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Le previsioni sul mercato globale del beverage con la guerra Russia-Ucraina


La guerra in Ucraina con l’invasione da parte della Russia, ha fatto subito sentire le sue conseguenze sui grandi player del beverage mondiale. Aziende globali che prima di altre risentono di quello che avviene a migliaia di chilometri di distanza, producendo effetti immediati. Così per il 2022 le prospettive e i sentiment sono diminuiti, a risentirne sono stati subito i valori dei prezzi delle azioni delle grandi aziende quotate. Un mix micidiale dove la guerra è stata la goccia finale, dopo i timori per l’inflazione globali, l’aumento dei prezzi per le materie prime, fattori che hanno spinto le azioni Diageo in calo di circa il 10% quest’anno, così come quelle di Pernod Ricard sono diminuite di un importo simile.

 

C’è un altro elemento da tenere in considerazione, visto che come riporta la testata DrinkBusiness, sia la Russia che l’Ucraina fino alla scorsa settimana erano mercato importanti e cosiddetti emergenti, con margini di crescita per i produttori internazionali di bevande, con una middle class vivace con una capacità reddituale in aumento. Proprio alla fine di dicembre, Pernod Ricard aveva fatto riferimento a un continuo dinamismo dell’Europa orientale, che aveva contribuito a un aumento del 21% delle vendite. L’imposizione di sanzioni finanziarie alla Russia significherà che nuovi consumatori russi troveranno avranno più difficoltà a procurarsi i loro marchi di bevande internazionali desiderati. Le restrizioni bancarie imposte alla Russia renderanno anche molto più problematico ottenere pagamenti dai distributori, con il rublo che sta colando a picco e i produttori che potranno manifestare dubbi a commerciare con gli importatori russi fino a quando le linee di finanziamento non saranno risolte. L’invasione dell’Ucraina significherà un’interruzione pressoché totale di quel mercato diventato un campo di guerra, con rischi finanziari simili finché la Russia controllerà il paese.

Le conseguenze alle sanzioni imposte alla Russia andranno anche oltre, facendo lievitare i costi dei fattori di produzione sulle aziende, incidendo inevitabilmente margini e redditività. I costi dell’energia erano già alle stelle prima dello scoppio della guerra, il petrolio è ora al suo prezzo più alto dalla crisi finanziaria globale del 2008, mentre il congelamento del gasdotto sottomarino tra Russia e Germania esacerberà la pressione sulle forniture, soprattutto perché Mosca controlla la linea di rifornimento originale attraverso l’Ucraina. Il prezzo del gas sul mercato internazionale è già volatile, l’inevitabile perturbazione del commercio mondiale farà aumentare ulteriormente i costi di spedizione e container, nonché l’aumento delle tariffe per le consegne su strada attraverso prezzi del carburante extra.

Le aziende stanno facendo piani di emergenza per far fronte all’escalation della crisi Russia-Ucraina. Coca-Cola HBC, l’imbottigliatore di bevande analcoliche quotato a Londra, ha dichiarato che sta considerando di accumulare ingredienti per limitare qualsiasi interruzione in Russia, una situazione che andrà a incidere sulla carenza di approvvigionamento e sull’aumento dei costi. Nella presentazione dei dati della scorsa settimana, il Ceo di Diageo, Ivan Menezes, ha dichiarato di aspettarsi che la volatilità a breve termine rimanga, compresi i potenziali impatti del Covid-19, i vincoli della catena di approvvigionamento globale e l’aumento dell’inflazione dei costi. Dello stesso avviso Patrick Ricard di Pernod Ricard, facendo un riferimento alla volatilità in corso, riferendosi agli effetti rimanenti del coronavirus, riconoscendo che alcune materie prime e di produzione stavano influenzando l’azienda.

La scorsa settimana Campari aveva modificato le sue aspettative per il 2022, con una previsione sulla marginalità lorda stimata inizialmente a 70 punti base quest’anno, avvertendo che costi più elevati avrebbero ridimensionato il margine operativo che dovrebbe essere stabile per il 2022. L’imballaggio pesa circa la metà degli aumenti dei costi, aveva commentato il Cfo di Campari Paolo Marchesini, citando il vetro per le bottiglie  come preoccupazione principale, oltre all’agave e lo zucchero come altre fonti di inflazione. “Ci aspettiamo che i primi due trimestri di quest’anno siano duri, ma poi le cose miglioreranno, crediamo che l’inflazione dei costi sia temporanea”, aveva comunicato Marchesini agli analisti, prima dell’inizio delle ostilità. Una situazione tra prospettive future, inflazione e prezzi delle materie prime che ha colpito le azioni Campari, in calo di circa il 10%, toccando i minimi dai primi giorni della pandemia.

La carenza mondiale di lattine di alluminio causata dall’aumento dei costi energetici e dall’aumento del consumo domestico durante la pandemia è cosa nota, ma è probabile che sia un trend prolungato. Monster Energy, sui cui dalla California secondo DrinkBusiness  continuano ad arrivare rumors su possibili accordi con Constellation Brands, ha comunicato che le sue performance prima di Natale sono state ostacolate da carenze di materie prime e aumenti dei costi. Rincari delle lattine di alluminio attribuibile all’aumento dei prezzi delle materie prime in alluminio e e dal costo dell’importazione di lattine. L’azienda ha registrato un aumento dei costi degli ingredienti e di altre voci, tra cui spedizione e trasporto, manodopera, autotrasporto, carburante, costi di co-imballaggio, materiali di imballaggio secondari, aumento dei costi di trasporto in uscita e produzione ed efficienza, generando un aumento dei costi di vendita e dei costi operativi.

+fonte DrinkBusiness

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