Gik, startup spagnola che dal 2016 produce l’omonimo vino blu è stata multata dal Ministero dell’Agricoltura. Secondo le normative, il colore blu zaffiro non è considerato accettabile. Dopo uno stop di 2 mesi, Gik torna di nuovo a produrre.
Rosso rubino, giallo ambrato, rosa tenue: sono questi alcuni tra i colori più evidenti del vino. L’esame visivo è infatti fondamentale nel giudizio ed è ciò che inizialmente colpisce il degustatore. Per questo Gik, startup spagnola ha voluto essere unconventional, producendo un vino dal colore blu zaffiro.
Ottenuto da un blend di Rioja, Zaragoza, Leon, Castilla- La Mancha, assomiglia di più ad un cocktail 3.0 che ad un vino vero e proprio. Gradazione: 11, 5. Il colore dà l’idea di fluidità ed è ottenuto aggiungendo due pigmenti naturali: antocianine (presenti nella buccia dell’uva) e indaco.
Sebbene il colore potrebbe rendere diffidenti, al gusto il vino si presenta molto piacevole. Gik ha infatti dichiarato al New York Times di aver riscontrato successo, con una vendita di 120.000 bottiglie. I mercati di riferimento sono stati Giappone, Corea e Brasile, quindi al di fuori dell’UE, indubbiamente più tradizionalista per quanto riguarda il mondo del Wine.
Ad interrompere la spinta positiva di Gik è stato il Ministero dell’Agricoltura spagnolo. La startup è stata multata per aver violato le norme che regolano il settore enologico. Il blu non è considerato un colore accettabile.
Il direttore- generale della Federazione spagnola di vino ha esposto il suo parare al Times dicendo che, se da una parte è stata apprezzata l’iniziativa di GIK, dall’altra “bisogna rispettare le regole del gioco, e sono per tutti”. Taig Mac Carthy, uno dei co-fondatori di GIK, si è difeso dicendo che lo scopo era creare qualcosa di “più divertente” per le persone a cui non piace particolarmente il vino “normale”.
Gik, per niente abbattuta, ha ripreso la produzione dopo solo due mesi. Il nuovo vino è quasi identico, ma è composto per il 99% di vino e per l’1% di mosto d’uva, evitando così di essere “etichettato” come vino in senso stretto.
Il mercato e il consumatore non si dimostrano però ancora pronti ad accogliere un cambiamento così forte. Vino del resto è sinonimo di tradizione, cultura e terroir; stravolgere la sua natura a favore dell’innovazione è un’impresa davvero ardua.
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