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Il giurì condanna pubblicità di Red Bull per messaggio offensivo al sentimento religioso


Il Comitato di Controllo ha chiesto l’intervento del Giurì nei confronti di Red Bull srl in relazione al telecomunicato trasmesso sulle reti Mediaset nel mese di febbraio 2012, ritenendolo in contrasto con gli artt. 1 – Lealtà della comunicazione commerciale – e 10 – Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona – del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. Lo spot, sotto forma di cartoon, mostra due ragazzi che confabulano tra loro; uno chiede: “Ma tu credi che funzionerà?” e l’altro risponde: “Aspetta e vedrai” e beve una lattina dell’energy drink “Red Bull”. In seguito entra in un confessionale e dice al parroco: “Sono stato con una di facili costumi”. Il prete elenca un numero di donne con le quali potrebbe essersi accompagnato: “La Rosetta del Borgo di Sotto, la Mariuccia della posta… Non sarà mica la nuova maestra?” e il ragazzo risponde: “Si dice il peccato ma non il peccatore, padre!”. Ricevuta l’assoluzione, esce dalla chiesa per ritrovare l’amico, che gli chiede: “Come è andata?” e lui risponde gongolante: “Abbiamo un paio di nomi nuovi!”.

Ad avviso del Comitato di Controllo l’uso strumentale e ingiustificato di un momento di profondo significato nel credo cattolico, quale è quello della confessione, realizzerebbe un’offesa al sentimento religioso nonché un’evidente volgarizzazione di un momento della sfera privata connotato di sacralità per i credenti, sia per la scelta del luogo fisico, il confessionale, che per il momento del dialogo con il sacerdote, che viene banalizzato e ridotto a un dialogo provocatoriamente malizioso e volgare. Red Bull srl ha eccepito che l’ironia semplice e ingenua su cui è incentrato lo spot risulterebbe ben percepibile da chiunque e sarebbe quindi esente da censure fondate sulla sua presunta offensività. Il format di cartoon dimostrerebbe l’intento di mantenere un tono ironico e paradossale, al limite del farsesco, ma certamente non offensivo o irriverente delle convinzioni religiose dei cittadini. Il Giurì ha ritenuto che il messaggio sia un esempio di derisione di una pratica del culto cristiano. L’ambientazione fantastica, l’omissione di ogni particolare realistico e la stessa forma espressiva del disegno animato, in cui la realtà viene trasfigurata nel segno percepibile dell’immaginazione del disegnatore, non elidono il fatto che il fruitore del messaggio è indotto a ridere di un evento che i seguaci del culto cristiano considerano un momento della loro vita della massima serietà. Il messaggio contestato è quindi atto a offendere, travalicando così i limiti imposti dall’art. 10 del Codice a cagione della evidente intenzionalità dell’irrisione di cui è carico il suo contenuto comunicativo e della gratuità di tale irrisione. Tale intenzionale derisione non è necessariamente simmetrica alla volontà di offendere, ma dimostra un’evidente disattenzione verso i sentimenti di una comunità religiosa. Per vantare le proprietà energizzanti di una bevanda non è necessario dissacrare attraverso una narrazione capovolgente passo per passo la logica simbolica che intesse il senso profondo del sacramento della confessione: la fantasia può ben sbrigliarsi in altre direzioni. Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che il messaggio esaminato è in contrasto con l’art. 10 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e ne ordina la cessazione.

+info: www.iap.it/

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