Ancora poche ore e Giovanni Liuzzi non sarà più il campione della Campari Barman Competition e potrà darsi all’OTIVM, inteso come la sua nuova avventura incominciata nel centro di Milano. Il mondo di Giovanni Liuzzi in questi dodici mesi è cambiato. Cambio non proprio radicale, per un ragazzo classe ‘86 che è nel mondo del beverage da quando aveva 18 anni, ma sicuramente sostanziale.
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– Riavvolgiamo il nastro e facciamo un passo indietro di dodici mesi. Vigilia della Campari Barman Competition, in quanti avrebbero scommesso su Giovanni Liuzzi vincente?
– Pochi, forse nemmeno io. Alla fine ho vinto perché oltre ad aver realizzato un drink che è piaciuto alla giuria, ho lavorato molto sulla presentazione. Introduzione in inglese, dando quindi attenzione a un contesto sempre più internazionale, poi quando mi sono trovato a dover parlare di Fortunato Depero diciamo che ho avuto gioco facile, vista anche la mia esperienza precedente e i miei studi.
– La vittoria alla Campari Competition cambia la vita?
– Si per molti versi, per esempio io sono ritornato molto più al bancone rispetto a prima e poi devo dire che quest’anno è stato molto intenso. Dalle tante tappe sul truck, all’essere riconosciuto come il vincitore della Campari Barman Competition. Ho capito cosa significhi essere un camparista, prima conoscevo Campari e i suoi prodotti, ma far parte di questa grande famiglia è qualche cosa di unico. Sono sempre un passo avanti in Campari, lo erano prima con pubblicità che hanno fatto la storia e lo sono ancora oggi.
– Ora sei da OTIVM Milano, ti stai riposando?
– Dal 27 novembre mi sono imbarcato in questa nuova avventura che è molto stimolante. OTIVM Milano è una proposta che secondo me mancava in una città sempre più internazionale, siamo in pieno centro, un’offerta di ristorazione che parte dal mattino alle colazioni e caffè, passando per il business lunch, arrivando sino alla fascia serale con aperitivo e cena. Direi che forse il vero ozio, come si pronuncia il nome del locale, è più per i clienti che possono vivere un’esperienza in una struttura davvero molto bella.
– Che ruolo hai in OTIVM Milano?
– Sono il Barmanager con tutta la responsabilità del beverage, inteso come drink ma anche come vini. Una proposta che come cocktail list vede grandi classici rivisitati con dei twist, mentre nella parte vini è una carta molto tradizionale con qualche chicca soprattutto nelle annate di champagne e tante bollicine di casa nostra, oltre a una selezione dei migliori vini rossi e bianchi italiani per accompagnare la nostra cucina, fusion ma al tempo stesso tradizionale. Tra un po’ mi piacerebbe fare qualche esperimento di foop pairing.
– L’avvio di OTIVM com’è stato?
– Siamo partiti nel mese di dicembre che per sua natura è un mese particolare, tutti hanno voglia di fare festa e tra meeting aziendali e cene tra amici ogni sera eravamo strapieni. Gennaio ci sta dando alcune conferme specie nella parte business lunch, stiamo cercando di costruire la nostra proposta sulla fascia di aperitivo serale, cercando di cavalcare un trend molto londinese, dopo il lavoro si va a bere un buon bicchiere con i colleghi, capo compreso.
– Siete una squadra molto articolata e diversificata?
– Dietro al bancone ho cercato personale qualificato con esperienze e provenienza diversa, da Roma a Matera, in cucina c’è uno chef con esperienza, mentre il direttore d’orchestra lavora da anni su una piazza come Milano dove c’è la possibilità di fare bene.
– Come si lavora in centro, si può fare qualità?
– Questa è la terza volta che mi trovo a lavorare in centro e devo dire che si sta bene e lo spazio non manca. In un’area di pochi chilometri quadrati c’è un’altissima densità di persone durante il giorno che gravita attorno agli uffici, qui siamo a due passi dalla Borsa Italiana in mezzo a banche e studi professionali. La sera si svuota, ma rimane comunque una popolazione di residenti di migliaia di persone con una capacità di spesa molto alta, senza dimenticare anche turisti e stranieri che dormono negli hotel di lusso in centro.
– Parlaci invece della prossima apertura prevista a fine gennaio nella tua Monza?
– Ormai ci siamo, è un progetto più piccolo ma molto interessante dove sarò impegnato in prima persona con altri due soci. Abbiamo appena deciso il nome, si chiamerà Paloma, la zona è quella di via Bergamo, dove ruota attorno la movida monzese, sarà una proposta molto focalizzata sui classici ma con qualche tocco di creatività e artigianalità, accompagnando una cucina improntata su prodotti freschi.
– Che piazza è Monza?
– Molto giovane e quindi stimolante, per certi versi è più facile fare certi discorsi sulla mixology in una piazza così rispetto a Milano dove c’è moltissima concorrenza. Ho scelto di vivere a metà strada in una zona storica come l’Ortica cercando di sdoppiarmi, tante volte guardo il cielo sgombro da luci visto che siamo vicino all’aeroporto di Milano a quasi non mi sembra di stare in città.
– Sarai a Firenze per la finale della Campari Barman Competition?
– Certo non posso mancare, mi hanno detto che sarò una sorta di guest star ma di più non so. Sarà bello rivedere tanti amici e ripercorrere questo anno che è stato straordinario, con tantissimi incontri e molta positività e devo dire che fare da trainer per Campari Academy è una cosa che mi piace molto.
– Sei stato giudice nelle tappe in giro per l’Italia, che livello hai trovato?
– Il tema era il Negroni che quest’anno compie cento anni, all’apparenza semplice ma la difficoltà è stata proprio quella di interpretare questo concetto. In certe occasioni con gli altri giudici abbiamo penalizzato chi ha cercato di strafare snaturando il Negroni, che come un grande classico deve rimanere comunque tale.
– Un ricordo della tua finale e un consiglio ai finalisti?
-L’anno scorso Nicola Romiti era il più sereno di tutti e sdrammatizzava la situazione, mentre Nico Scarnera partiva come favorito ma forse ha sentito troppo la tensione. La cosa bella è il rapporto che si è creato tra noi anche dopo. Come consiglio cercare di stare tranquilli è scontato, gli direi di curare la parte di preparazione del drink ma soprattutto la comunicazione e la presentazione, che di fatto è una parte importante del nostro mestiere. La figura del bartender è molto cambiata rispetto a qualche anno fa quando ho iniziato io, se non facevi volare le bottiglia non potevi stare al bancone.
– Rinneghi i tuoi esordi nel flair?
– No assolutamente, ripensando a quegli anni mi viene da sorridere, penso che sia cambiata totalmente questa professione e la capacità di un bravo bartender è quella di riuscire a stare al passo con i tempi sempre cambiando pelle. Io credo di avere fatto così, ho cercato si sfruttare al massimo anche l’esperienza con Campari Academy e oggi mi godo il mio poco riposo all’OTIVM.