, per la seconda volta arrivato all’ultima fase. O chi, come Lorenzo Di Cola, non perde il sorriso e ammette di tornare a casa “con tanto Campari”. Rimane impressa quindi l’esperienza di ragazzi che hanno potuto sperimentare la professionalità di personalità manageriali come Patrizia Beretta, Media Trade & Special Event Manager Campari, o semplicemente fonti di ispirazione al bar come le leggende Salvatore Calabrese e Leonardo Leuci.
Campari che “crea collante e cultura, condivisione, uno sguardo sul lavoro dei professionisti” secondo Giovanni Battista Elia, grazie soprattutto all’infaticabile lavoro della Campari Academy coordinata da Luca Casale, con trainer del calibro di Alessandro Pitanti. E che realizza “un network di altissimo livello, per scambiare idee sull’interpretazione che i colleghi danno di quella che alla fine è la nostra stessa passione”, o la possibilità di “avere a che fare con i maestri del bancone e apprendere da loro”, dicono in coro Luigi Rosario Grasso e Angelo Di Benedetto. Un’esperienza da ricordare per chi aveva già partecipato (lo stesso Squarzoni che ha vinto, era alla terza esperienza) o per chi si era avvicinato al mondo delle competition per la prima volta. Soprattutto perché vuol dire entrare a far parte di una famiglia esclusiva come quella Campari. La testa e i sogni sono già alla prossima edizione.