© Riproduzione riservata
Valle del Douro, terra senza confini quando la si percorre risalendo il suo fiume. Non si esaurisce lo stupore nel guardare le vigne terrazzate che disegnano le colline immensamente verdi e ripide di granito e scisto interrotte da prestigiose tenute di famiglie inglesi.
I frutti raccolti a cavallo tra il 1800 e 1900 da prodotti trasformati diventano tradizionali e simbolo di uno specifico territorio. C’è un paesaggio coperto da vigneti ma anche boschi più ci si addentra nella vallata. Un percorso magico, impossibile da credere se non lo si vive “in un sorso” o in una curva lunga e sontuosa. E non c’è un limite -forse solo mentale- legislativo perché in linea teorica tutto ancora è possibile quando parliamo di volumi di produzione. Siamo in una regione di 250mila ettari di cui solo 35.000 dedicati alla viticultura. Senza dubbio si inserisce tra quelle cosiddette “estreme” o meglio eroiche. E una volta analizzato e compreso il trend dei consumi si inizia ad abbracciare l’idea di diventare un punto di riferimento anche nella produzione di vini bianchi e rossi fermi. Espressioni che al gusto per l’eleganza e i tratti speziati e vegetali riportano al non distante Bordeaux. Le influenze produttive sono di origine fenicia e romana con l’espansione europea avvenuta soprattuto grazie agli olandesi. I vigneti sono per la maggior parte tra gli 80 e i 550 metri di altitudine su colline con il 30% di pendenza media. Le terrazze tradizionali si alternano a quelle moderne, in ambo i casi è l’uomo a garantirne la presenza. Lungo i fianchi delle colline vengono costruite delle banchine di pietra scistosa (pàtamares) che hanno lo scopo di sostenere il terreno soprastante in cui vengono piantati i filari di viti. La rese sono basse anche a causa dell’escursione termica e degli inverni freddi ed estati calde. Le uve maggiormente impiegate sono la Touriga Nacional, la Touriga Franca, la Tinta Barroca e Roriz. La produzione media annua si attesta intorno alle 8 milioni di bottiglie, consumate principalmente nel mercato interno, in Francia e nord Europa. Un Patrimonio Unesco dal 2001 che ha ispirato molti artisti tra cui il poeta Miguel Torga che la definisce “um poema geologico. A beleza absoluta”.
Un fascino creato dal lavoro costante delle Case storiche che oltre a vinificare le uve di proprietà acquistano quelle di piccoli produttori che non superano mai i 2 ettari. Famiglie che vivono con la natura e con uno stile di vita che si comprende nel silenzio dei paesi, piccoli borghi con muri colorati che interrompono le strade insieme alle dighe costruite più recentemente per agevolare il passaggio delle navi (rabelos) che trasportano la storia del vino dolce portoghese. Si deve ai mercanti inglesi l’avvio della produzione a loro firma in loco nel 1693 quando erano soliti inserire come valida alternativa il vino di Porto nei salotti borghesi a causa delle onerose tasse imposte dal Re Guglielmo sui vini Francesi. Il processo produttivo è messo a punto per motivi logistici con l’arrivo delle grandi botti nella temperata Vila Nova de Gaia, un luogo vocato grazie ai 15° costanti circa per il periodo di affinamento dei vini prima del consumo in altri mari. Un trasporto attento e pratico diventato un archetipo, un vino dolce da concedersi all’aperitivo o a fine pasto insieme a formaggi e dessert. E ci si scontra nella storia di questo vino già dal centro cittadino. Percorrendo i saliscendi si raggiunge la Ribeira, il quartiere della movida affacciato al fiume che conserva ancora intatti i colori pastello. Tra tutti il blu è imperante, c’è quello del corallo, del cielo o delle acque marine più pure. Superate queste luminose mura i tralci di vite confermano la presenza delle storiche società inglesi nella città specchio Vila Nova de Gaia raggiungibile via nave o dal ponte di ferro costruito da un collaboratore di Gustav Eiffel. E nel tempo del cammino ad un tratto spicca tra i muretti in pietra la scritta GRAHAM’S. Fondata nel 1820 da William & John Graham’s, la leggenda racconta di una famiglia operante nel tessile rimasta folgorata dai vini dolci portoghesi ricevuti come forma di pagamento da un cliente scozzese. Si studiano i 27 barili di Porto e si avvia una propria produzione. Si cerca un ragioniere, una figura dedita alla gestione del numeri. Sarà J. Symgthon che arrivato nel 1882 inizia a lavorare alla Wars, la compagnia più antica britannica anche grazie all’acquisto di parte della Dows avvenuta del 1670. In breve tempo Graham’s diventa un punto di riferimento per il Porto tale che Sir Winston Churchill diventa uno dei clienti più affezionati. Sono anni importanti per la regione con una capacità di unione tra le famiglie tramandata nelle generazioni. Graham’s, rimasta in mano alla famiglia per quasi duecento anni è sempre stata acclamata per il suo essere indipendente e pionieristica. Sin dagli albori si sceglie di investire nei propri vigneti affiancando l’innovazione alle antiche tecniche di vinificazione. Oggi sono i cinque cugini Symington (Paul, Johnny, Rupert, Dominic e Charles) a condividere la responsabilità di ogni asset aziendale mettendo in campo le proprie esperienze ereditate dalla metà del XVII secolo. Si gestiscono 28 tenute, 1000 ettari di vigneto con nove centri per la vinificazione delle uve. La prima annata prodotta nel 1970 è di buon auspicio, è infatti considerata da molti esperti come una delle più affascinanti degli ultimi cent’anni. E nello stesso anno viene acquistata l’intera proprietà Graham’s comprese le tenute nei cinque Grand Cru della regione del Douro: Quinta dos Malvedos (tra le più vocate e grandi di quasi cento ettari), Quinta das Lages (la più calda di 71 ettari di cui 3 circa certificati bio), Quinta do Vale de Malhadas (32 ettari con piante di 50 anni), Quinta da Vila Velha (145 ettari di cui 56 a vigna) e Quinta do Tua (con terroir unico e soli 28 ettari a vite dei 60). In ogni proprietà classificata come “A”, la migliore, si mantiene la flora selvatica originale per preservare la biodiversità indigena che secondo la filosofia Graham’s è uno degli elementi che contribuisce a rendere i vini espressivi e di potenza unica. Superata la catena del Marão il clima cambia, le vigne sono come protette dai venti dell’Oceano Atlantico e raggiunta la zona Trás-os-Montes anche nota come quella “Dietro le montagne” le influenze sono sempre più mediterranee. Delle tre macro regioni del Douro, il Baixo Corgo, il Cima Corgo e il Douro Superior, le ultime due sono quelle con il miglior rapporto qualità/zona. E se a disciplinare appaiono ben 116 varietà, di cui 49 bianche e 67 rosse, ufficialmente autorizzate per la produzione del Porto alla Graham’s si rimane fedeli alla tradizione impiegando principalmente la Touriga Franca e National. Lo spazio per la ricerca non manca e con le altre varietà presenti si sono creati numerosi vigneti sperimentali per studiare i livelli di maturazione e diversi tipi di vinificazione. Questa è la fotografia attuale ma in realtà il fascino risiede nelle antiche carte, custodi di aneddoti che narrano i primi tentativi di produzione del Porto trascritti da commercianti di vino nel diciassettesimo secolo. L’incontro con un monaco di Lamego, sorpreso ad aggiungere il mosto d’uva al vino durante la fermentazione per salvaguardare la dolcezza, ha convinto a replicare lo stesso metodo per preservare i vini durante i viaggi in Inghilterra. E cosi il modus operandi prevede il blocco della fermentazione, l’aggiunta di brandy e il riposo in botti che insieme armonizzano la carica degli zuccheri dei frutti. Nel tempo questa concentrazione del tessuto dolce e profondo ha preso ritmo influenzando il mercato con il conseguente ampliamento dell’offerta nonché perfezionamento di stili e tipologie di vini prodotti. Il Cadastro, l’ Ente governativo che fa parte del Departamento de Produção Vegetal (DPV) oltre ad aver delineato la zona di produzione nel 1796 indica in ogni annata il volume produttivo massimo consentito cosi da controllare e migliorare sempre la qualità. Si catalogano i vigneti in sei categorie verificando le pendenze, il suolo, la produttività e il sistema di allevamento. La sommatoria dei punti è ovviamente finalizzata alla stabilizzazione del prezzo dell’uva. E in questo racconto di viaggio il BEP raggiunto è di altissimo livello frutto dell’expertise della famiglia confermata dai numerosi premi vinti dagli enologi Symgthon al timone dell’impresa. Delle molte produzioni a marchio Graham’s tra le etichette bandiera c’è sicuramente il Porto Fine White, perfetta base del Porto Tonic, l’aperitivo più amato dai portoghesi squisito nella sua aromaticità e freschezza date dalla presenza della Malvasia Fina. Ma anche il Porto Tawny che a seconda del periodo di invecchiamento è seguito dai numeri 10, 20, 30 a 40 anni. I The Tawny e LBV (millesimato) blend di diverse annate invecchiati in tini di rovere da 2 a 6 anni e il Vintage, un Porto prodotto da uve di una singola annata maturate in legno per 2 anni che raggiungono la maturità dopo almeno 15 anni. Nel tempo i protocolli di produzione sono cambiati sposandosi con il gusto internazionale e contemporaneo. Se un tempo le uve venivano raccolte tutte insieme e in uno stadio di sovramaturazione oggi la programmazione vendemmiale diventa la regola principale che consente il raggiungimento dell’equilibrio e una gradevole bevibilità già nei primi di anni di bottiglia dopo lunghi periodi in toneis (botti da 1000 litri) e balseiros (tini di rovere di 10000 litri).
Gli assaggi:
LBV 2012
Effluvio di frutti rossi maturi con lampone, ribes e foglie di menta che si fondono in un gusto serico e di grande delicatezza. Spiccata e viva l’acidità che sostiene il sorso.
The Tawny
Cioccolato e ciliegia con acero e caramello creano una sfera calda ed equilibrata con tannini in sospensione a riaffiorare ed allungare la beva.
Tawny 10 anni
Fico, datteri e arancia rossa si stringono in un sorso preciso e di persistenza gustativa giocata tutta sulla pulizia con tratti tannici molto freschi.
Tawny 20 anni
Timo, erbe aromatiche e fiori di montagna rinfrescano il palato con un gusto delicato e persistente. C’è una fascia solida e cremosa ma anche fresca e sottile. È la versione più trasversale di Porto, adatta a tutti i palati.
Tawny 30 anni
Tabacco e cacao con note amaricanti si sciolgono nel palato con grande persistenza e sensualità. Succoso e materico si inserisce nel palato con molta delicatezza.
Tawny 40 anni
Gocce di cacao e mallo di noce si sprigionano in una trama molto elegante. Stupenda l’integrità e la profondità del sorso.
Vintage 2016
Una carica di frutti rossi molto maturi con note di anguria e papaveri essiccati. Agrumato e dolce al palato con una bevibilità quasi tagliente per la sua pregiata freschezza.
La Casa Graham’s è distribuita in Italia da oltre trent’anni dalla Sagna S.p.A.
© Riproduzione riservata