Un crescendo travolgente negli ultimi anni, e adesso un ostacolo che pare insormontabile. La Florence Cocktail Week, creatura di Paola Mencarelli, avrebbe dovuto vedere il sipario alzarsi sulla quinta edizione quest’anno; ma il Coronavirus impone annullamenti e chiusure, e adesso tutto pare andare a monte. Ma Paola Mencarelli tiene a chiarire: nulla è ancora detto.
“Il titolo di una delle mie ultime interviste è risultato fuorviante, si parlava della Florence Cocktail Week che salta. Nell’articolo poi si dice il giusto, che a giugno valuteremo. Ho ancora tutto in ballo, i contratti, le date di settembre, i movimenti social. Resta ancora tutto fermo”. La questione principale, quindi, è temporeggiare e arrivare a giugno per comprendere la fattibilità della Cocktail Week, per ovvi motivi rivisitata e ben distante dai fasti delle scorse edizioni: “Sarà impossibile realizzarla come avevamo pianificato, perché gli ospiti internazionali coinvolti non potranno esserci. Sarà importante capire se le aziende saranno ancora disposte a schierarsi con noi, o vorranno giustamente finalizzare i loro investimenti ad altro.
La settimana protagonista dovrebbe essere quella dal 21 al 27 settembre. Lo stallo comporta dubbi, ma non è certo la sola Mencarelli ad averne, in questo momento così fuori dall’ordinario: “Stiamo vivendo un incertezza generalizzata, in qualsiasi settore e quello dell’ospitalità non fa certo eccezione. Pochi giorni fa ho letto che il Berlino Bar Convent, fiera leader nel mondo (prevista per il 12-4 ottobre, ndr) si farà, alcune persone mi dicono il contrario. Si capisce poco. Io scelgo comunque di aspettare a valutare, tre mesi ci sarebbero sufficienti per poter organizzare l’evento: certo, non potrà avere la portata che pensavamo, quest’anno avevamo addirittura nei pieni una copertura oltreconfine, avevo assunto la Lotus di Londra come ufficio stampa per dare un respiro mediatico internazionale, ma nulla”.
Quest’oggi, lunedì 4 maggio, era previsto l’opening party, dedicato al bartending toscano con ospiti i dieci finalisti della Tuscany Cocktail Week dello scorso anno, manifestazione di più ampie vedute che coinvolgeva locali forse meno rinomati di quelli esclusivamente fiorentini, ma non per questo di minore qualità; erano inoltre attesi i bartender toscani più famosi che lavorano all’estero, come a celebrare le origini regionali nel mondo. Questo orgoglio territoriale potrebbe di fatto essere un salvagente importante: “La Tuscany Cocktail Week è stabilmente in piedi. Lo scorso anno fu solo un evento in attivazione, nel 2020 si stava già profilando come estremamente interessante, con settanta bar coinvolti e aziende interessate a investimenti decisi. Firenze funziona perché è meravigliosa, ma tutta la regione è celebre ovunque e merita visibilità anche al bancone. In prospettiva potrebbe essere un’arma importante, e per quest’anno il focus sulla Toscana potrebbe essere centrale per tutta la settimana”.
Si fa appello alla bellezza, la storia, la tradizione e il carattere dei toscani, che sono comunque rimasti piuttosto silenti durante questo lockdown: “Ho seguito con attenzione le realtà milanesi, si sono attivate in varie fasi, con il delivery o più in generale con enorme partecipazione. A Firenze molto meno, si è rimasti praticamente fermi e perlopiù è dovuto a una dimensione che vede pochissimi bartender imprenditori, quindi non direttamente coinvolti. Per non parlare della enorme quantità di bar di hotel di lusso, che non hanno troppe armi. Ho avuto voci di ragazzi già pronti a cambiare mestiere, insomma non è una situazione facile, ovviamente. Ma credo sia impossibile capire come muoversi, non ci sono informazioni a sufficienza né sostegno governativo”.
La Florence Cocktail Week aveva già fatto numeri strepitosi lo scorso anno, in concomitanza con il centenario del drink fiorentino per antonomasia, il Negroni: l’intero pianeta della miscelazione italiana e non solo era accorso in Toscana con masterclass di livello eccelso (su tutti era presente il Clumsies, settimo bar migliore al mondo lo scorso anno), incontri divulgativi e tour enogastronomici. Tutto a rischio, e le misure necessarie per evitare un crollo dell’intera industria sono quelle note: “Più importante di tutto è un sostegno economico-fiscale già pensato per altre categorie: i bar sono piccole imprese, senza spinta non possono sopravvivere. E magari anche un occhio agli organizzatori di eventi, a noi non pensa mai nessuno…”.
Il settore tutto si è comunque movimentato dall’inizio della quarantena, con flash mob strategici, proposte e azioni di sistema. Potrebbe però non bastare, anche se la luce in fondo al tunnel si vede per forza di cose: “Abbiamo avuto segnali positivi, ma temo possa tutto rimanere marginale anche a causa del legame con l’alcool intrinseco al settore: per avere il patrocinio del comune di Firenze ho dovuto fare i salti mortali. Ma in qualche modo il settore dovrà rinascere e lo farà, perché è lo strumento che permette alle persone di qualsiasi fascia di reddito o ceto di staccare la spina, è vitale”. E quanto ne abbiamo bisogno, di questi tempi.