A nemmeno un anno dalla sua scomparsa, avvenuta il 6 febbraio 2016, Giacomo Tachis continua a far parlare di sé con un libro. Non un classico volume, Giacomo Tachis e la luce di Galileo, vuole essere un omaggio a una figura centrale per il rinascimento del mondo del vino, molto più che un enologo, che animato da una curiosità intellettuale sapeva spaziare dai testi classici alla biologia, in una sete di conoscenza.
Il libro è stato presentato giovedì 13 ottobre nella splendida cornice di Palazzo Ralph Lauren a Milano, alla presenza di chi ha voluto fortemente questa biografia. Paolo Panerai, in qualità di editore con Class Editori, ma anche di imprenditore del mondo del vino. “Con le aziende del Gruppo Dominini Castellare di Castellina non ci fu mai un vero rapporto professionale, ma stima e amicizia. In particolare con Alessandro Cellai, oggi alla conduzione enologica del Gruppo Castellare, una volta insieme nello studio di Tachis il grande enologo mi disse di prendere tra i 20.000 volumi della sua biblioteca, oggi custodita da Chianti Banca, il libro di Galileo. Voleva spiegarmi la sintesi scientifica di che cosa è il vino, insieme di umore e di luce. Io aggiunsi di terra, in quel momento nacque l’idea di questo libro dove vogliamo raccontare una delle figure più importanti della storia del vino italiano e mondiale”.
Autore del libro Cesare Pillon, firma storica del vino italiano che ha ammesso. “Mi sono reso conto della statura del personaggio man mano che scrivevo il libro, non solo per l’importanza delle cose realizzate ma anche per l’ampiezza della sua cultura. La prima volta che incontrai Tachis me lo presentò Piero Antinori, dicendomi che quell’uomo avrebbe cambiato la storia del vino. Sono stati tanti i successi di Tachis, ma pochi ricordano il miracolo del Galestro, quando si scoprì che il Chianti senza le uve bianche di Trebbiano poteva dare risultati migliori, un disciplinare costruito come una sorta di doc privata si stabiliva la gradazione massima e non la minima, andando incontro all’esigenze alimentari del tempo quando il vino era a tutto pasto”.
Tanti gli scorci di Tachis in questo libro, dal suo rapporto di collaborazione con la famiglia Antinori durato più di trent’anni dove ha regalato etichette mitiche come Tignanello e Solaia, alla creazione del Sassicaia vino simbolo per tanti anni del nostro paese, ai suoi successi ottenuti da consulente famoso enologo ormai in pensione in regioni come la Sardegna, la Sicilia e le Marche. Dalla sua morte nel febbraio scorso come sempre avviene in questi casi in Italia ci sono state sia la retorica, ma anche molte cose brutte dette sul suo conto, apostrofato come nemico dei vitigni autoctoni e soprattutto del Sangiovese. La risposta di Alessandro Cellai, enologo del Gruppo Domini Castellare di Castellina, suo discepolo dal punto di vista enologico, fa chiarezza in merito. “Giacomo Tachis non era affatto contro il Sangiovese, suggeriva l’utilizzo di vitigni internazionali per completare l’espressione del prodotto quando questo non era all’altezza. Proprio per questo ci spinse ad andare avanti con i Sodi San Nicolò, dicendomi che ero fortunato a poter lavorare su un terreno dove il Sangiovese dava degli ottimi risultati anche in purezza. Tachis non è mai stato un anti-Sangiovese, adorava fare grandi vini che potessero dare risultati anche in territori che senza di lui, dalla Sicilia alla Sardegna non sarebbero conosciute al mondo come oggi”. Un alchimista del vino che sapeva dare consigli importanti, come a Feudi del Pisciotto, azienda siciliana del Gruppo Castellare dove suggerì di lavorare Semillon e Gewurztraminer, vitigni ideali per l’appassimento.
Un libro per capire la grandezza di un uomo, per tutti coloro che amano il vino e la sua cultura. Tommaso Ciuffoletti, capo della comunicazione di Domini Castellare, ha ricostruito negli ultimi capitoli la storia e il testo della lettera in cui viene fissato il ricordo di quella celebre frase di Galileo Galilei. “Il vino un composto di umore e di luce”– traslando in italiano moderno l’originale della lettera di Malagotti. Un mistero, l’origine di questa frase, che forse Tachis aveva risolto, legando l’immensa opera di Galileo all’umile mestiere di mescolatore di vini, come si definiva questo enologo schivo che applicò i lunghi studi a una pratica enologica, scienza applicata al vino come studio e applicazione.
GIACOMO TACHIS E LA LUCE DI GALILEO – CLASS EDITORI
a cura di Paolo Panerai, Cesare Pillon, Tommaso Ciuffoletti- 209 pag., € 24.00