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Il futuro della birra artigianale: i 5 trend più importanti per i consumatori


La birra artigianale è ormai stabilmente tra le preferenze dei consumatori, reggendo egregiamente il confronto con i prodotti industriali. Nel futuro sembra intravedersi un’ulteriore crescita, e per poterla sfruttare al meglio, birrifici cercano di incontrare i favori di consumatori. C’è un però, piuttosto importante: secondo recenti ricerche, sarà sempre più difficile costruire una clientela affezionata.

Negli ultimi dieci anni, il consumo di birra artigianale negli USA è aumentato del 500%, mentre le proiezioni europee parlano di un +11% nel prossimo lustro. Il motore principale è proprio l’entusiasmo dei consumatori, che sviluppano determinati trend da interpretare. L’azienda olandese Totta Research ha passato al microscopio sette mercati fondamentali: USA, Gran Bretagna, Olanda, Italia, Francia, Spagna e Belgio, intervistano 3.300 soggetti circa le personali abitudini di consumo. Lo studio era stato commissionato da DSM, che fornisce gli enzimi per la produzione di birra artigianale e industriale: i risultati sembrano essere piuttosto intriganti.

NUOVE LEVE – Poco meno del 50% di consumatori di birra artigianale hanno rivelato di averne incrementato l’uso negli ultimi due anni. Soltanto il 6% ha segnalato una diminuzione, e la fascia di età con l’impennata più evidente è stata quella dei più giovani, tra i 18 e i 30 anni. Questo aumento ha inoltre scalfito il consumo di birra industriale: il 56% di intervistati ha infatti dichiarato di averlo diminuito. “La notizia migliore per il mondo birrario è proprio questa”, dice Joana Cameiro, business della sezione beverage di DSM. “Stiamo assistendo all’avanzata di una nuova generazione di appassionati di birra artigianale, e questa è un’opportunità enorme per i produttori”. 

ECO-FRIENDLY – L’etichetta di “prodotto locale” è spesso una delle armi più importanti nell’arsenale dei mastri birrai. Eppure sembra esserci una maggior attenzione al come si produce, rispetto al dove. Uno dei principali punti di interesse per i consumatori di birra artigianale è la sezione degli ingredienti, che devono essere freschi e legati al territorio, sebbene molti intervistati si siano dichiarati disposti volentieri e provare birre estere e tipiche di altri paesi. L’accento sulla sostenibilità è invece quanto mai forte: i richiami ai concetti di “etico” o “eco-friendly” sono stati di gran lunga i più utilizzati nelle campagne marketing dello scorso anno (fonte Mintel). “La metà dei nostri intervistati ritiene la birra artigianale più sostenibile, e che un prodotto pubblicizzato come sostenibile sia più attraente”.

L’IMPRESA (O IL GUSTO?) VALE LA SPESA – Non è una novità che il gusto sia fondamentale. Ma la ricerca di DSM ha svelato quanto effettivamente pesi il sapore di una birra rispetto ad altri fattori, compreso il prezzo. Il 75% degli intervistati ha segnalato il gusto come primo motivo dell’acquisto di una birra, e i due terzi sostengono che la birra artigianale dia una sensazione più “speciale” rispetto a quella industriale. La stessa percentuale si è detta attratta dall’immagine esclusiva che i prodotti artigianali dimostrano di avere. “Gustosa, locale e di qualità” sembra essere lo slogan, le parole più spesso utilizzate dai consumatori quando descrivono le birre artigianali. E questo vuol dire che il prezzo diventa un fattore relativo.

CAMBIARE – Soltanto un intervistato su cinque crede che questo boom di popolarità della birra artigianale sia destinato a morire. L’80% si è detto fiducioso nella longevità di questo interesse, pur manifestando un ampio grado di apertura verso nuove sperimentazioni. Solo il 4% rimarrebbe fedele allo stesso prodotto.

ALTA FEDELTÀ – Per quanto un tale entusiasmo verso la categoria sia un gran bene, i produttori devono affrontare una sfida piuttosto impegnativa. “Creare un brand di successo è l’ostacolo maggiore. Solo la metà degli intervistati si è giurata fedele a un particolare brand”. I consumatori sembrano quindi schierati dal lato della birra in generale, non dei marchi. “Può apparire come un segnale agrodolce. Ma è in realtà un’opportunità d’oro per i produttori che sapranno coglierla”.

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