Se quelle sedute rifinite e quei tavoli in legno potessero davvero raccontare, sarebbero storie di giovani, sognatori, laureandi, rivoluzionari, perditempo, amori, paure. Chissà quanti. Oggi è il quarantacinquesimo anniversario dell’Harp Pub Guinness di Milano, locale storico a dire poco e ormai scolpito nell’immaginario universitario.
Perché il tempietto, con luce al neon e interni insospettabilmente larghi, se ne sta bel bello di fronte al Politecnico di Milano, polo della vita giovanile della città: un pub come all’epoca dell’apertura non ne esistevano, o quasi, di quelli dal sapore retro già praticamente mezzo secolo fa, legno ovunque e foto e panno verde. Angelo Corbetta, oggi forte di un riconoscibilissimo baffo, aprì nel 1976 e fu uno dei primi a iniziare Milano al whisky, il malto, distillato d’elezione dei palati fini e dei club ristretti, circolo di nerd d’antan: vinse da subito, divenne il pozzo di cultura e consigli rinomato ancora oggi che all’Harp la bottigliera parla uno scozzese fluente e imperdibile.
Un viaggio su binari paralleli che contro ogni legge alla fine si incontrano: quello dei puritani da degustazione, che arrivano in piccoli stormi quando sanno di una nuova introvabile etichetta divenuta disponibile (o anche solo per i brand preferiti), e quello delle nuove generazioni, che al ritmo allegro delle pause pranzo con le storiche piadine si sono avvicinati al bere di qualità. Riccardo, il figlio di Angelo, ha reinterpretato alla sua maniera l’ospitalità di famiglia, coprendola di tatuaggi e miscelazione, permettendo ai Corbetta di vincere un’altra scommessa.
Se i tradizionalisti alzavano le sopracciglia all’inizio, e gli studentelli erano guardinghi a passare dalla birretta al Negroni, il tempo ha dato ragione padre e figlio, confermando come l’essere osti non solo può essere tramandato nella genetica, ma può adattarsi e aprire strade nuove, prima impensabili. L’Harp è oggi tasting room esclusiva, cocktail bar da strada e più semplicemente ancora ritrovo per universitari, perché l’anima romantica non si perde mai. A maggior ragione nel weekend, quando l’Harp rimane chiuso, perché clientela e lavoro vanno salvaguardati dalle mancanze di rispetto e dagli eccessi. Altri quarantacinque di questi anni, allora, perché i milanesi più giovani avranno sempre bisogno di un luogo, per la notte prima degli esami.