“In questi giorni sui media locali, regionali e nazionali ha tenuto banco una questione assai importante e delicata che rischia di penalizzare in maniera pericolosa e indissolubile i prodotti DOP e IGP italiani e, con essi, gli sforzi e gli investimenti sostenuti negli anni dai produttori che hanno portato il settore vitivinicolo nazionale a essere uno dei comparti di punta del Made in Italy nel mondo” – dichiara il comunicato del Consorzio – . “Una situazione che potrebbe avere molte ripercussioni anche in Romagna dove sono a rischio simboli della cultura enogastronomica come il Romagna Sangiovese DOC e Rubicone IGT”.
«L’Unione Europea ha avviato un processo di revisione delle norme che disciplinano l’etichettatura dei vini, finora contenute nel regolamento CE n. 607/2009», sottolinea Giordano Zinzani, Presidente del Consorzio Vini di Romagna. «La Commissione preposta ha ipotizzato di liberalizzare nell’etichettatura di tutti i vini l’uso di quei nomi di varietà che oggi sono riservati (in virtù dell’art. 100, par. 3, del reg. UE n. 1308/2013 e dell’allegato XV del reg. CE n. 607/2009) a determinate denominazioni di precisi Stati membri». «Se tale ipotesi dovesse poi concretizzarsi, ai nostri vini e alle nostre aziende accadrebbe un danno irreparabile in quanto un qualsiasi vino proveniente da uno stato membro della UE potrebbe riportare in etichetta il nome del nostro Sangiovese (e di altri importanti vini internazionalmente conosciuti come il Barbera, l’Aglianico, il Nebbiolo, il Lambrusco, solo per citarne alcuni). L’Albana, per il momento, non compare nell’elenco dei vini ‘copiabili’. Da noi il vino esprime un territorio, un’identità fatta di uomini, cultura, passione, anni di lavoro, una narrazione. Così facendo andrebbe tutto ‘decontestualizzato’ e si perderebbe il valore delle cose».
Il Consorzio Vini di Romagna, attraverso i diversi livelli e canali di competenza, è quindi già in prima linea per intraprendere tutte le iniziative utili affinché le ipotesi di liberalizzazione non si trasformino in proposta di regolamento. Sottolinea Zinzani: «Organizzazioni di categorie, il mondo cooperativo e i consorzi di tutela si sono ovviamente già mossi nei confronti del Ministro Martina e del Commissario Hogan, chiedendo che la proposta delle norme che disciplinano l’utilizzo delle denominazioni dei vini non vengano modificate. Adesso attendiamo risposte concrete e rapide. Non possiamo essere passivi davanti a questioni così importanti per il nostro comparto». “La modifica che il Consorzio Vini di Romagna aveva chiesto e ottenuto dalla vendemmia 2011”, conclude il comunicato del Consorzio, “ossia di variare il nome della denominazione ‘Sangiovese di Romagna Doc’ in ‘Romagna DOC’, con l’elenco dei vitigni consentiti, era un chiaro segnale dell’importanza che ricopre il territorio nella valorizzazione di un prodotto. Tale denominazione, infatti, identifica meglio i vini romagnoli chiave della nostra storia e della nostra proposta e, soprattutto, ci consente più efficacemente di agire in protezione delle nostre denominazioni d’origine. Una valorizzazione che ora rischia di essere totalmente annullata a causa di logiche commerciali di alcuni Paesi che vogliono ‘invadere’ l’Europa con la ‘copia’ dei nostri vini più rappresentativi.”