Tre frammenti di una sola realtà, una delle più rilevanti sul territorio italiano e non solo. Tre cristalli che compongono un intero gioiello, negli anni pioniere prima e garanzia di qualità poi. Tre componenti fondamentali che sostengono e sono il carburante del successo del Gruppo Santa Margherita, messi in mostra a Palazzo Bovara per una splendida degustazione in occasione della Milano Wine Week, di cui il gruppo è founding supporter.
GLI UOMINI – Una storia che parla di innovazione e filosofia del lavoro: si parte dalla mente e dal cuore del capostipite, il conte Gaetano Marzotto che nel 1935 acquistò mille ettari di terreno fra Fossalta di Portogruaro e la Laguna Veneta, bonificandoli e riqualificandoli. Si passa per la amata consorte, Margherita Lampertico Marzotto cui l’azienda e l’anima dei vini verrà dedicata. Fino al Gaetano dei giorni nostri, nipote del Conte, che oggi è presidente del Gruppo, e all’Amministratore Delegato Ettore Nicoletto, manager di talento in grado di amalgamare alla perfezione le varie sfumature di Santa Margherita, che conducono sapientemente alla conquista di mercati solo parzialmente esplorati: recentissima, del 2015, l’apertura di un nuovo canale di importazione negli Stati Uniti, dopo le ormai famose acquisizioni di aziende di livello di Torresella, Kettmeir, Mesa, Lamole di Lamole, Vistarenni, Sassoregale, Terrelìade, Cà Maiol. L’obiettivo attuale è la Cina.
LE TERRE – A Palazzo Bovara va in scena una degustazione orizzontale, che non descrive diverse annate bensì disegna il territorio di provenienza dei vari vini, sei in tutto, raccontata da Alberto Ugolini, ambassador di Santa Margherita Gruppo Vinicolo, e Chiara Govoni, Ambassadeur du Champagne per l’Italia, sommelier AIS, docente alla LUISS. Alto Adige, Garda, Sulcis, Chianti Classico: tasselli imprescindibili di un puzzle profumato e ricco di significato, testimonianza tangibile della passione per la terra in senso stretto prima ancora che geografico. E del rapporto integro e rispettoso che gli uomini di Santa Margherita hanno con il loro, anzi i loro scenari di appartenenza. Tanto da aver trovato una nuova forza green, con il fotovoltaico che permette un’autoproduzione energetica pulita. Quello che in francese viene accorciato e forse costretto nell’espressione terroir, nella lingua del Gruppo di traduce esattamente con l’intreccio tra la linfa del territorio e lo spirito degli uomini che lo vivono e lo lavorano.
I VINI – Come dirà Chiara Giovoni, a Santa Margherita piacciono il mare e l’altitudine, peraltro non per forza in quest’ordine. Si passa quindi dal Prosecco Superiore DOCG Brut Santa Margherita, floreale e persistente, al DOC Kettmeir, più sapido e presente: l’Alto Adige nelle sue diverse espressioni, in attesa del Buio Buio di Mesa, un Carignano del Sulcis DOC caldo, avvolgente, come il Sud da cui proviene. Il transito avviene attraverso il Chiaretto Roseri CàMaiol, fresco e dal forte impatto olfattivo, quasi inaspettato dato il suo tenute colore rosato, e il Chianti Classico Gran Selezione, Vigneto di Campolungo, rosso potente e aromatico. E ampio spazio al Pinot Grigio che Santa Margherita, per primo mise sulla cartina geografica del mondo enologico, almeno ad alto livello, rendendolo al contempo precursore e icona di uno stile: non a caso denominato Impronta del Fondatore, DOC 2017, asciutto e fruttato. Ci sono gli uomini, le terre, i vini. C’è tutta la storia del Gruppo Santa Margherita.
+info: www.santamargherita.com