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Guida al Whiskey Sour: i sei consigli per goderselo al meglio


La prima apparizione ufficiale del Whiskey Sour nella letteratura dedicata, risale al 1862, alla Bibbia di Jerry Thomas “How to mix drinks”. Al giorno d’oggi è sicuramente più facile poterne assaggiare una versione di alta qualità; chiedere a Kenneth McCoy del Ward III, whiskey bar di New York con più di quattrocento etichette e giusto un minimo di esperienza. “È una ricetta semplice, per questo basta pochissimo per sbagliarla completamente”. Per rendervi la vita più semplice, ecco sei dritte per fare un figurone la prossima volta che ne chiederete uno o vorrete prepararlo da voi.

 

 

PAR CONDICIO SWEET AND SOUR – Il gusto è chiaramente una dimensione soggettiva, ma la base deve rimanere la stessa. Parti uguali di citrico e zucchero vi permetteranno di avere un Whiskey Sour bilanciato, sempre. “Bisogna trovare l’equilibrio quando si gioca con lime e limone, o con zucchero semplice e demerara”, secondo McCoy. Per un sorso che non sia troppo acido, né somigli a una caramella.

MAI PROVATO CON IL VINO ROSSO? – Un tocco di vino rosso non solo aggiunge un certo non so che di raffinato al Whiskey Sour, gli conferisce anche un nomignolo diverso, New York Sour, e cosa più importante di tutte, aiuta a mantenere il bilanciamento del drink. Un vino rosso secco si inserisce alla perfezione nell’acidità del cocktail e lo tiene in equilibrio. Consigli dell’esperto: un rosso dal tannino non invadente, come Sangiovese o Merlot. E perché no osare con altri prodotti a base vino o concetti rafforzati, come vermouth, sherry o amari.

BOURBON, BOURBON, BOURBON – Se vi piace il rye, nessuno vi contesterà mai nulla, chiedetelo pure. Ma l’espressione perfetta del drink si ha con la nota morbida di vaniglia e caramello che solo il bourbon può regalare. Il rye avrà forse una maggior personalità speziata, ma la combinazione ideale è data da due once di bourbon con il suo impatto dolce e mieloso, insieme a tre quarti d’oncia di citrico e tre quarti d’oncia di parte dolce.

IL BIANCO D’UOVO NON È NECESSARIO. MA È MEGLIO METTERLO – Il Whiskey Sour può tranquillamente esistere senza proteina, nessuno vi indicherà come blasfemi ignoranti. Ma il buon McCoy insiste, anzi si espone: “Così schiumoso e fantastico, eppure senza un sapore che aggredisca il tutto. È solo questione di estetica e struttura”. Se poi dovessero dirvi che con il bianco d’uovo si parla in realtà di un Boston Sour, vedetevela da soli, non possiamo mica aiutarvi in tutto.

RE DELLA MODA – Gli elementi tipici del drink, dolce, acido e avvolgente sono ideali per fare da nido a qualsiasi nuova idea o colpo di testa. Tim Wiggins del Retreat Gastropub and Yellowbelly di St. Louis, ad esempio, propone una sua versione con falernum e liquore al pompelmo. “I Whiskey Sour girano sulla struttura, e il peso dei due liquori contribuisce a rendere il drink vellutato, perfettamente bilanciato”, sostiene Tim.

NONNO PUNCH – A pensarci bene, il Whiskey Sour non è altro che una mini versione del punch tradizionale. Alcool, parte citrica, dolcificante e diluizione. Se si potesse prendere il bourbon, lo zucchero e gli agrumi, e moltiplicarli per cento, si otterrebbe quella che è una delle bevande più famose e consumate del mondo. Cioè, in realtà si può, tranquillamente.

fonte: liquor.com

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