Continua a rimanere basso il tasso di sopravvivenza dei bar in Italia: dopo cinque anni, solo uno su due riesce a restare sul mercato. Un fenomeno dovuto in parte alla trasmigrazione verso codici di attività più vicini alla ristorazione per poter ampliare l’offerta e in parte alla cessazione di un numero elevato di attività: dal 2012 a oggi, infatti, il numero delle imprese che svolgono attività di bar nel nostro Paese è diminuito di ben 20.000 unità. Si tratta di un trend che non accenna ad attenuarsi come dimostrano anche i numeri rilevati durante il primo semestre del 2023, quando le imprese che hanno avviato l’attività sono state 1.132 e quelle che l’hanno cessata 1.838, con un saldo negativo di 706 unità.
Sono questi alcuni dei dati presentati oggi durante la tavola rotonda “Rilanciamo il bar”, organizzata da FIPE-Confcommercio in occasione di HOST, la fiera mondiale dedicata al mondo dell’accoglienza e della ristorazione in corso a Milano. Al dibattito, coordinato dal Vicedirettore Generale Fipe-Confcommercio, Luciano Sbraga, hanno partecipato Igor Nuzzi (Regional Director Italy & Iberia Lavazza Group), Barbara Mutti (Project Manager Industry AFH TradeLab), Sergio Paolantoni (Presidente Gruppo Palombini), Marina Porotto (Owner Biggie cocktail & bistrot), Enrico Leandro (Direttore Commerciale Forno D’Asolo) e Josep Feixa (Direttore Vendite Italia Gruppo Cimbali).
Aperti per lo più sette giorni su sette, per una media di quattordici ore giornaliere (ma non mancano gli h24), i bar rappresentano uno dei servizi di maggiore prossimità presenti sul territorio. L’evoluzione dei modelli di consumo ha contribuito fortemente alla diversificazione dell’offerta facendo sviluppare a fianco del tradizionale bar-caffè specializzato proprio nella colazione nuove formule focalizzate non solo sul pranzo ma soprattutto sulla sera. Lo sviluppo dello smart working e l’innovazione digitale stanno ridisegnando i flussi di clientela dentro le città spingendo il bar alla ricerca di una nuova dimensione adattativa.
Colazione, pranzo, pause, aperitivi, intrattenimento sono i punti cardinali dell’offerta del bar per un valore di 23 miliardi di euro dietro cui opera una lunga filiera di produttori e grossisti.
Il bar è anche fonte di lavoro. Sono oltre 300.000 le persone impiegate tra indipendenti e dipendenti. Di questi ultimi, più della maggioranza, ossia il 59%, è assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, con una prevalenza delle soluzioni part-time (59,3%). Significativa anche la presenza femminile: sei dipendenti su dieci, infatti, sono donne.
La crisi pandemica prima e quella energetica poi impongono un profondo ripensamento dei modelli organizzativi alla ricerca di una più efficiente combinazione tra impiego del lavoro e orari di apertura.
“Quello dei bar è un settore che ben si presta a una duplice chiave di lettura: è al tempo stesso dinamico, grazie alla sua vitalità imprenditoriale, ma anche fragile, per via della forte pressione competitiva a cui è esposto. Fare fatturato con uno scontrino medio di appena 4 euro è sempre più difficile mentre i costi continuano a correre.”, ha commentato Sergio Paolantoni, Presidente di FIPE-Confcommercio Roma e del Gruppo Palombini. “L’iniziativa di oggi è stata l’occasione per discutere delle sfide che attendono il comparto tra mancanza di personale qualificato, orari di servizio, impennata dei costi e difficoltà di adeguamento dei listini come le cronache di questi ultimi mesi hanno ampiamente dimostrato. Oggi più che mai è urgente ripensare i modelli organizzativi per assicurarci da qui in avanti una maggiore sostenibilità del business e maggiori prospettive di sopravvivenza del format icona dello stile di vita italiano”.
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