Secondo una nota diramata dall’Uffico Studi di Federalimentare, la produzione industriale alimentare in Italia è cresciuta dell’1,1% nell’anno 2018 mentre il fatturato dell’industria alimentare è creciuto del 2% portando a 140 miliardi di euro. In crescita anche le esportazioni, pari a 33 miliardi con un saldo attivo (export – import) di oltre 1 miliardo. I consumi interni risultano invece in sostanziale stagnazione.
Produzione alimentare +1,1%
Il 2018 ha confermato con crescente fatica i profili di crescita che si erano affacciati nel corso dell’anno. Dicembre ha chiuso infatti con un -4,0% nel confronto col dicembre 2017. Ne è uscito un aumento del +1,1% a consuntivo sui dodici mesi, dopo il +1,7% dell’anno precedente. A fianco, la produzione industriale 2018 nel suo complesso ha accusato a dicembre un -5,5%, per chiudere a consuntivo con un +0,8%. Dopo tre anni nei quali aveva segnato un passo più accelerato dell’alimentare, essa ha registrato perciò un passo inferiore a quello del settore.
Si sottolinea, sul passo lungo, che la produzione alimentare 2018 ha superato di appena 0,4 punti il livello raggiunto nel lontano 2007, ultimo anno pre-crisi. Mentre la produzione industriale complessiva 2018 del Paese rimane ancora sotto tale quota del -19,2%. Fra i due aggregati si evidenzia perciò, nel periodo, una forbice vistosa di 19,6 punti.
Fatturato alimentare 140 miliardi di euro
Il fatturato 2018 dell’industria alimentare ha raggiunto i 140 miliardi di euro. Esso ha segnato perciò una crescita del 2% sui 137 miliardi registrati nel 2017. Si ricorda che, nel quadriennio 2013-16, esso era rimasto fermo a quota 132 miliardi.
A dicembre il fatturato di settore è sceso del -4,6% su quello del dicembre 2017. A fianco, il fatturato industriale complessivo ha registrato un -7,3% sul dicembre 2017, mentre gli ordinativi industriali nel loro complesso sono calati del -5,3%.
Export alimentare 32,9 miliardi di euro (+3,0%)
L’export 2018 dell’industria alimentare, secondo attendibili stime, ha raggiunto i 32,9 miliardi di euro, con un +3,0% circa sull’anno precedente. Il passo è rallentato, dopo il +6,3% del 2017, ma le performance sul passo lungo dell’industria alimentare rimangono largamente premianti. Dal 2007, ultimo anno pre-crisi, l’export ha segnato infatti un aumento del +81,0%, contro il +28,5% del totale industria. Ne esce un differenziale di oltre 52 punti. L’export delle indicazioni geografiche protette ha registrato, in parallelo, un aumento del +145%. L’incidenza export/fatturato 2018 raggiunge il 23,5%, maturando un salto di dieci punti percentuali rispetto alle incidenze export-fatturato poco superiori al 13% registrate all’inizio dello scorso decennio.
Crescite dell’export significative, nel confronto 2018/17 (11 mesi), sono state messe a segno da molti mercati emergenti, come Egitto (+48,8%), Ucraina (+43,6%), Lettonia (+31,3%), Nigeria (+22,6%), Filippine (+24,5%), Bulgaria (+31,1%), Nuova Zelanda (+22,0%) e Vietnam (+19,0%). Nell’ambito dei primi mercati, si è distinta la Polonia (+10,2%). I comparti alimentari più performanti sono stati quelli delle acquaviti e liquori (+24,1%), della birra (+11,2%), dell’alimentazione animale (+7,9%) e delle acque minerali (+7,6%).
Import alimentare 21,8 miliardi di euro (-1,2%)
L’import 2018 di settore ha chiuso a una quota di circa 21,8 miliardi, con un calo del -1,2% sull’anno precedente. Ne esce un saldo attivo 2018 di 11,1 miliardi, in aumento del +12,1% su quello del 2017 (9,9 miliardi).
Vendite alimentari +0,6% in valore e -0,5% in volume
I consumi alimentari 2018 hanno confermato una perdurante stagnazione, con variazioni a consuntivo del +0,6% in valore e del -0,5% in volume. Le vendite “non” alimentari 2017 hanno segnato, in parallelo, un +0,2% in valore e un -0,2% in volume.
Dai confronti valore/volume emerge chiaramente che i prezzi al consumo, nel 2018, hanno corso di più nel mondo alimentare. E ciò, anche se la pressione sui costi di produzione del settore (i prezzi alimentari alla produzione sono aumentati del +0,6% nel confronto 2018/17) è stata modesta e inferiore a quella evidenziata in parallelo dal totale industria (+3,6%).
Va aggiunto che i discount alimentari hanno mostrato una crescita in valore delle vendite, in chiusura anno, pari al +4,4%, a conferma della grande prudenza di approccio alla spesa del consumatore.
Previsioni 2019
Le previsioni 2019 dell’industria alimentare sono intonate a grande cautela. Nel mercato interno la fiducia rimane modesta. La forte frenata del PIL emersa in chiusura 2018, che si protrarrà per almeno tutto il primo semestre 2019, non consentirà di uscire dalla stagnazione. Il PIL 2019 si muoverà con una dinamica prossima mediamente allo zero. Il conseguente, sempre più probabile varo di una manovra di correzione e integrazione dei conti nei prossimi mesi, da parte del Governo, rappresenterà un ulteriore freno alla ripresa del mercato interno.
Ulteriori freni psicologici per la fiducia del mercato potrebbero collegarsi alle incertezze del quadro politico interno e internazionale (alta possibilità di Brexit no deal). Mentre, a contrappeso, qualche marginale spunto di crescita potrebbe legarsi, in chiusura d’anno, alla progressiva entrata a regime delle due misure centrali della manovra di governo: reddito di cittadinanza e quota 100. Va ribadito comunque che tali misure non sono portatrici delle spinte anticicliche che sarebbero necessarie in una fase congiunturale come quella attuale.
Le vendite alimentari replicheranno ritocchi in valore e volume, sull’ordine degli “zero virgola” dell’ultimo periodo. La polarizzazione dei consumi continuerà a consolidarsi, con crescite, probabilmente meno marcate, dei segmenti low cost e premium, agli estremi, ed ulteriore schiacciamento della fascia di acquisto centrale, a seguito del pericoloso deterioramento specifico del ruolo socio-economico della classe media.
Il fatturato di settore, dopo essere salito a quota 140 miliardi, continuerà a crescere per portarsi attorno a quota 142 miliardi, per il combinato disposto di un aumento marginale di produzione, molto probabilmente inferiore al punto percentuale, e di ritocchi espansivi dei prezzi praticati alla produzione.
L’export, in assenza di forti turbative internazionali, dovrebbe confermare sostanzialmente il trend 2018, per posizionarsi di nuovo su un passo attorno al +3%. Spinte aggiuntive potrebbero venire dalla soluzione del contenzioso commerciale Cina-Usa e dal rasserenamento del clima internazionale conseguente. Mentre raffreddamenti potrebbero legarsi, come accennato, agli esiti della Brexit e alla situazione specifica del mercato del Regno Unito, quarto sbocco del settore.
Obiettivi
Gli obiettivi dell’industria alimentare sono diretti alla sempre maggiore promozione del modello alimentare italiano e delle sue ricchissime proposte eno-gastronomiche sui mercati esteri. La stagnazione del mercato interno impone, più che mai, di cercare oltre frontiera gli spazi di sviluppo di cui il settore ha assoluto bisogno. L’export del food ad beverage italiano è cresciuto nell’ultimo decennio, come sopra ricordato, con un passo di oltre 52 punti superiore a quello messo a segno in parallelo dalle esportazioni nazionali nel loro complesso. La crescente predilezione di molti mercati per i prodotti alimentari di qualità offre spunti molto interessanti alla produzione italiana, imperniata per l’80% su tale target, e caratterizzata, non a caso, da ben 822 prodotti tipici a certificazione di origine garantita: il record della Comunità.
Gli obiettivi centrati dal settore entro un biennio dovrebbero essere due. Da un lato, il raggiungimento di una quota dell’export agroalimentare pari a 50 miliardi. Dall’altro, il raggiungimento di una incidenza del fatturato export sul fatturato totale dell’industria alimentare finalmente uguale o superiore al 25%: un quarto del totale.
Va pure ricordato che l’industria manifatturiera italiana nel suo complesso mostra una proiezione esportatrice stabilizzata da anni oltre il 35%. Il confronto evidenzia il gap e le grandi potenzialità ancora inespresse del food and beverage nazionale. La sua rincorsa ha bisogno perciò, più che mai, di non essere frenata da ostacoli impropri. Tra di essi, vanno annoverati: i macroscopici fenomeni della contraffazione, con un Italian Sounding arrivato ormai a quota 90 miliardi di euro; gli ostacoli non tariffari, che stanno aumentando ovunque, per lo più con pretestuose misure igienico-sanitarie, “semafori” ecc..; gli ostacoli tariffari, che mostravano minore irrequietudine fino a qualche anno fa, e stanno riesplodendo in modo pericoloso. Ci riferiamo all’onda avviata dai noti inasprimenti daziari decisi dall’Amministrazione Trump, che si somma al perdurare intollerabile dell’embargo su un mercato strategico ed estremamente promettente come quello russo. Per questo la strada degli accordi commerciali bilaterali e delle connesse salvaguardie a qualificati elenchi di prodotti (come avvenuto con gli accordi recenti raggiunti con Canada e Giappone) va perseguita con grande determinazione e senza incertezze.
Le potenzialità del Made in Italy alimentare si accompagnano ad un’alta vulnerabilità. Essa va tenuta ben presente, stante la “rincorsa” che il settore deve ancora compiere nei confronti della concorrenza di Germania, Francia e Spagna, paesi più export oriented del nostro, e dello stesso manifatturiero nazionale nel suo complesso. Il settore, in ogni caso, non cerca “protezioni”. Chiede di contare su sostegni promozionali adeguati, e di potersi muovere in un contesto internazionale aperto, costruito su regole concorrenziali trasparenti, paritarie e corrette.
(a cura di Luigi Pelliccia, responsabile Ufficio Studi Federalimentare)
Fonte: Ufficio stampa Federalimentare Florentina Ricciarelli
www.federalimentare.it