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Il colosso dietro le quinte del successo. Agroalimentare vuol dire decine di cose. Passione, lavoro, lungimiranza,commercio, territorio, import/export. Un microcosmo che sotto la lente d’ingrandimento rivela una composizione capillare, ramificata, dove i fattori si incastrano perfettamente e muovono realtà e dinamiche magari sconosciute ai più. Compartimenti che vivono di vita propria, e allo stesso tempo contribuiscono alla crescita e allo sviluppo dell’intero sistema. Nell’ombra e dietro le quinte, si muovono invece entità di punta, che si impegnano per promuovere e lanciare le aziende meritevoli o più interessanti.
L’ABBRACCIO DELLA DEA – È il caso di IDeA Taste of Italy, un fondo specializzato nel settore agroalimentare (tutta la filiera) e gestito dalla società DeA Capital Alternative Funds SGR (società interamente controllata da DeA Capital S.p.A.). Da quando è nato, il fondo ha raccolto circa 200 milioni di Euro, progredendo fino a operazioni di indubbio spessore (vedi a piè pagina). Il fondo è guidato da due managing directors, Pierluca Antolini e Andrea Bertoncello, che abbiamo incontrato negli splendidi uffici di via Brera per una panoramica sulla realtà IDeA Taste of Italy. Partendo dalle origini:
“L’idea nasce a cavallo tra 2013 e 2014, quando iniziammo a lavorare al fondo. Già da subito sapevamo sarebbe stato dedicato all’agroalimentare, non ci sono stati ripensamenti o rettifiche in corso d’opera. Decidemmo di puntare su fondi tematici che avessero come base le eccellenze italiane, nello specifico il settore dell’agroindustria, andando forse un po’ controcorrente rispetto alla filosofia storica di DeA Capital, che aveva sempre perseguito fondi generalisti”. Il concetto di agroalimentare è piuttosto ampio, allo stesso tempo complesso e affascinante. E IDeA Taste of Italy abbraccia l’intera filiera: “Agroalimentare non vuol dire soltanto produzione. Vuol dire business e attività connesse, come logistica, retail, macchinari, packaging; si collega il B2B (business to business, transazioni tra aziende) con il B2C (business to client, transazioni tra azienda e clienti). Questa è stata le genesi, poi si è proceduto a fare sondaggi con investitori istituzionali già clienti di DeA Capital, fino ad arrivare a sottoscrittori terzi e esteri”.
L’OCCHIO LUNGO – Il fondo spazia con maestria tra le filiere di food, beverage, packaging, tecnologia, logistica. Senza prediligerne uno in particolare, anzi, cercando di portare avanti con la stessa energia tutti i discorsi: “Focalizzarsi su un solo ramo comporta fare un torto agli altri, in realtà. L’agroalimentare si frammenta in decine di filiere, ognuna con un elevato tasso di specializzazione. Noi abbiamo approcciato questo macromondo scoprendolo anche un po’ passo dopo passo, iniziando dal beverage sia sul fronte di acque e bibite che su quello della tecnologia. Abbiamo scoperto quanto ad esempio questa singola filiera sia incredibilmente sfaccettata già soltanto nel campo del packaging: tra etichette, chiusure, imbottigliamenti, ci sono grandezze e realtà di svariata natura, seppure in un settore piuttosto di nicchia”. E l’occhio di lungo di IDeA Taste of Italy si è iniziato a manifestare così: “Questa vastità di specializzazioni, replicata in ciascuna categoria del food and beverage, rende difficile dire quali siano quelle più interessanti. Anzi è proprio questa l’intuizione originaria del fondo, che è andata via via confermandosi: in Italia, in ciascuna porzione di mercato, ci sono piccoli e medi operatori che giocano ruoli chiave. CDS ad esempio, già prima della nostra acquisizione era leader in Italia con 40 milioni di fatturato, a prescindere poi dall’incremento che è seguito. Gelato d’Italia ha una storia simile. Quindi ci sono in Italia delle eccellenze, e siccome sono presenti trasversalmente in tutti i settori del food and beverage, è difficile dire quale sia più soddisfacente”.
GARANZIA MADE IN ITALY – Il made in Italy continua quindi a interpretare una parte da protagonista assoluto: solo recentemente erano stati diramati dati sull’influenza che le eccellenze enogastronomiche italiche esercitano sul turismo e sugli arrivi nel Belpaese. IDeA Taste of Italy però non ha un rapporto diretto con quel settore, non immediato almeno: “In questo momento storico il turismo ci tange in maniera indiretta. È chiaro che i flussi turistici influiscono sulla nostra attività, perché incrementano i consumi di acqua, gelato, o ci permettono di aprire nuovi punti vendita Piadineria. Ma ad oggi non abbiamo individuato o perseguito investimenti che avessero una correlazione così diretta. Beneficiamo del marchio Italia, certo, in particolare sul vino: l’azienda Botter ad esempio esporta il 97% del fatturato, ed è in crescita costante. E questo perché l’Iitalia è molto ben posizionata nel mercato ed è ritenuta un posto dove si fa bene il vino, in soldoni. E lo stesso vale per il gelato, per quanto possa essere industriale l’origine italiana garantisce un know how che vuol dire qualità”.
DISCONTINUITÀ VIRTUOSA – IDeA Taste of Italy è quindi perfettamente a proprio agio nei panni del deus ex machina del successo di realtà del food and beverage. Ma quali sono le qualità che il fondo ricerca, prima di decidere di sposare la causa di un’azienda? “Il minimo comune denominatore delle nostre storie di investimento, anche in chiave prospettica, è quella che noi impropriamente chiamiamo discontinuità virtuosa. A essere precisi, sono tutte storie di crescita, all’interno delle quali si è raggiunto un livello di ambizione tale per cui è necessario un nuovo passo, un piccolo grande cambiamento in chiave produttiva. Per fare degli esempi, con Piadineria si trattava di accelerare nettamente il tasso di apertura, rimanendo con un business model che era già piuttosto ben performante. Per Gelato d’Italia invece si è trattato di aggiungere a un’azienda a conduzione familiare, un aspetto più pesante e curato in ambito manageriale, per cambiare passo in termini di ritmo di innovazione e approccio sul mercato. Simile il discorso per Botter, con il quale siamo riusciti a diventare leader in Cina, pur con cifre tutto sommato risibili. Per CDS si è trattato di accelerare l’acquisizione, dopo soli otto mesi dal nostro ingresso abbiamo acquisito il 100 delle azioni. Fino ad arrivare a Lurisia, con la quale abbiamo puntato su un doppio asse di crescita: da un lato l’espansione all’estero, dall’altro un rinnovato slancio nella presentazione del prodotto, dato che da qualche anno mancavno lanci importanti”.
LENTE D’INGRANDIMENTO – Le opportunità, per potersi creare, hanno però bisogno di un terreno solido e allo stesso tempo fertile. “Cerchiamo aziende che abbiano una situazione piuttosto solida, ma che hanno bisogno di maggiore linfa ed energia, per vivere una svolta. Siamo attenti al contesto competitivo, in certi casi cerchiamo di identificare un category killer, l’operatore meglio posizionato per poterlo rendere ulteriormente leader nel proprio settore, nella propria categoria di offerta. Oppure aziende che siano le più grandi tra le piccole: che abbiano cioè un vantaggio competitivo rilevante rispetto alla concorrenza, pur essendo follower di altri leader di uno scenario competitivo in cui però esiste un margine di crescita chiaro e individuabile. Se vogliamo è un insieme di fondamentali solidi, possibilità di crescere e dinamica positiva nel contesto competitivo”.
DA NOI A VOI – Particolare è la considerazione di realtà più territoriali e forse meno “lanciate” da un punto di vista commerciale: “Non facciamo start-up, questo è sicuro. Se si guardano i punti partenza però, è vero che sono aziende da venti milioni di fatturato già, ma hanno dimensioni molto contenute rispetto al potenziale, e sono molto radicate nel territorio di appartenenza. Non acquisiamo aziende che abbiano una specializzazione di prodotto. La nostra intenzione è quella di prendere aziende che posano essere lanciate a dimensioni maggiori: siamo comunque un soggetto di investimento, aiutiamo le imprese ma poi teniamo a una fase di uscita e valorizzazione. Non sarebbe possibile focalizzandoci su prodotti privi di potenziale di espansione, ad esempio il pistacchio di Bronte: rimarrà sempre uguale, non ha proiezioni di crescita”. IDeA Taste of Italy guarda anche al proprio, di apporto: “Stiamo attenti a quello che possiamo fare noi per l’azienda, non vogliamo rimanere semplici operatori finanziari. Siamo azionisti, non manager. Ma siamo azionisti attivi, quindi devono essere aziende dove noi possiamo fare, effettivamente, qualcosa, sia acquistare, trasmettere, dare un contributo”.
L’ambizione del fondo è quella di fungere da traghetto verso palcoscenici più importanti. “Abbiamo preso una realtà ben performante che però faceva meno di 20 milioni di fatturato, con una concentrazione geografica della rete vendita molto regionale, l’abbiamo resa una dimensione con un respiro più nazionale, spostandoci tra centro e sud. L’abbiamo trasformata, anche grazie al management team che è rimasto a bordo, in un’azienda di interesse per fondi internazionali di un certo rilievo come Permira”.
LO SGUARDO IN LÀ – Si costruisce, si pianifica, si coltiva. E si guarda al futuro, con obiettivi definiti ma al tempo stesso flessibili: solo chi sa adattarsi, in fondo, va avanti. “Per quello che riguarda le attività, i nostri obiettivi sono insiti nei nostri progetti. CDS fa esempio: progetti che vedono aziende svincolarsi dal localismo, e rifuggire il concetto di Estero-su-Italia e non Italia-su-Estero. Siamo stati promotori della acquisizione, da parte di CDS, del leader spagnolo, invertendo per una volta l’ordine tra preda e predatore. E questo ci ha resi molto orogogliosi. Gli altri progetti non sono meno ambiziosi, sono tutte storie in cui il ruolo e l’ambizione son imprenditoriali. Poi, immancabilmente, ci aspettiamo un ritorno per il fondo, e l”auspicio è che ognuna di queste strade porti una duplice creazione di valore: da un lato, una crescita dimensionale. Dall’altro, una crescita qualitativa, che spesso passa attraverso una managerializzazione dell’azienda, lasciando magari un’impronta familiare, trasformandola comunque in una grandezza capace di scindere il legame tra azionista e manager. Vorrebbe dire maturità”.
DARE I NUMERI – In termini puramente numerici, gli obiettivi di ritorno sono allineati alla private equity: “Sappiamo però che nel settore alimentare non ci sono, a parte eccezioni, tempi brevi. Nell’ambito del nostro percorso sappiamo che non dobbiamo considerare i classici tre anni della private equity standard. L’alimentare non è come il tecnologico, nel quale si può creare una app e il giorno dopo venderla a milioni di euro. Ha bisogno di tempi di maturazione, anche materialmente: ampliare un impianto comporta costruzioni, ordini, realizzazioni. Questo è un elemento da tenere presente: i ritorni quindi sono attesi nella media del private equity, con un tasso del 15-20%. Il settore però ha una certa resilienza, sicuramente è meno elastico di altri alla crisi”. Se il settore enogastronomico si conferma punta di diamante dell’industria italiana, forse il merito è anche di motori esperti e solidi, come IDeA Taste of Italy.
Le operazioni del fondo IDeA Taste of Italy:
- Acquisizione quota del 70% nel gruppo La Piadineria, maggio 2015
- Acquisizione quota del 70% in Gelati d’Italia, maggio 2016
- Acquisizione quota del 33% in Acque Minerali (Lurisia), gennaio 2017
- Acquisizione quota del 35% in CDS Srl (produttore di chiusure in plastica perbevande), aprile 2017
- Cessione quota detenuta in Gruppo La Piadineria a Permira, dicembre 2017
- Acquisizione quota del 22,5 in Casa Vinicola Botter, gennaio 2018
- Annuncio a gennaio 2018 di una operazione di CDS (di cui il fondo IDeA Taste of Italy detiene una quota del 35%) che ha acquistato una società concorrente in Spagna, la Manufacturas Inplast SA, leader di mercato nel settore delle chiusure in plastica per bottiglie, gennaio 2018
Di tutti questi investimenti, il fondo ha fatto un primo exit a dicembre 2017 con la cessione del Gruppo La Piadineria al Gruppo Permira, pur rimanendo investito con una piccola quota di minoranza.
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