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Colori, luce. Temi che hanno tenuto banco per secoli, argomenti che hanno gettato le basi di molte scoperte e invenzioni dell’uomo per un’ escalation di progressi geniali di cui ancora oggi traiamo beneficio. Ogni singolo istante. Per quanto riguarda i primi, Aristotele sosteneva che fossero il risultato di una reazione tra buio e luce, che la loro densità fosse generata in base alla luminosità o presenza di un offuscamento con il rosso a essere a metà tra il giallo sole e il viola delle tenebre.

Un rosso che nel vino si presenta in molti, diversi, rossi. Un aspetto visivo indossatore di messaggi e di informazioni. Una materia liquida che il cervello elabora e rimanda ad immagini di vitigni, zone produttive, produttori e che sfocia, poi, in nomi. Soggetti. I degustatori più incalliti e gli enologi amano scoprire, giocando da soli, al buio, i vini. Molti lo avranno già capito, è la cosiddetta “degustazione alla cieca” dove l’unico elemento ovvio è quello intrinseco dell’aspetto visivo. E se da quei primi sette colori di Aristotele siamo arrivati ai pantoni e ad una loro classificazione – necessaria per via delle loro sfumature e scissioni – c’è chi, dal colore, riesce a definirne perlomeno il vitigno. O provare a farlo con tutta l’umiltà e il timore nell’enunciarlo. Ma degustazioni di questo tipo sono in realtà dei test per chi degusta e soprattutto per chi il vino lo produce. È un mettersi a nudo per simboleggiare il lavoro dei mesi trascorsi sotto il cielo. Dai tagli nelle mani riflettenti della potatura, al bruciore degli occhi per l’osservazione del pianto della vigna, al germogliamento, alla fioritura, allegagione, invaiatura e la tanto attesa raccolta.

Frescobaldi, tra i produttori di riferimento quando si parla di vini toscani, ogni anno a metà autunno chiama a raccolta tutto il suo staff dalle varie zone produttive. Tenuta Perano, Castello di Nipozzano, Tenuta Castelgiocondo, Tenuta Castiglioni, Castello di Pomino, Tenuta Ammiraglia, Rèmole, per analizzare al buio l’ultima annata. A scelta ogni enologo porta con se il migliore campione delle uve che campeggiano in Toscana: Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot. E questa volta sotto la lente c’era l’annata 2019, millesimo contrassegnato da un andamento climatico molto particolare: siccitoso in inverno “sino ad aprile gli operai hanno potuto lavorare bene in vigna” – dice Niccolò D’Afflitto, Direttore tecnico Frescobaldi, a cui è seguito un mese di maggio molto piovoso, tra i più piovosi degli ultimi cinquant’anni, e mesi estivi di giugno e luglio caldissimi con temperature da record. Agosto altrettanto caldo che ha portato a una bella maturazione delle uve raccolte in settembre, per un’annata che rientra certamente nella categorie di quelle tardive, a iniziare dal germogliamento.

L’attenzione in vigna dunque è stata estrema e grazie a una gestione agronomica impeccabile si sono portate in cantina uve senza acinellature verdi. D’Afflitto poi si è interrogato sul cambiamento climatico in atto e ha confidato che in realtà quello che è cambiato è l’impatto che i fenomeni hanno nella loro forza e concentrazione. Di irruenza molto settoriale. E in annate come la 2019 – lo ricordiamo, tardiva – l’uva che ha la meglio è il Cabernet Sauvignon. Per concludere – a leggere tra le righe di D’Afflitto – si può dire che la Toscana si sta avvicinando, anche come clima, al Bordeaux. Nei dati presentati in questa anteprima riguardanti l’andamento vegetativo si dimostra come per Sangiovese e Merlot le date di germogliamento siano state più tardive (27 marzo nel 2016 vs 8 aprile nel 2019). Venendo agli assaggi, dal panel di degustazione che ha visto a confronto sommelier, enologi e addetti al settore Ho.Re.Ca le zone che hanno primeggiato su tutte sono state sostanzialmente due: Nipozzano e Castelgiocondo.

I RISULTATI

  • miglior Sangiovese: Nipozzano
  • miglior Merlot: Castelgiocondo
  • miglior Cabernet: Nipozzano
  • miglior vino del panel: il Sangiovese che nasce a Castelgiocondo.

Noi siamo parzialmente d’accordo. Nella batteria dei Sangiovese oltre al n.1, il favorito dai più, siamo stati colpiti anche dal campione n. 5 proveniente da Rèmole, dove il lampone trasudava la sua dolcezza, la sua anima più adiposa in contrasto con la lenezza del suo colore. Vino assolutamente di prospettiva che saprà donare eleganza e struttura in fase di assemblaggio. Nella batteria dei Cabenert Sauvignon -oltre ad esser stata una di quelle esperienze tra le più estatiche per carisma e flessuosità dei vini – ci ha colpito quello prodotto a Perano per la sua limpidezza, la sua espressività, l’uso impeccabile del legno che ne definiva il succo, ne calibrava il tannino donandogli il ritmo. Come un metronomo scandiva il tempo regalando al palato potenza, alternata a freschezza e tanta, tanta persistenza aromatica in un verticalismo che all’unisono ricordava i suoni di un ruscello pietrificato.


Il migliore è dunque – come per altri molti degustatori – un Cabernet Sauvignon. A confermare questa preferenza anche Lamberto Frescobaldi, Presidente dell’omonima azienda vitivinicola, impegnato con entrambi le mani ad affermare “l’esistenza di uno stile in ogni tenuta” e non un solo disegno a firma Frescobaldi replicato in esse. C’è una fierezza e una compiutezza sorridente dopo gli assaggi di quest’ultima batteria dell’uva francese che ancora ci appaiono agli occhi. Di queste ore passate a sbirciare queste luci di Frescobaldi al buio ci sentiamo come quel Newton estasiato quando con un prisma vede la composizione della luce. Le sue membra, i suoi colori. Qui, sono porzioni di terra che ad entrarci dentro si diventa parte di quella materia a tal punto da proiettarti direttamente nel futuro e non vedere l’ora di assaggiare i vini nati sotto le stelle del 2019. A fianco i rossi anche gli altri vini del gruppo tra i quali ricordiamo vividamente il Rosé, il futuro Alìe per il suo calore e la sua fibra molto spessa e il bianco dell’Isola di Gorgona, luminoso ed inerpicato nel suo scintillante cedro sciolto nel sale.

INFO www.frescobaldi.com

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