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Il Giappone rappresenta il secondo paese importatore di vino più importante – dopo la Cina – del continente asiatico. Il valore delle importazioni di vino aveva raggiunto – nel 2019, prima dell’avvento del coronavirus – 1,6 miliardi di euro, a fronte di volumi pari a 2,8 milioni di ettolitri. Tra l’altro, rispetto al 2015, il trend risultava positivo, dato che gli acquisti dell’estero stavano crescendo ad un tasso medio annuale di oltre il 5% (CAGR).

 

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L’arrivo della pandemia nel 2020, come per la gran parte dei paesi mondiali, ha “spezzato” questo andamento di crescita, facendo crollare le importazioni del 15% rispetto al 2019, annoverando il Giappone tra i mercati di vino che hanno sofferto maggiormente (secondi solo, anche in questo caso, alla Cina) gli impatti del Covid.

Dal punto di vista dei consumi, il Giappone si contraddistingue per una forte predilezione verso gli spumanti. Il 39% dei vini acquistati dall’estero fa riferimento alle “bollicine”, con un ruolo predominante della Francia come fornitore. Sempre nel 2019, il peso ricoperto dagli sparkling francesi nella fornitura al Giappone rasentava l’83% del totale (a valore) contro un ridotto 6% degli spumanti italiani (e un altro 7% di quelli spagnoli). E’ inutile dire come la pandemia abbia “stroncato” soprattutto il consumo di questa categoria: le importazioni di spumanti tra il 2019 e il 2020 si sono ridotte a valore di quasi il 24%, contro un calo dei vini fermi imbottigliati di circa il 9%.

I primi dieci mesi del 2021 evidenziano un recupero nelle importazioni di vino: +3% a valori, a cui si affianca un pesante calo nei volumi (-9%), anche se tale riduzione non riguarda gli spumanti che invece mettono a segno un bel rimbalzo sia sul fronte dei valori (+16%) che dei volumi (+6%). Al contrario, i vini fermi e frizzanti imbottigliati, evidenziano un calo su entrambi i fronti: -2% a valori, -8% a volumi. Vale la pena evidenziare come il Giappone abbia affrontato la pandemia in maniera “discontinua”, inizialmente non applicando lockdown (per poi invece imporli anche durante le Olimpiadi e vietando la distribuzione di alcoolici dopo le 20), oltre al fatto di essere andata più a rilento nella somministrazione delle vaccinazioni. E in effetti, fino ad agosto, le importazioni di vino mostravano ancora un segno negativo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

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In questo scenario dei primi dieci mesi dell’anno, l’Italia evidenzia comunque un incremento di oltre il 5% (a valori) sull’import totale di vino, superiore alla media del mercato ma inferiore all’imponente recupero messo in atto dalla Francia che cresce di quasi il 12% (tabella 1).

Dalla tabella si evince come solo i fornitori europei mostrano recuperi (almeno a valori) positivi. Cile e Stati Uniti, che figurano tra i top 5 exporter nel paese del Sol levante, segnalano invece ancora pesanti cali, sia a valore che a volume. In merito agli acquisti di vini italiani, sono gli sparkling a mostrare il rimbalzo più sensibile (+10% a valori), cui si affianca una crescita superiore nei volumi (+13%), denotando quindi una riduzione del prezzo medio degli spumanti importati (da 4,51 euro a 4,39 euro/litro). In termini di paragone, la Francia all’opposto non solo cresce più a valore che a volume, ma porta i suoi prezzi medi all’import della categoria da 29,8 a 32 euro/litro: il potere dello Champagne! Infine, uno sguardo ai vini fermi imbottigliati. In questo caso, le importazioni dall’Italia aumentano a valori del 6% (contro il 5% di quelli francesi) ma diminuiscono in quantità del 2%, denotando così un incremento del prezzo medio di circa l’8%, passando cioè da 4,3 a 4,7 euro/litro.

Fonte: www.vinitaly.com/it/archivio-news/world-wine-news/mercato-vino-giappone-osservatorio-nomisma

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